Dopo aver considerato tutte queste cose, ne deriva che la rettitudine morale - con il suo valore comunitario e la sua responsabilità cosmica - preoccupa, assorbe e ossessiona l'Africano tradizionale a tal punto e in modo così generale che cerimonie religiose obbligatorie e organizzate dall'amministrazione pubblica (nelle regioni urbane e rurali, nella scuola, in famiglia e nella vita professionale) sembrano supererogate e perfino non adatte a causa della loro supposta importunità. D'altro canto l'Africano chiede a se stesso: "Perché obbligarci a fare periodiche offerte e sacrifici a Dio, pienezza di vita e Signore di tutto, come se egli ne avesse bisogno, quando egli stesso non esprime desideri al riguardo?
Lo sforzo morale richiesto dalle sue leggi non è sufficientemente valido come atto di culto? Inoltre, di che peso sono le preghiere obbligatorie rivolte a Dio, dato che non le richiede? Non sarebbe un fastidio che gli si dà? Che cosa si può dire a Dio onnipotente e onnisciente? Non sarebbe insultarlo se cerchiamo di insegnargli ciò che già conosce?". E in questo modo tutte le preghiere e offerte sistematiche sono logicamente messe da parte proprio per l'onniscienza e perfezione di Dio.
Inoltre, per quanto
conosciamo, la preghiera africana è estremamente spontanea, breve,
circostanziata e riferita ad una determinata situazione, è personale, viva
ed esistenziale. Invocazioni a mo' di giaculatorie di ogni genere, lode,
ringraziamento e petizioni in tempi di pericolo o desolazione, sono
frequentemente mormorate. Più raramente ed eccezionalmente si incontrano
preghiere più lunghe, di qualche valore poetico, come questa bellissima
preghiera sulla caccia che viene recitata dai Pigmei del Gabon:
"Per te io taglio questo pezzo; esso ti appartiene,
appartiene a te solo, o Dio".
E questa preghiera per un neonato:
"A te, il Creatore, l'unico potente, io offro questa
nuova pianta, il fresco frutto di un antico albero. Tu sei il Signore,
noi siamo i bambini. A Te, il Creatore, a Te, l'unico potente...".
C'è pure questa preghiera dei Kikuyu del Kenya, per il
raccolto:
"Abbi misericordia, noi ti supplichiamo, Ngai (Dio), abbi
misericordia. Proteggici dalla malattia, proteggi le nostre mandrie e i
nostri greggi; abbi misericordia. Affinché possiamo pacificamente gioire
per il raccolto di questa stagione: abbi misericordia".
E questa preghiera di una donna sterile dei Luba (Zaire):
"Dio, nostro Dio, vieni in nostro aiuto in questa
situazione critica: donaci un figlio; è a te che chiediamo questo
favore. Noi l'abbiamo chiesto agli uomini e non abbiamo ottenuto nulla.
Ora lo chiediamo a Te, Te solo, o Dio".
Riassumendo, possiamo dire che il permanente e fondamentale culto degno di Dio è
essenzialmente la rettitudine morale, personificata e socialmente
derivante da queste tre virtù: solidarietà, ospitalità, rispetto.