Samory e l'Islam


Ormai convinto di dover unificare il regno sotto il segno dell’Islam, Samori dà l’avvio a un sistema di scuole coraniche dove sono collocati d’autorità giovani e nobili animisti perché diventino suoi consiglieri nella gestione dei governi militari.
Questa decisione mette ben in evidenza l’ambigua situazione in cui si trova colui che dovendo dare forma a un impero non può vantare ascendenti di grande nobiltà mandinga dove il potere si trasmette secondo regole ben precise e nello stesso tempo dichiara una conversione dell’ultima ora all’Islam che lo rende sospetto agli occhi di tutti.
Nella società islamica dove la scienza e la conoscenza dei libri santi è ritenuta indispensabile, il nuovo convertito fa la figura dell’ignorante.
Dell’Islam, Samori non conosce altro che i riti esteriori.
Di conseguenza il suo primo e più grande errore è quello di ascoltare i sofismi degli altri piuttosto che restare fedele ai valori pragmatici che l’hanno sostenuto.
Dopo la presa di Kankan, i consiglieri di cui si circonda lo soggiogano facendolo agire da uomo virtuoso, desideroso di propagare la parola del Profeta.
Lo spingono verso un rigore inutile con cui governa per circa due anni seguendo i loro insegnamenti.
Per la prima volta nella sua vita, non tiene conto dei fatti. Illetterato com’è, impara a decifrare i caratteri arabi con l’aiuto di uno dei più eminenti saggi della città, Karamogho-Sidiki. E’ allora che decide di prendere il titolo di almani che nel suo significato originario designa semplicemente l’uomo che dirige la grande preghiera del Venerdì.
Samori incontra però le più vigorose opposizioni proprio in seno alla sua famiglia. I fratelli che l’hanno seguito con devozione si vedono sfuggire la possibilità di succedergli che andrebbe invece ai figli, secondo le leggi del diritto islamico.
Ma l’avversario più ostinato è proprio il vecchio padre Laafya Touré che resta un animista irriducibile.
Per di più quando nel novembre 1886, prima di marciare contro Sikasso, Samori con indosso il turbante di mussola bianca ordina ai Kamara di convertirsi e di cessare di bere il dolo, il vecchio diventa un fermento di rivolta, alzandosi bruscamente dall’assemblea seguito da un gran numero di persone.
Samori dovrà accettare un compromesso per non mettere agli arresti l’intera famiglia. Ma un altro dramma verrà ad amareggiare i loro rapporti
. Due sue figlie vengono accusate di aver accordato i loro favori a dei bilakoro.
Non potendo ammettere che in seno alla propria famiglia non si rispetti la verginità prescritta dal Corano, Samori condanna a morte le colpevoli.
Troppo tardi si scopre però che le ragazze sono state accusate ingiustamente da una matrigna gelosa.
Questo "errore" vissuto dolorosamente da Samori, gli è stato a lungo rinfacciato.
I suoi nemici, specie Francesi, erano ben felici di denunciare la crudeltà dell’Almani. Senza voler minimizzare l’orrore di queste morte innocenti, bisogna pensare che Samori, sentendo serpeggiare la rivolta, abbia ritenuto opportuno, sebbene un po’ troppo precipitosamente, dare un esempio.
La Grande Rivolta scoppierà pericolosamente nel 1888-89 rischiando di far cadere l’impero.
Samori constaterà con sorpresa che gli animisti rimasti gli erano ancora fedeli mentre alcuni musulmani si erano rivoltati.
Con realismo ne tirerà tutte le conseguenze.
Bisognava fondare l’impero non sull’imposizione dell’Islam ma sulla fedeltà alla sua persona e alla sua famiglia, come prima del 1881.