Parte della storia africana è tramandata di generazione in generazione per via orale, perciò gli anziani e i saggi sono i
depositari della memoria storica e delle tradizioni di ogni etnia.
Anche fra i Samburu ogni vecchio è rispettato ed ascoltato.
Spetta al consiglio degli anziani qualsiasi decisione per ciò che riguarda la vita dei singoli e dell'intero clan: dall'approvazione
di un matrimonio al periodo in cui iniziare le circoncisioni, o risolvere le liti fra vari individui.
L'uomo ha enormi poteri e la donna, introdotta nel clan solo dopo il matrimonio, ha come unico scopo quello di procreare.
I pilastri su cui si fonda la società samburu sono essenzialmente due: la discendenza dal padre e i gruppi di età.
A capo della famiglia vi è l'uomo con diverse mogli (ciascuna con una capanna all'interno del manyatta) e i rispettivi figli.
I maschi accudiranno al bestiame e le femmine all'atto del matrimonio riceveranno in dote delle mucche che diventeranno
proprietà del padre aumentandone la propria ricchezza.
Solo alla sua morte il primogenito maschio ne erediterà la maggior
parte mentre agli altri fratelli andrà un capo ciascuno.
I Samburu sono divisi in otto grandi famiglie unite tra loro da un unico progenitore e sono legate da uno stretto vincolo di
sangue.
Questo rafforza le unioni in occasioni di eventi importanti come ad esempio i matrimoni. E' importante ricevere
l'approvazione dal proprio gruppo d'appartenenza e che i due sposi non facciano parte della stessa famiglia.
Ogni volta
che il numero di persone aumenta si formano altre famiglie, ma solo quelle con la comune discendenza si uniranno per
formare un clan.
Generalmente ogni clan ha una sua zona di residenza per vivere ed accudire al bestiame, ma può,
all'occorrenza, dividerla con altri gruppi (nei periodi di siccità e carestie) senza creare particolari ostacoli.
Infatti la terra
non appartiene al singolo individuo, è un bene comune del gruppo.
La crescita in seno alla società avviene per gradi corrispondenti a momenti precisi della vita dell'individuo.
Assieme ad
altri coetanei formano i gruppi di età in base al momento in cui vengono circoncisi. Fra i vari gruppi c'è un intervallo di 12-15
anni, necessari per un nuovo passaggio nella scala sociale garantendo così un ricambio generazionale.
Pronti per diventare guerrieri, un'importante cerimonia sancisce il passaggio al nuovo status, quello fiero ed invidiato di
Lmurran (morano guerriero).
E' questo il periodo più intenso e importante: i guerrieri sono il simbolo e la fierezza del popolo.
Sono uomini di grande coraggio, forza e resistenza, con doveri inderogabili: ad esempio proteggere il clan e il bestiame dalle
scorribande di etnie rivali.
Ultimo passaggio nella scala sociale è Lpayan, l'uomo adulto quando diventa un membro responsabile del proprio clan: può sposarsi ed avere figli.
A tutte le classi di età sono legati i riti di passaggio. Fondamentali nella cultura samburu, e comune alla maggior parte delle
società pastorali, si concretizzano con il sacrificio dell'animale più sacro: il bue (Lbutan).
Già la nascita di ogni individuo rappresenta una benedizione divina (dell'Essere Supremo Nkai) ed è un momento di felicità
per tutto il clan che non esita ad offrire un bue in ringraziamento al quinto giorno dal parto.
La madre rimasta digiuna fino a
quel giorno, bevendo solo il sangue di bue se ha partorito un maschio, di mucca se ha generato una femmina, può partecipare
al banchetto mangiando carne assieme alle altre donne. Il nome non ha molta importanza ed è assegnato dopo alcuni mesi
anche da persone diverse dai genitori. Il latte materno nei primi anni di vita sarà l'unico alimento.
Accanto alla madre il bimbo Nkerai giunge al periodo chiamato Layeni, che corrisponde circa ai 7-8 anni.
Da questo istante
iniziano i doveri verso la famiglia. Con una semplice cerimonia viene ucciso un capretto dagli anziani mentre il padre affida
al giovane pastorello un piccolo gregge di capre che aumenteranno con il passare degli anni.
Il momento è importante perché rappresenta il distacco dal nucleo familiare, dal proprio clan ed è la prima uscita dal manyatta.
Il fanciullo comincia a prendere in mano la sua vita, uscire al pascolo e, in seguito, partecipare in modo crescente nella conduzione generale del bestiame.
Per difendere se stesso e gli animali gli viene affidata una lancia, piccola rispetto a quella dei guerrieri morani, ma che infonde
al giovane coraggio e voglia di affrontare il suo primo ed importante compito.
Totalmente diversa è la situazione femminile. Non rivestendo alcun grado importante all'interno della famiglia la donna
è considerata solo per la sua capacità di generare figli, incrementando la dote del marito.
Non esistono classi di età o riti
di passaggio come nei maschi. Unica eccezione è la circoncisione: l'asportazione del clitoride e delle piccole labbra.
Questa pratica sancisce l'abbandono della pubertà con l'inizio del periodo fecondo in cui possono avere figli ed essere
date in sposa.
Anche se dolorosa non c'è ragazza che rifiuti di sottoporsi alla cerimonia, le tradizioni vanno rispettate pena
l'isolamento dal clan, dall'intera società e la morte sicura.
Il periodo del rito è stabilito dal consiglio degli adulti, unica
eccezione è se una ragazza viene data in sposa ad un anziano o prima di tale periodo, allora l'iniziazione avverrà il giorno
stesso delle nozze, all'alba.