Culto al Dio supremo

Molti ricercatori - troppo affrettati nelle loro conclusioni - continuano a ripetere che l'Africano non presta culto al suo Dio; questa affermazione fa sì che gli stessi Africani diventino interamente rassegnati e alla fine pensino che ciò sia vero. È vero che l'Africa tradizionale non ha eretto templi dedicati a Dio creatore, né scolpito statue e disegnato ritratti in suo onore, oppure costruito santuari per consultazioni, preghiere, pellegrinaggi e culto resi direttamente alla persona divina. Ma è ugualmente vero che il ritratto-monumento degno di un essere vivente - sia Dio sia gli Antenati - è il bambino e il nome che egli porta. La negazione dell'esistenza di un culto divino in Africa è determinata dall'indirizzo prevalentemente etnologico e sociologico - e, contemporaneamente dalla mancanza di quello teologico, filosofico e psicologico - degli studi sul fenomeno religioso africano. Per correggere questo approccio unilaterale è sufficiente sottolineare le implicazioni culturali dei nomi teofori e l'esigenza di una rettitudine morale.

Nomi, personalità, relazioni

Gli Africani hanno costantemente e intimamente insita la consapevolezza dell'esistenza di Dio, della sua presenza e provvidenza. Ciò appare in molti modi, ma specialmente per mezzo dei nomi teofori. Alcuni esempi daranno l'idea della ricchezza e profondità del senso culturale contenuto in questi nomi. Nomi composti con Mawu ('Dio' nella lingua fon del Benin): Mawuti, Mawudo, Mawumo, Mesomawu, Mawusi (Dio esiste, crea, è buono, vede, è incomparabile, tiene ogni cosa nelle sue mani). Nomi nella lingua kikongo dello Zaire: Dinzolele Nzambi, Manzambi, Vumi, Lukawu, Matondo (= Dio lo vuole così per me, questo riguarda Dio, pietà, dono, grazie a Dio). Nomi nella lingua kinyarwanda (Rwanda, Burundi): Maniriho, Habyaumana, Hatungimana, Manirakiza, Ngendakumana, Akimana, Mbonimpa (= Dio è, mette al mondo, dà la vita, salva, fa camminare, dono di Dio, l'ho ricevuto così da Dio).

Le relazioni con il Dio Creatore

Questi nomi, il cui valore semantico varia secondo la flessibilità della lingua e dello stile di vita dei popoli, testimoniano un indiscusso attaccamento e una familiarità certa con il Dio creatore. La serie di relazioni che essi esprimono si estende, dal punto di vista umano, dalla gratitudine alla fiducia e, dal punto di vista divino, dall'attenzione alla misericordia. Negare l'esistenza del culto reso direttamente a Dio è disconoscere il significato del nome nelle società africane dove il "solo nome" serve come documento di identificazione e come monumento storico nella vita del clan o del popolo. Il nome della persona è il suo essere più profondo; dare quel nome a un bambino è rendere onore a colui che si commemora: questo è il vero culto, un atto di pietà e di inesprimibile tenerezza verso colui che viene invocato ovunque il suo nome è pronunciato.

Rettitudine morale

Dopo un'osservazione anche superficiale dell'ambiente tradizionale dell'Africa sub-sahariana, diventa subito chiaro che il culto fondamentale giudicato degno di Dio è la rettitudine morale: una coscienza chiara, un cuore puro e leale, una vita onesta e irriprovevole.

In armonia col Dio creatore

L'equilibrio sociale, l'armonia cosmica, il benessere, la buona salute, la prosperità nel proprio lavoro o nei propri affari, dipendono dalla fedeltà della persona alla volontà di Dio, manifestata nelle tradizioni locali. È a questa volontà divina che l'Africano dedica il culto di base di una profonda rettitudine. Quando questa manca, ogni altro culto, elaborato o imposto dal di fuori, non ha valore o efficacia, perché agli occhi dell'Africano non è nient'altro che un inutile conformismo.

Rottura dell'armonia

La coesione sociale è vista come un riflesso della vitalità interiore; e quest'ultima scaturisce da una condotta conforme ad una legge morale, la cui trasgressione separa il soggetto da tutto ciò che lo circonda e porta ogni genere di avversità: calamità collettive, disgrazie individuali, sfortuna, climi imprevisti, disastri, siccità o alluvioni, fame e carestie; tutto questo è dovuto ad una infedeltà morale, come pure il non obbedire agli ordini ancestrali i quali sono eco della voce di Dio. In questa prospettiva, è chiaro che le leggi ancestrali, radicate nelle leggi divine, sono tutte espressioni di un'alleanza con il Dio vivente, gli Antenati e il cosmo; inoltre essi designano una responsabilità comunitaria per la felicità o sofferenza di ogni persona. Si capisce allora che la solidarietà è un imperativo ed ha carattere sacro.

Solidarietà e comunione vitale

È importante notare che, a causa di questa comunione vitale, le benedizioni meritate per la buona condotta di un individuo, così come le maledizioni incorse per un comportamento malvagio, circolano in tutto il corpo sociale. Le disgrazie provocate da un malvagio, per esempio, non necessariamente o direttamente influiscono solo su di lui, in un modo puramente personale, ma possono cadere su qualsiasi membro del clan, così come sugli elementi cosmici che sono inestricabilmente legati al clan. Questo spiega la grande varietà di amuleti, ognuno prodotto per il suo scopo speciale e teso a neutralizzare, arrestare o deviare gli effetti della punizione in cui si è incorsi a causa di un congiunto che ha sbagliato e spiega anche la ricerca di un capro espiatorio fra tutto il clan.