Un ruscello di sangue

Sikasso la fortezza inespugnabile

Col trattato di Bisandougou i francesi avevano ottenuto la cessione totale della riva sinistra del Niger, a condizione di ritardarne l’occupazione, oltre al protettorato, titolo di importanza internazionale, di cui Samori non comprende intieramente la portata.
Per lui il trattato è di vitale necessità perché intende trasferire tutte le sue forze a Sikasso, senza il pericolo di essere preso alle spalle dai Francesi. L’assedio di Sikasso, con la Grande Rivolta che ne consegue e lo prolunga dal 1887 al 1890 segna uno degli avvenimenti più importanti di questa storia.
Cosciente della superiorità tecnica dei bianchi Samori aveva deciso fin dal 1885 di evitare di affrontarli direttamente e di eliminare l’ostacolo che gli preclude le grandi distese dell’ansa del Niger impossessandosi del potente reame senufo di Kenedugu.
Dalla primavera precedente, da quando cioè esisteva la possibilità di pace coi francesi, Samori incomincia a far scorta di viveri e a distribuirli lungo le vie d’accesso al regno di Kenedougou. L’assedio a Sikasso incomincia solo nel marzo 1887.
La fortezza risulta però di una tale eccezionale potenza, difesa com’è da un avversario aggressivo che ha il sostegno della popolazione che trae il proprio sostentamento dalla regione, da risultare ben presto imprendibile.
La difficoltà di mantenere delle comunicazioni se non a prezzo di corvè di trasporti inumani e di continue requisizioni di viveri che vanno a sommarsi alle vessazioni religiose, non tardano a sollevare contro di lui i sentimenti ostili di una gran parte dell’impero.
Per limitare i danni sarebbe stato necessaria una rapida vittoria, cosa che risulta impossibile.
Per di più, nel gennaio del 1888, Gallieni, in spregio al trattato concluso da Peroz, occupa Siguiri e giudicando i tempi maturi per accelerare la caduta di Samori e annettersi il suo regno, fomenta la rivolta nella popolazione esausta dalla guerra e dalla carestia.
Prende inoltri contatti con Tieba col quale conclude un trattato in contraddizione col patto di Bisandougou.
La rivolta si estende come un fuoco di paglia quando in luglio corre voce della morte di Samori che è costretto, con la morte nel cuore, a togliere l’assedio.

La guerra del rifiuto

Fine della stagione delle piogge 1888. La rivolta si propaga dappertutto: popolazioni alleate e sottomesse stanche delle confische di viveri e dell'intransigenza religiosa si sollevano anche a causa della notizia della morte di Samori che libera da scomode alleanze, corre voce infatti che l’almami abbia nominato suo successore il devoto griot Moryfindian, fatto che sconvolge i capi animisti che detestano ogni connessione con l’islam. Tutti invocano la libertà minando l’unità del regno.
Nella valle del Niger i Francesi che credono o fingono di credere alla fine dell’almami, sostengono la rivolta.
Le truppe bambara, portate contro la loro volontà verso ovest si sollevano, i sofa fedeli sono costretti a fuggire. In poche settimane non si tratta più di mantenere l’unità dell’impero, ma d’impedire che Bissandougou la capitale, venga occupata. Qui Sarankényi, la favorita e reggente del regno dà prova di energia e sfruttando con intelligenza le alleanze tiene testa alla situazione.
Ma anche il Wasulu si rivolta isolando gli assedianti dal resto dell’impero. Ed il Konyan dove risiedono i clan kamara, il cuore stesso dell’impero, vacilla, solo alcuni clan rimangono fedeli impedendo così un crollo fatale.
Improvvisamente però arriva la terribile notizia: Samori non è morto, anzi si aggira pericolosamente nelle sue terre tentando di riconquistare il potere.
All’euforia succede il panico. Come prima si esagerava nel descrivere la sua debolezza ora si è pronti a inchinarsi alla sua forza, il solo nome dell’almami è sufficiente a seminare il terrore.
E non a torto perchè Samori è come un leone ferito che deve aprirsi la via di salvezza o morire.
A Samamouroula, una località che gli impedisce l’accesso a Bissandougou e al Milo, fa decapitare oltre a quelli che vogliono negoziare la pace, qualche migliaio di ribelli.
Si dice che i boia continuassero a tagliar teste senza un attimo di sosta e che a nord del villaggio si fosse scavato un ruscello col sangue delle vittime.
Avendo neutralizzato gli intrighi di Gallieni e ristabilito una parte della sua autorità, installandosi a Nyako nel Wasulu per controllare la valle del Niger e del Milo, Samori riprende l’iniziativa.
Alla fine del 1889 l’impero riflette grosso modo gli antichi confini ma la popolazione è diminuita della metà perché molti si sono rifugiati sulla riva francese del Niger dove vivono in miseria.
Samori abbandona l’idea dell’islamizzazione forzata ristabilendo il proprio potere sulla fedeltà alla propria famiglia.
Proclama suo successore il figlio cadetto Sarankényi-Mori e riorganizza l’esercito con fucili moderni importati dalla Sierra Leone.
Samori pur non facendosi illusioni sulle sue possibilità di vittoria, è deciso a resistere fino alla fine e sa che il duello con la Francia è inevitabile, anche se può ancora essere ritardato. Così a combattere contro i francesi non è più un gran numero di uomini poco organizzati ma una truppa ben addestrata e armata che si batterà fino alla fine.

Samori ha imparato la lezione francese

L’almami è scosso dalla doppiezza del comportamento di Gallieni che ha cercato di rovinare l’alleato con cui aveva firmato un patto.
Tale giudizio è rafforzato dalle manovre messe in atto dal suo sostituto Archinard, un ambizioso ufficiale di marina che, come tutti quelli che l’hanno preceduto pur avendo ricevuto consegne restrittive da Parigi, è ben deciso a non prenderle in considerazione.
Avendo in mente di annettere parte del territorio dell’impero di Samori, Archinard comincia coll’attraversarlo con le sue truppe, qua incoraggiando le insurrezioni, là operando qualche razzia.
Samori allora, occupato a sedare le rivolte, cerca di temporeggiare offrendo la cessione della regione situata a ovest del Niger.
Samori ha imparato che la diplomazia è truccata e di fatto pensa di cedere in modo provvisorio dei paesi in rivolta che non è in grado di controllare, Nel febbraio dell’89 firma il trattato di Nyako guadagnando così una preziosa tregua.
Archinard dal canto suo è convinto di aver conseguito una vittoria con la quale ufficializza la dipendenza di Samori e può fermare le pretese degli inglesi della Sierra Leone.
Ma le sue azioni di disturbo non si fermano anzi favoriscono le razzie dei rifugiati nei territori samoriani con invasioni indebite nei villaggi ed esecuzioni sommarie degli alleati.
Tutto ciò oltrepassa il limite accettabile e Samori nel maggio dello stesso anno rimette il trattato.
Archinard è furioso perché non può attaccare frontalmente l’almami per la debolezza delle sue truppe.
Samori ha perso l’ultima illusione nella diplomazia ma ha guadagnato una tregua, almeno coi francesi, che durerà due anni.
Anche Tieba, il faama di Sikasso cerca in tutti i modi di evitare lo scontro con Samori mentre Agibou, erede col fratello Amidou, dell’impero toucouleur tenta di organizzare un’alleanza a tre con Samori, ma Archinard venutone a conoscenza elimina i toucouleur di Segou nell’aprile del 1890 e di Nyoro nel 1891 distruggendo così questa ultima possibilità di salvezza.