La fine di un impero


Cadono tutte le fortezze, è l’inizio della fine

Questo incidente rompe anche i piani della Francia perché avviene in un momento in cui, desiderosa di eliminare l’Inghilterra, aveva interesse a concludere un patto sia pur provvisorio con l’almami cosicché il ministro delle Colonie, André Lebon pospone ogni rappresaglia per potersi dedicare alla minaccia inglese.
Ma, ancora una volta l’indisciplina dei sottoposti accelera il corso degli avvenimenti. Nel gennaio del '98 un giovane ufficiale, senza ordini, va all’assalto delle rovine di Kong presediate da un keletigui di Samori che è costretto a fuggire. Si ricorderà che la città, in seguito al sospetto di tradimento, domata con una crudeltà che è difficile perdonare a Samori, era ormai ridotta a un cumulo di fango che faceva comunque gola sia ai Francesi che agli Inglesi.
Ma Kong è troppo vicino a Dabakala perché Samori possa lasciarla ai francesi, è dunque costretto a reagire. Si ritira a Bori Bana, sul Bandama dove aveva incominciato a costruire una fortezza imprendibile del tutto simile a quella di Sikasso con la quale forse pensa di poter arrestare l’avanzata francese.
Ma improvvisamente arriva una notizia terribile: Sikasso è caduta, i francesi l’hanno presa dopo solo due settimane d’assedio e Babemba si è suicidato sulle rovine del suo tata il 1° maggio 1898. Il reame di Kenedougou forniva un’inopportuna protezione a Samori per cui, dopo aver mandato un ultimatum a Babemba che lo rifiuta, il comando francese decide di eliminarlo.
Il fratello del re, Fo, riesce a fuggire e a portare a Bori-Bana la triste novella. E’ Moryfindian, il fedele griot a ricevere i messaggeri ma temendo la reazione dell’almami non osa comunicarla pubblicamente.
In riva al fiume l’almami conosce la verità: "Quindici giorni? Solo quindici giorni?
E i bastioni di Sikasso ?" "Non hanno impedito niente. Che fare contro i cannoni ?".
La potente fortezza che aveva respinto l’almami per un anno e mezzo è caduta in pochi giorni. E’ dunque inutile opporre resistenza frontale ai Bianchi e Samori ne tira tutte le conseguenze.
Con Moryfindian prende allora la decisione di ritornare all’ovest, non verso l’amato Konyan occupato dai Francesi, ma nella foresta presso gli amici Toma in Liberia .

La grande fuga

Dopo aver preso la decisione, tutto succede molto in fretta.
I partigiani locali vengono congedati e l’apparato che costituisce il nuovo impero è fatto evacuare in tre settimane.
Il 18 giugno 1898 Samori si installa nella piana di Dwé non lontano dall’avamposto francese di Touba.
Ancora una volta l’impresa è straordinaria. L’esercito ormai composto solo dagli elementi di origine malinké è pressoché intatto con un seguito di circa centomila persone e di masserizie, viveri e mandrie.
La zona è piuttosto fertile e i viveri sono giudicati sufficienti fino al nuovo raccolto. Esiste però il problema dell’ostilità delle popolazioni autoctone, i Dan, per nulla disposti a collaborare.
Sembra comunque che si possa contare su una relativa calma fino alla fine della stagione delle piogge appena incominciata. Ma purtroppo anche questa dilazione viene a mancare.
In seguito al cambio della guardia nel comando francese in Sudan, un ufficiale Audeoud decide di dover catturare Samori prima che arrivi il suo successore.
E’ così che nel luglio del 1898, in piena stagione delle piogge, quando la foresta gronda sotto un ‘acqua battente e i militari sono al riparo nei forti, il Sudan francese è percorso da innumerevoli colonne di soldati convergenti tutti verso le montagne di Dan dove si nasconde Samori.
Senza aspettare la fine del movimento di truppe, il colonnello de Lartigue che comanda la regione sud si lancia in un’azione azzardata contro Dwé e per salvarsi dal disastro si rifugia a Touba.
E’ allora che Samori commette l’errore più grande della sua vita militare e leva le tende per avventurarsi verso ovest attraverso le montagne.
La gran massa dei fuggitivi però, impantanata su piste strette e difficoltose, assalita oltre che dagli insetti e dalle malattie dai terribili Dan, ritenuti forse con una certa esagerazione antropofagi, prosegue molto lentamente e comincia a perdere viveri e bestiame e a morire di fame e di stenti.
Agli inizi di settembre l’avanguardia comandata da Sarankenyi-Mori è sorpresa a Tyafeso mentre tenta di attraversare l’alto Cavally da una guarnigione proveniente da Beyla ed è costretta a capitolare quasi senza combattere.
Ormai la via verso i Toma è bloccata. Con coloro che gli rimangono fedeli Samori retrocede allora verso il cuore della catena montuosa.
E’ là, a Geule (Gelemu) che viene sorpreso e catturato il 29 settembre dall’ufficiale Gouraud.
L’almami che aveva capito che tutto era perduto, aveva negoziato da qualche giorno la propria resa con Audeoud che avendo fretta di finire la partita gli aveva concesso di ritirarsi come privato a Sanankoro.
Sappiamo che non è finita in quel modo, ma vediamo che cosa dicono di più preciso le cronache.

La guerra è finita

Il 27 settembre l’almami riunisce i suoi consiglieri ormai allo stremo delle forze, fra i quali c’è sempre il suo vecchio amico Moryfindian e dopo aver annunziato che la guerra è finita legge loro la lettera che intende inviare al governatore per mezzo di suo figlio Tiranké-Mori: "L’oggetto della presente è di farti sapere che ho ricevuto il tuo inviato. Mi ha comunicato quello che tu gli avevi detto e soprattutto di consegnare i miei fucili. Io allora ho interrogato tutti i sofa e tutti i capi e tutti hanno rifiutato :"Tu non accetterai questo - mi hanno detto e noi nemmeno. Non vogliamo fare i sofa presso i Francesi." Ma mi hanno ingannato e tradito, sono fuggiti e si sono rifugiati presso di voi consegnando i loro fucili per aver salva la vita. A mia volta, io vengo a mettermi al servizio del governatore."
Un grave silenzio segue questa lettura. Chi avrebbe potuto discutere o rispondere? Tirankè-Mori si porta ai piedi di suo padre che gli consegna la lettera. Purtroppo Tirankè
Mori, male informato sulla pista riesce a raggiungere il posto di comando francese solo il 2 ottobre dove è ricevuto da Lartigue.
Senza perdere un istante il comandante detta la risposta per Samori: che non abbia timori, deponga le armi e creda nell’amicizia della Francia.
Lartigue fa accompagnare Tirankè-Mori dai suoi uomini, ma improvvisamente arriva una notizia incredibile: il capitano Gouraud ha catturato Samori nel suo accampamento.
Tutto il partito coloniale si schiera contro il vecchio nemico e Trentinian, furioso di essere arrivato in Sudan solo dopo il suo arresto, si mostra duro con lui.
Il 22 dicembre a Kayes è notificato pubblicamente a Samori che verrà deportato in Gabon e la protesta del vecchio è coperta dai tamburi. Samori, che crede ancora nella lealtà francese, è convinto fino all’ultimo che l’impegno preso da Lartigue venga onorato ma poiché è stato catturato prima di arrendersi, esso non è tenuto in considerazione.
Convinto di essere stato tradito e pietrificato dal dolore di non poter tornare alla sua terra, cerca di suicidarsi a Saint Louis alla vigilia della partenza.
Samori viene esiliato sull’isola di Ndjolé. Con lui non parte nessuno se non la fedelissima Sarankeny Konate, suo figlio Sarankeny-Mori e il caro amico e consigliere Moryfindian.
Muore il 2 giugno del 1900 di polmonite. La sua tomba coperta dagli sterpi è introvabile.