Tattiche e strategie

L’impero si sposta a sud-est

Archinard deve ritornare in Francia per ragioni di salute ma nella convinzione che la posizione di Samori sia estremamente precaria, per non lasciare questa gloria al suo successore Humbert, nell’aprile 1891 improvvisa un ultimo attacco prima della stagione delle piogge e occupa senza sforzo Kankan mettendo a fuoco Bisandougou, la capitale dell’impero.
Samori, che sa ormai da tempo che l’ora è suonata, lungi dall’arrendersi, ha a sua disposizione circa sei mesi per organizzarsi.
Egli adotta allora la tattica della terra bruciata, molto dura per gli abitanti ma efficace per paralizzare i movimenti dell’avversario il quale deve affrontare, oltre che la sfortuna di un’epidemia di febbre gialla e di peste bovina, la resistenza vivace delle migliore truppe dell’almami che infliggono gravi perdite e lasciano dietro di sè un paese disastrato e deserto.
Samori dal canto suo è ben conscio della propria debolezza e del fatto che sia un suicidio opporsi frontalmente ai francesi, e poiché non prende nemmeno in considerazione l’idea di arrendersi, escogita, con la lucidità di sempre, l’unica soluzione possibile.
Sottrarsi e sparire in una regione isolata dove restare in pace almeno per qualche tempo.
Poiché Sikasso sbarra sempre la via dell’est, l’uscita di sicurezza non può essere che il sud-est ai margini della foresta ivoriana.
Il grande esodo inizia così alla fine del 1892 sotto il controllo di Nyamakala-Amara che organizza i movimenti delle masse di civili che evacuano i vecchi domini del Konyan sotto la protezione dell’esercito; in effetti è tutto un popolo che si mette in marcia, fatto di artigiani, specialmente quelli che forgiano le armi, di coltivatori senza i quali non si mangia, e della gran massa dei bambini e delle donne.
Questa gente è restia a lasciare le proprie terre per andare verso l’ignoto e il sacrificio richiesto da Samori viene ad aggiungersi a tante altre sofferenze già patite.
E’ normale che molti disertino e preferiscano la presenza francese all’esilio.
Un fatto è positivo: Tieba, il faama di Sikasso, il solo che potrebbe mettersi alla caccia dei fuggitivi, rifiuta di avvantaggiarsi della situazione.
Quanto ai Francesi, che non immaginano per nulla cosa stia succedendo, si preparano a sferrare una grande offensiva.

La Francia colpisce nel vuoto inseguendo un nemico invisibile

Col preciso ordine di massima moderazione ma disponendo di grande potere e mezzi, Archinard ritorna in Sudan. Ben deciso comunque a non rispettare le consegne ricevute da Parigi e d’infliggere il colpo fatale a Samori, Archinard assegna il compito al suo luogotenente Combes.
Costui che dispone di circa 2200 uomini fra i quali milita anche un battaglione della famosa legione straniera deve impedire la fuga verso est e tagliare definitivamente l’accesso a Freetown.
Ma l’impresa è molto ardua: dove trovare Samori nei 700 km di zone morte che costituiscono la frontiera? Egli non è mai dove lo si cerca e anche quando si fa vivo con imboscate inattese, si dilegua altrettanto fulmineamente come è venuto. Stessa tattica adotta Bilali sulla rotta della Sierra Leone.
Questa lotta contro l’invisibile esaspera il comando francese che si trova nel 1893 ad aver esteso la sua egemonia su territori immensi ma deserti che non possono assolutamente provvedere al nutrimento dell’esercito e dei numerosi rifugiati.
Ma anche Samori benché imprendibile ha subito un danno irreparabile ossia la perdita dell’accesso a Freetown e nel 94 anche quello a Monrovia difeso strenuamente dal figlio Karamogho e non potrà mai più rinnovare il proprio contingente di armi moderne.
Proprio in questo frangente di grande fragilità si apre insperata la possibilità di una tregua. Mal sopportando l’indisciplina dei militari il segretario di Stato alle Colonie, Delcassé, uomo energico e deciso, invia a Kayes in Senegal alla fine del 93 il governatore civile Grodet al preciso scopo di organizzare le terre conquistate e di far regnare la pace.
E’ la fine dell’autonomia militare e dei colpi di testa perché Grodet fissa una frontiera che ordina di non oltrepassare.
Gli ufficiali sono obbligati a obbedire.

Samori comincia la ricostruzione del nuovo impero intorno alla regione d’Odienné

L’almami ha bisogno di pace per riorganizzarsi in un paese di cui non conosce niente.
Samori risfodera allora le sue antiche doti di politico e negoziatore.
Invia un ambasciatore a Grodet, si umilia fino a sollecitarne la protezione, allunga i negoziati per avere il tempo di riorganizzarsi.
Questo periodo è molto difficile per l’almami che nel duplice ruolo di invasore e fuggitivo deve anche saggiare continuamente la lealtà dei suoi.
Lo sforzo straordinario che domanda da anni al suo popolo sembra insopportabile ad alcuni che preferiscono abbandonare l’impresa.
Persino in seno alla sua stessa famiglia, tra figli nati da madri diverse, serpeggia l’inquietudine: più di uno disapprova il sogno insensato di questo vegliardo che rifiuta a tutti i costi la sconfitta che a molti sembra di chiara evidenza.
In questo contesto si situa il dramma di Karamogho.

Tragica morte di Dyaulé-Karamogho, il figlio preferito che amava la Francia.

Come si ricorderà Karamogho era stato inviato da Samori come ambasciatore in Francia paese che lo aveva conquistato con la propria magnificenza e di cui rimaneva un grande ammiratore.
Questo atteggiamento probabilmente aveva impedito che venisse designato come successore del regno anche se non gli aveva tolto la fiducia del padre che in diverse occasioni gli aveva assegnato posizioni di grande prestigio, come l’ultima campagna del 1893/94 che aveva visto Karamogho guidare valorosamente la resistenza nei territori del sud-ovest e difendere la pista della Sierra Leone.
Pare comunque che il comando francese fosse a conoscenza delle sue opinioni riguardo all’inevitabile sconfitta e che nel giugno 1894 prendesse contatti con lui con l’intento di proporre una resa a condizioni molto onorevoli.
Prudentemente Karamogho aveva recapitato al padre la lettera dei francesi senza però far conoscere la propria risposta che pur senza impegno lasciava aperta la possibilità di dialogo.
Di conseguenza i Francesi avevano fatto seguito con un’altra missiva convinti che Karamogho intendesse "tradire la causa di suo padre".
Dopo aver subito una cocente disfatta Karamogho aveva risposto con una lettera il cui contenuto è rimasto sempre sconosciuto perché la lettera è andata perduta.
Samori tuttavia, al corrente di questa corrispondenza, convoca il figlio e gli domanda:
- Perché non mi hai fatto pervenire la seconda lettera dei Francesi ? Dov’è questa lettera?
- L’ho distrutta
- Hai risposto?
- Sì
- Che cosa hai risposto?
- L’ho dimenticato.
Samori si irrita, richiede al figlio il motivo per cui non è stato messo al corrente della seconda missiva ma Karamogho tace.
Samori si rivolge a un consigliere:
- Avevi ragione. Il mio prigioniero è amico mio e mio figlio è mio nemico.
E poi a Karamogho:
- Rifletti. Se non mi dici quello che hai letto e risposto, io ti distruggo
Il padre lo fa mettere agli arresti. A chi lo accompagna e che gli consiglia d’inventare una scusa, Karamogho risponde:
- Non mentirò a mio padre, non dirò nulla.
Alla sera Samori domanda:
- Ha parlato?
Ma il guardiano scuote la testa.
Samori ripete la stessa domanda per parecchi giorni ma senza esito alcuno.
Alfine va personalmente a visitare il figlio e gli parla ma Karamogho non apre bocca.
Non gli viene più portato cibo e, secondo la tradizione, dopo tre giorni muore.
Samori dice solamente:
- Sotterratelo: era un cattivo figlio.

Il cerchio si restringe ma Samori trova una via d’uscita

Samori è ormai accampato in terre esotiche al di là dei domini dei Malinké del sud.
Il suo solo scopo è durare il più a lungo possibile e rinforzare la sua armata. Abbandonati i progetti di costruzione di una nuova società, riduce le strutture dello Stato alla massima semplicità.
Elimina l’apparato religioso e il potere politico è appannaggio dei fedeli che l’hanno seguito nell’esodo. Suo figlio Sarankenyi-Mori guida il partito dell’intransigenza che influenzerà fino all’ultimo le strategie del capo, mentre agli stranieri verrà richiesta solo la prestazione necessaria al mantenimento della Corte e dell’esercito.
I sofa regolarmente esercitati raggiungono il grado di massimo rendimento arricchiti da contingenti Senufo e da altre popolazioni locali.
Il raggio d’azione però diventa sempre più ristretto perché da ogni parte Francesi, Inglesi, Tedeschi allungano i loro tentacoli.
Per evitare qualsiasi incidente Samori deve accontentarsi di controllare un territorio circoscritto i cui abitanti mal lo sopportano e dove è chiaro non potrà godere di una pace definitiva.
Succede così che il colonnello Monteil nel marzo del 1895 trovatosi improvvisamente senza una missione sulla costa occidentale africana, viene dirottato d’ufficio verso la Costa d ‘Avorio con il compito di occupare Kong per sbarrare la via dell’est a Samori e aprire un collegamento con il Sudan francese.
E’ solo dopo parecchi incidenti che Monteil riesce a mettersi in posizione d’attaccare le truppe samoriane di Jimini. Ma l’almami, sorpreso da questo attacco proveniente da sud, trasferisce tutte le sue truppe dai paesi Senufo dove aveva concluso una tregua con Babemba, fratello di Tieba, che governava Sikasso.
Non può permettersi di arretrare davanti a Monteil perchè perderebbe il nuovo dominio.
Con una campagna fulminea Samori infligge gravissime perdite al piccolo contingente di Monteil che gravemente ferito è costretto a ritirarsi nel Baulè lasciando il territorio Jammala ai conquistatori.
Il disastro di Kong è tanto grave che i Francesi rinunciano ad attaccare Samori dal sud e la parte della foresta ivoriana rimane sicura per parecchi anni.
Con la conquista della vecchia metropoli di Kong Samori ha a disposizione tutto il territorio djula che si estende fino a Bobo Diuolasso, Djenne e il paese Mossi.