L'itinerario di Samory

Sempre in bilico fra leggenda e realtà inizia così con alterne vicende la grande avventura che ha fatto di Samori Touré una delle grandi figure della storia africana.

Fra i Sissé e i Beretè Samori sceglie i Kamara con l’aiuto dei quali prepara la propria ascesa.

Lasciati i Sissé in modo piuttosto precipitoso, Samori, con grande senso dell’opportunità, combatte per tre anni al servizio dei Bereté, loro acerrimi nemici, ma è costretto a fuggire una seconda volta per rifugiarsi fra le montagne di Gben presso i Kamara, suoi parenti materni.
In quel particolare frangente della propria vita Samori si ritrova solo senza altre risorse che quelle della propria competenza militare e da par suo cerca di sfruttare nel miglior modo le circostanze.
I Kamara si sentono minacciati dalle mire espansionistiche dei mussulmani Sissé che hanno devastato il paese animista, forzando le conversioni, distruggendo i villaggi e dai Bereté che pur indeboliti hanno ancora dei temibili sofa.
Decimati, malmenati, gli animisti sono divisi fra la rivolta e l’impotenza. Samori sembra dunque un inviato del cielo. Egli conosce le moderne tecniche militari e sa che i cavalieri mussulmani sono molto più efficaci che non la disordinata accozzaglia di fantaccini dei suoi fratelli d’infanzia che sono numerosi ma deboli soprattutto per le armi e l’organizzazione: più che fucili hanno dei pugnali e al posto di tattici hanno dei capi indisciplinati.
Samori propone i suoi servizi al capo villaggio e cerca di assicurarsi l’appoggio di tutti. Viene nominato "keletigui", capo di guerra.
Dal 1861 al 1865 Samori è alla testa delle milizie dei Kamara e ne approfitta per costituirsi una piccola armata costituita da elementi eterogenei tutti provvisti di fucile.
Fra di loro alcuni amici d’infanzia come i griot Morifinjan e Niamakala-Amara Jeli che gli saranno per sempre fedeli compagni.

Samori installato a Sanankoro gioca il doppio gioco

Rendendosi conto di non essere in grado di sostenere uno scontro diretto coi Sissé e i Bereté uniti, si improvvisa fedele paladino degli uni contro una tribù riottosa e finge di combattere per conto di Sere Brema, il faama dei Sissé a cui invia come un rispettoso vassallo la metà del bottino di guerra.
Pare che Sere Brema accettasse senza entusiasmo il dono.
Da quel momento in poi, Samori rende scrupoloso omaggio ai Sissé: nessun bottino entra a Sanankoro senza che la metà sia inviata a Madina, loro capitale.
Alla fine Samori riesce a sventare una possibile pericolosa alleanza dei suoi nemici eliminando i Beretè mediante un’alleanza coi Sissé e Nantenen-Famudu Kuruma, il faama animista del Toron.
Ma Sere Brema, da sempre sospettoso delle sue mire, attacca Samori nel suo stesso territorio del basso Konyan e questi è costretto a rifugiarsi in foresta presso gli amici Toma, per evitare una sicura sconfitta.
Sembra che prima di sparire inviasse un messaggio a Sere-Brema: "Padre, ti lascio il tuo campo, vado a comperare della kola."

Con un colpo di fortuna Samori riconquista il basso Konyan e prende il titolo di faama

Il soggiorno in foresta non contribuisce certo a sollevare l’animo della truppa forzata all’inattività durante il periodo delle piogge e senza prospettive dato che si sono dovuti abbandonare i cavalli.
Questi gli umori che giungono fino in pianura alle truppe dei Sissé lasciate a guarnigione del territorio.
Il loro capo pensa allora di approfittare della situazione di debolezza e catturare Samori.
L’attacco è accuratamente organizzato. Si racconta che una delle donne di Samori, andando a prendere dell’acqua (!) si accorgesse dell’agguato e portasse un fucile al marito che stava facendo la doccia.
Questi con un sol colpo fulmina due sofa, gli altri terrorizzati si danno alla fuga. Rincorrere i fuggitivi è un gioco da ragazzi tanto più che i Sissé, abbandonata una parte degli armamenti, ripassano il fiume Lenko (?) ed annunciano a Madina che Samori è tornato.
Con qualche cavallo e i prigionieri catturati Samori invia a Sanankoro la notizia del suo ritorno dove è accolto come un capo.
Lasciando il titolo di keletigui assume quello di faama. Tutto questo succede verso la metà del 1867.
Samori, approfittando del fatto che i Sissé sono impegnati in un guerra di conquista del Wasulu, riconquista poco a poco il suo paese.
Per cinque anni egli si dedica a rafforzare le sue posizioni e ad organizzare il proprio esercito personale evitando accuratamente di affrontare i Sissé ma dirigendo la sua attenzione verso il nord, seguendo l’asse dei meridiani secondo la tradizione djula che evoca la via dei grandi commerci.