Il duello con i Bianchi

Samori inizia il duello coi "Bianchi": due leoni si disputano la stessa gazzella

Se si tralasciano le transazioni di tipo commerciale coi Bianchi della costa, fino a quel momento Samori aveva avuto ben pochi contatti con le "orecchie rosse".
Ma una ragione apparentemente pacifica fa scattare l’offensiva: il desiderio da parte dei Francesi che già risiedevano in Senegal di aprire la via al commercio verso il Sudan mediante la costruzione della ferrovia che doveva arrivare fino a Bamako.
Questa impresa era stata affidata alle truppe di marina formate principalmente da bianchi e da un numero sempre maggiore di "tirailleurs" dopo il 1885.
Il comando era affidato a ufficiali di tradizione repubblicana pieni di un nazionalismo esaltato alla ricerca di fatti d’arme che giustificassero un rapido avanzamento di carriera, ragione per cui avevano accettato il rischio di un incarico oltre mare.
Questi ufficiali tendevano a giudicare incompetenti i burocrati e i civili di Parigi ed esigevano la più grande autonomia per portare a termine le loro imprese senza dover tener conto delle istruzioni del ministro.
Il primo di tali ufficiali è Borgnis-Desbordes che dirige dal 1881 al 1883 la marcia del Niger.
Nel 1882 mentre è in marcia da Kita a Bamako con una truppa paralizzata dall’epidemia di febbre gialla, non rassegnandosi a rimanere inattivo coglie la prima occasione che gli si presenta e attacca Samori che assedia Kénéyran dove si erano rifugiati i vinti di Kankan.
Il 22 febbraio Borgnis-Desbordes parte con 221 combattenti per soccorrere la città ma arriva troppo tardi; Samori dal canto suo lancia la sua cavalleria senza considerare l’artiglieria francese.
Lo scontro risulta disastroso per entrambi e Samori si rende conto che i Francesi possiedono una tattica di combattimento che egli ignora.
Con gran realismo il faama si ritira da Kenyeran senza resistenza, stimando saggio prendere del tempo d’osservazione. Borgnis-Desbordes dal canto suo, consapevole dell’imprudenza commessa, rinuncia a sfruttare la vittoria dirigendosi a marce forzate verso Kita, perdendo parecchi uomini della retroguardia puntualmente tallonati dalle imboscate di Samori.
Quando l’ufficiale francese è al sicuro coi pochi superstiti può vantare una brillante vittoria inutile per la Francia ma ricca d’esperienza per il suo avversario.
L’anno successivo però Borgnis-Desbordes riesce a occupare Bamako precedendo Keme-Brema, fratello di Samori, che aveva ricevuto l’incarico di conquistare la città ma che aveva perso tempo in scaramucce sui monti mandingo sottostimando la pericolosità della colonna francese, sfinita, ammalata, affamata.
Questa è una grande sconfitta per Samori perché dopo la presa di Bamako la presenza francese non potrà più essere contestata sul Niger anche se, per cause esterne allo scenario africano, essa segna un arresto nella conquista che farà regnare la pace per un paio d’anni

Nella campagna verso sud Samori sottomette definitivamente i "cugini" nobili

Nel frattempo Samori approfitta per risolvere a sud i problemi che il giovane e ambizioso Saghadyigi presenta capeggiando da tempo lo scontento degli animisti kamara ostili da sempre al potere mussulmano da lui rappresentato.
Pur avendo al suo attivo l’innegabile vantaggio di essere l’erede di una delle più antiche famiglie del luogo, di avere sotto il proprio controllo le terre fino al limite della foresta e di possedere sulle montagne a Gbankundo un rifugio quasi inaccessibile e molto ben difeso, Saghadygi non possiede il genio politico del suo rivale ed esercita il potere in modo improprio.
Ignora il modo di organizzare le terre conquistate, commette delle esazioni, saccheggia, mette a morte le popolazioni vinte per vendetta e senza ragione.
Questa intolleranza e incapacità alla fine minano il suo prestigio e danno spazio alla propaganda insidiosa messa in atto da Samori presso le popolazioni vessate per cui alla fine egli riesce a penetrare con l’astuzia il rifugio imprendibile.
Saghadyigi fugge ma Samori temendo la sua pericolosità lo fa inseguire e uccidere, liberandosi così dall’ultimo nemico della sua giovinezza.

La campagna verso il mare assicura a Samori la fornitura dei preziosi fucili

Per mantenere il suo potere Samori ha bisogno delle armi che gli Inglesi vendono a Freetown e per questa ragione organizza una campagna verso ovest per proteggere la rotta commerciale che porta in Sierra Leone affidandola a Langaman Fali, uomo di casta divenuto uno dei suoi più fedeli luogotenenti che sa interpretare con grande elasticità le regole severe in materia religiosa che l’almani vuole imporre alle popolazioni sottoposte.
I raccoglitori di kola, buoni procacciatori di schiavi, ottimi clienti di sali e di prodotti provenienti dal nord, alleati indispensabili per Samori che gli assicurano un passaggio attraverso i cammini intricati della foresta, possono così godere di una notevole libertà religiosa se si confronta con le conversioni forzate che si moltiplicano altrove.

La rivolta degli "animisti" bambara è duramente soffocata dallo zelante paladino dell’islam alla ricerca degli indispensabili cavalli

Oltre alle armi l’esercito ha bisogno di cavalli sempre venuti dal nord ora bloccato dalla presenza dei bianchi.
Nel 1884 Samori si rivolge dunque a est del suo regno per aprirsi una via fino alle ricche pianure del Niger; un territorio dove prolifera anche una gran quantità di piccole casate, disorganizzate, che spesso si combattono fra loro e che rappresentano una facile preda che può far gola sia ai francesi che all’impero Toucouleur.
Se inizialmente la campagna di conquista si svolge senza problemi, in un secondo tempo essa si scontra con l’ostilità di Tieba, faama di un reame ben organizzato di origine senufo a maggioranza animista, situato ai confini del fiume Bagoé e alleato ai figli di El Haji Omar.
Tieba non vede di buon occhio la presenza di un vicino tanto pericoloso come Samori e pur senza osare attaccarlo frontalmente ordina ai suoi diula di non vendere cavalli all’almami.
A peggiorare la situazione interviene l’atteggiamento rigido del capo militare di Samori, Tar-Mori che applica alla lettera gli ordini sulla consegna religiosa.
Comincia a perseguitare i bambara distruggendo i loro "idoli". Proibisce le società di iniziazione innescando in tal modo la miccia della rivolta perché i riti religiosi sono per i Bambara legati alla fertilità della terra: vietarli significa rendere la terra sterile e condannare gli abitanti alla fame.
Tieba sfrutta il malcontento dei suoi vicini e si propone come alleato per combattere i samoriani. Li mette in fuga ma non approfitta della vittoria permettendo un contro attacco di Samori che non tarda a venire.
Alla fine del 1886 il territorio bambara è pacificato ma a caro prezzo perché ormai Samori vince ma non può più perdonare.
Di ciò si rende conto Tieba dopo che suo fratello Syaka imprudentemente avventuratosi oltre il fiume, subisce una completa disfatta.

Ormai gli avversari più temibili di Samori sono a Parigi e a Londra

Nel 1885 il comandante Combes incaricato di una semplice campagna di routine, non può resistere alla tentazione e senza provocazione occupa il Buré, il paese dell’oro e ricaccia gli uomini di Samori sulla riva destra del fiume Niger.
Samori non può accettare questa umiliazione gratuita e radunate tutte le sue forze, tralasciando per il momento la sua campagna contro Tieba, attacca la guarnigione di Combes infliggendogli una dura sconfitta tanto che non solo recupera le terre occupate ma incalza il nemico che riesce a malapena a fuggire e rifugiarsi a Nyagasola.
Questa spedizione ha delle ripercussioni fino a Parigi. Si giunge così al trattato di Kenyeba-Koura del 1886 dove i contraenti si impegnano a non oltrepassare le frontiere stabilite.
Se è difficile sostenere la buona fede dei francesi, sembra più facile credere in quella di Samori che invia a Parigi, latore di un’ambasciata, Dyaulé-Karamogho il figlio prediletto.
Qui Karamogho viene ricevuto con tutti gli onori dal Presidente della Repubblica e dai ministri e assiste alle manovre militari di Chalons da cui rimane impressionato.
Ma il "buon Karamogho" non ritornerà certo a consigliare a suo padre la sottomissione alla "dolce Francia", come è stato scritto, per essere di conseguenza messo crudelmente a morte.
Diventerà uno dei principali capi militari di Samori fino al 1893 e morirà nel 1894 in Costa d’Avorio in circostanze oscure, come vedremo più avanti.
Nel frattempo il generale Gallieni è messo a capo del territorio con forti poteri e con la consegna di ritrattare l’accordo con Samori giudicato troppo favorevole al capo indigeno.
Gallieni invia il capitano Peroz che riesce a far accettare all’almami "di mettersi sotto la protezione della Francia"!.
Il malinteso è evidente: quello che Samori intende per protezione è una benevola neutralità durante la lotta contro Tieba; per i francesi il "protettorato" è una vittoria diplomatica, una barriera formale da opporre agli inglesi.
E infatti per Gallieni i capi africani devono essere distrutti uno dopo l’altro e Samori per primo.
Il generale precisa in un rapporto: "Penso che sarà possibile estendere molto lontano la nostra influenza sull’ansa del Niger senza aumento di spese militari.
E’ necessario incoraggiare Tieba in modo da far sparire per sempre questo re odioso."