Il territorio dei Samburu

I Samburu occupano attualmente la zona denominata Samburu district, 600 chilometri a nord di Nairobi.
Complessivamente l'area è di circa 18/20.000 km2 di cui oltre l'80% è semi desertica, culminante a nord nell'oasi di Loyangalani in prossimità del lago Turkana dove vi sono alcuni sporadici insediamenti, e a sud con il fiume Ewaso Ny'iro.
Ad ovest la spaccatura della Rift Valley costituisce una barriera naturale invalicabile, mentre ad est il deserto del Chalbi e il territorio di Marsabit, sono le ultime zone di residenza.
Due fattori sono determinanti per la loro esistenza, l'assenza di pioggia e l'aridità del terreno.

Un terreno arido con poche piogge

La scarsità ciclica delle precipitazioni, accentuatesi negli ultimi anni e concentrate solo in poche fortunate zone, li ha costretti a nomadizzare con gli armenti sfruttando i terreni fertili fino al loro esaurimento.
Nonostante il territorio sia abbastanza vasto, nei periodi di siccità non mancano gli sconfinamenti in zone appartenenti ad altri gruppi etnici come i Pokot e i Turkana, con gli inevitabili scontri a volte anche sanguinosi.
A ciò si aggiunge l'aridità della terra che non permette neppure una minima agricoltura di base.
C'è poi anche da considerare l'atavica riluttanza degli stessi Samburu che lo considerano un'attività indegna del loro status di guerrieri.

Savana arbustiva e acacie

La conformazione naturale del territorio si presenta con una graduale alternanza di colline tappezzate dalle grandi acacie ombrellifere, e da immensi pianori dove prevale la savana con vegetazione bassa di arbusti e di acacie spinose.
Nei pochi periodi piovosi intorno a Marzo e Ottobre, la natura assume un aspetto rigoglioso e verdeggiante: fiori e piante dai colori sgargianti, mentre dai rami spinosi delle acacie sbocciano i frutti stagionali e crescono le tenere foglie che sono una ghiottoneria per le giraffe. E' l'unico animale assieme all'elefante, che riesce a strapparle incurante delle lunghe spine taglienti. Isolati picchi montuosi di modeste altitudini come il monte Kulal nei pressi del lago Turkana e i monti Ndoto ad est di Baragoi, spezzano la monotonia cromatica del paesaggio.

Un paesaggio di sassi e pietre

Nella zona di Laikipia e vicino al villaggio di Maralal, ci sono pittoreschi mammelloni di roccia granitica di notevoli dimensioni.
Alcuni hanno forme bizzarre e sembra siano in procinto di cadere da un momento all'altro.
Visibili da diversi chilometri di distanza, sono utili punti di riferimento per quelli che quotidianamente attraversano questi luoghi.
Dopo i villaggi di Baragoi e Laisamis, veri e propri avamposti di umanità, inizia l'inferno di sassi, pietre ed ancora sassi. Rarissime le acacie con i tronchi rinsecchiti frustati dalle folate di un vento caldo che sembra provenire direttamente dalle viscere della terra.
Immense distese di roccia lavica ci ricordano che qui, a queste latitudini, ci sono stati e ci sono tutt'ora, sconvolgimenti climatici ed immani eventi geologici.
Non lontano, si scorgono le sagome inconfondibili dei vulcani Teleki e Nabuyatom. Fatta eccezione per l'Ewaso Ny'ro l'unico fiume degno di questo nome, sono presenti corsi d'acqua e laghetti stagionali che vivono solo temporaneamente nei momenti di piena: da qualche ora ad alcune settimane.
Un'esistenza breve ed effimera, ma non per questo inutile. Infatti le grandi mandrie di bovini ed ovini hanno bisogno di placare la sete accumulatasi nei lunghi periodi di siccità.

Ewaso Ny'ro, il fiume sacro

Dall'alto del promontorio appare la linea sinuosa tracciata dall'Ewaso Ny'ro, il fiume marrone, così chiamato dalle popolazioni del luogo.
Disegna curve perfette, a tratti scompare come inghiottito da una vegetazione solo all'apparenza lussureggiante. Sono le verdi chiome delle acacie ombrellifere, le uniche che qui crescono rigogliose grazie alle lunghe radici capaci di filtrare anche la minima goccia d'acqua.
Durante il breve periodo delle piogge le acque del fiume, grazie ai ripidi pendii, acquistano forza e vigore, inondando una terra assetata.
Le fragili sponde terrose sono spezzate, frantumate ed ingoiate dalla voracità dei flutti, trascinando con sé i resti di alberi rinsecchiti. Ancora qualche chilometro e l'Ewaso Ny'ro tornerà a scorrere lento e maestoso.
Lungo le sue rive, come per incanto, la vita si rigenera. Alberi maestosi e lunghe liane, prati verdi e fitti cespugli fra cui si osservano le minuscole coppie di Dick-Dick e gli elusivi Gerenuk (le antilopi dal lungo collo). Mimetizzati con il terreno, centinaia di francolini fanno capolino per poi fuggire lontano al sicuro fra gli alberi.
Dai rami spinosi delle acacie penzolano una moltitudine di nidi di tessitori. Lì sono al sicuro dai predatori. Anche in queste acque, all'apparenza sicure, si celano i coccodrilli, immobili segnali di morte.
Non sono rari gli attacchi alle persone, per lo più bambini, costretti a seguire le mandrie che attraversano il fiume. E sono ferite mutilanti che lasciano segni indelebili.
Pare che il morso del leone sia meno distruttivo di quello del coccodrillo i cui denti, disposti ad incastro lungo tutta la mascella, stritolano inesorabilmente tutto quello che afferrano.

La diga di Oldonyiro

Mandria all'abbevereta Una diga di recente costruzione, nei pressi del villaggio di Oldonyiro (90 km a nord di Nanyuki), ha in parte modificato il corso del fiume e le abitudini di animali e uomini.
E' sorto un piccolo laghetto dove sguazzano diversi ippopotami. Dalla fitta boscaglia arrivano la sera gli elefanti che placano la loro sete con sonore immersioni delle proboscidi; fanno il bagno rinfrescandosi la pelle e poi silenziosi vanno via.
Qui le acque non nascondono insidie, lo sanno bene i pastori Samburu che portano le loro mandrie per l'abbeverata.
Sono talmente tranquilli e fiduciosi in questa zona che ne approfittano per la loro toeletta.