Conclusione

Alla fine di questa rievocazione inevitabilmente schematica che penalizza l’aspetto forse più interessante della figura di Samori Touré, quello inerente alla sua personalità di uomo, appare evidente che egli sia stato soprattutto un militare e un costruttore di Stato per vocazione che è riuscito a sanare la grave crisi esistente nella società malinké ai tempi della sua giovinezza dandole una dimensione nuova.
L’opera di Samori mostra come una zona di incerta struttura politica abbia potuto trasformarsi in impero a seguito della soluzione di una crisi interna e non già di una conquista venuta dall’esterno.
E’ chiaro che l’azione di Samori è rivoluzionaria solo nella misura in cui opera nella tradizione mandinga alla quale ha improntato tutte le riforme. Anche se non sembra esser stato crudele come scelta personale, è certamente stato un uomo la cui volontà, generalmente lucida, non si è fermata di fronte a eccessivi scrupoli quando era in pericolo il destino della sua opera.
Bisogna però aggiungere che aveva grande rispetto della personalità e dell’autonomia dei soggetti che avevano accettato la sua idea di impero.
Rimaneva ovviamente nell’ambito della vecchia tradizione egemonica africana, estraneo al concetto di nazionalismo moderno o di democrazia, ma ben cosciente del proprio patrimonio culturale, grazie anche ai suoi amici griot.
Di conseguenza Samori ha lottato non solo per difendere la sua opera e il suo potere ma soprattutto per rivitalizzare la sua società, cioè quel tessuto di rapporti umani che era tipico della sua gente.
Ha lottato per difendere un’identità collettiva, come molti altri hanno fatto nel corso della Storia quando hanno voluto rimanere padroni del proprio destino.

Questa monografia è basata sulle opere di Yves Person:
Samori, construction et chute d’un empire, ed. Jeune Afrique, Paris, 1977.
Samori, la renaissance de l’empire mandingue, Les Nouvelles Editions Africaines, 1983.
Per ulteriori approfondimenti:
Person Y, Samori, une révolution dyula, Dakar, IFAN, t. I e II, 1970; t. III. 1975.

Nike Morganti