| Negoziati alla francese
In una bella notte completamente buia, ho indossato un abito malinké, e nascondendo il
mio volto in un ampio turbante, mi sono avviato solo al palazzo. Avevo, in ogni caso, nascosto
sotto il mio mantello, una pistola a calibro ridotto, ma sufficiente per bruciare, se fosse stato
necessario, il cervello a qualche mal intenzionato.
Quando mi presentai sotto quelle spoglie ai Sofa che presiedono l'entrata principale, fui, in
un primo momento, allontanato brutalmente dal loro capo; poi, stupito dal mio accento,
avvicinò vivamente al mio volto uno dei tizzoni che ardevano in mezzo alle guardie e mi
riconobbe.
Lascio al lettore immaginare il suo stupore vedendomi vestito in quel modo. Inclinandosi
profondamente davanti a me, si tirò indietro per lasciarmi passare, e mi seguì
fino al cortile interno dove mi consegnò al capo delle sentinelle di guardia. Costui,
non meno stupito del suo compagno, si allontanò correndo verso l'interno del palazzo,
lasciandomi solo in mezzo agli uomini distesi, assonnati e indifferenti attorno al fuoco.
Un istante dopo ritornava annunciandomi che l'Almani mi attendeva. Infatti Samori era
sdraiato e si dondolava nella sua amaca sotto il baldacchino d'onore nella corte a lui riservata.
Appena mi vide: "Colonnello, i bianchi non temono dunque nulla?", mi disse lentamente. "Che
cosa posso temere, gli risposi. Ti ho affidato la vita di due capi che mi accompagnano e quella
dei miei uomini; perché non ti affiderei la mia?"
Non aggiunse nulla al momento e parve riflettere. Poi mi chiese ciò che mi conduceva
da lui a quell'ora, e in un modo così insolito, nel suo palazzo.
Gli spiegai allora la mia opinione dicendogli che le nostre lunghe discussioni con i suoi
consiglieri, non facevano avanzare i negoziati. Troppe idee contrarie si urtavano nelle riunioni.
D'altronde era solo lui che aveva il diritto assoluto di decidere. Il mio tempo era molto
limitato. Se questo continuava mi vedevo obbligato a ritornare dai miei capi i quali avrebbero
considerato il mio ritorno a mani vuote, come una dichiarazione di guerra... E poi avevamo
veramente bisogno di intermediari per regolare gli interessi che non riguardavano che noi?
Potevamo, per non andare contro le usanze, riunirci ufficialmente di tanto in tanto; ma
in realtà, definiremmo noi due soli, tutti gli accordi necessari nei nostri incontri
segreti. Continuai lungamente su questo tono.
L'Almani non mi aveva interrotto una sola volta. Quando ebbi finito, si mise a riflettere a
lungo, poi mi disse: "Ti concedo quello che mi chiedi. Abbi fiducia, tutto andrà secondo
i tuoi desideri, ma niente impazienza. In ogni cosa la fretta degli Europei è troppo
grande". Mi ritirai con l'autorizzazione di venirlo a trovare la notte, nell'ora che ritenevo
opportuno. I capi delle guardie sarebbero stati avvertiti, di modo che d'ora in poi, nessuno
avrebbe ostacolato le mie visite.
Fu così che continuarono i nostri negoziati.
Colonel Gallieni
Deux campagnes au Soudan français
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