Culto dell'apparenza e fasto ostentatorio

Gli studiosi della città africana d'oggi non leggono più gli orientamenti del consumo dei beni che permettono di dare un’immagine di sé soltanto come un’assimilazione passiva dei modelli della cultura occidentalee. Certo, questi modi del consumo riflettono l'ambiguità del rapporto non risolto fra costrùzione dell'immagine e costruzione dell'identità, ma spesso sono radicati in sistemi più antichi d'uso del simbolo. Essi sono, in realtà, interpretazioni nuove e creative del culto dell'apparenza tipico della società dello spettacob e dei consumi, veri e propri recuperi di aspetti rilevanti del retroterra culturale dei gruppi interessati al fenomeno.

Strategie di resistenza

In area akan, ad esempio, hanno un ruolo essenziale il fasto ostentatorio e l'enfasi sullo stile velato e obliquo di comunicazione. A monte del caso limite della sape congolese, invece, troviamo la generale importanza sociale che l'apparire ha avuto nell'Africa centrale precoloniale, importanza che costituisce il punto di partenza per il delinearsi fra i Kongo del forte impatto sociale dell'abbigliamento risale ai primi anni dell'occupazione coloniale. In entrambi i casi, fra gli Akan come fra i sapeurs del Congo, possiamo vedere come l'apparenza e l'abito sia un mezzo collettivo della rappresentazione di sé: questi gruppi arrivano ad elaborare delle vere e proprie strategie di resistenza assegnando al corpo il compito di riscattare la propria esistenza.

Reinventare la memoria collettiva

Il provocatorio credo dei sapeurs è “Je sape, donc je suis”: per essi è possibile appropriarsi se non del successo, almeno dei segni di questo, anche in assenza di una effettiva riuscita sociale, proprio grazie all'identità che possono fornire le apparenze. Con l'ostentazione dell'abbigliamento, la gioventù congolese non si limita alla necessaria ricostruzione immaginaria del reale, all'evasione da una frustrante vita attraverso l'imitazione di mode importate, imitazione tanto esasperata da sconfinare nella caricatura. Nella sfida alla modernità dei sapeurs vi è infatti, come indicano i brillanti saggi di Justin Gandoulou e di Didier Gondola, qualcosa di più che la capacità di emergere giocosamente dagli affanni quotidiani: vi si trova l'esigenza di reinventare e ridiscutere, nel presente, la memoria collettiva dell'etnia kongo.

Parole allusive e stile schermato

Parigi è una tappa obbligata per gli aspiranti sapeurs e in quest'ottica il viaggio intrapreso nelle condizioni della massima precarietà per procurarsi l'intera gamma dei capi firmati nessaria per far ritorno a Brazzaville da trionfatori, si presenta per molti aspetti come un’impresa contemporanea delle prove previste dai rituali d'iniziazione puberale che consentivano, nella società congolese tradizionale, l'accesso alla condizione di persona adulta e socialmente qualificata. Anche la tensione e la competizione sul terreno dell'abbigliamento che si riscontra negli spazi della socialità femminile ad Abidjan, la lotta combattuta a colpi di costosi tessuti wax-print olandesi, non è soltanto una risposta a tensioni culturali indotte dagl prdinati processi di modernizzazione, ma anche una strategia d'integrazione dei nuovi rapporti di forza fra uomini e donne introdotti dalla vita moderna. Il rimescolamento sociale delle carte in gioco favorisce l'affermarsi di comportamenti eccessivi, finalizzati ad acquisire visibilità, ma la partita che si gioca sulle stoffe da indossare rientra a pieno titolo nel repertorio delle pratiche conflittuali di cui ci si serve per ridiscutere in permanenza la propria identità e contribuisce, e in modo significativo, ad una vera gestione del cambiamento. Nell' utilizzo attuale del linguaggio dei tessuti da parte delle donne, si riattiva l’uso sociale dell’humour, della funzione sociale del proverbio e del ricorso istitutionalizzato alla parola allusiva e allo stile schermato di comunicazione, carateeristiche che contrassegnano la tradizione orale degli Akan come di numerose altre etnie dell’Africa occidentale.

Il linguaggio del corpo trasmette informazioni precise

E’ noto che il linguaggio dell'abbigliamento e il fenomeno della moda, per le loro implicazioni psicologiche, sociologiche e culturali, costituiscono un tema importante per l'antropologia. Questi fenomeni sono stati evidenziati con grande acutezza già alla fine dell'Ottocento da sociologi quali Veblen e Simmet e, più recentemente, fra gli altri, da semiologi quali Barthes e Baudrillard. La letteratura etnologica, inoltre, ci ha costantemente informato sul modo in cui, nelle società africane cosiddette tradizionati, il linguaggio del corpo trasmette informazioni precise su appartenenze, qualità, condizioni, ruoli sociali. Oggi in ambito urbano vanno affermandosi nuove modalità di trasmissione di messaggi attraverso i codici dell'abbigliamento femminile, modalità che sembrano collocare la consueta dialettica d'identificazione e di differenziazione, universalmente propria del fenomeno della moda, su un fondale diverso rispetto a quello essenzialmente connotativo del paassato africano.