Religioni tradizionali africane e
annuncio del Vangelo

VI-NYAMIAN L'ONNIPOTENTE

Queste divinità secondarie sono sì efficaci, ma non onnipotenti, hanno sfere di competenza particolare. Sono divinità legate ai bisogni quotidiani. Esse difendono e garantiscono la vita, la fecondità, la prosperità economica. Ma la loro efficacia è limitata, il loro potere ridotto. Infatti in caso di estremo pericolo, in una situazione estremamente critica dove è in gioco l'esistenza stessa della collettività, si abbandonano le divinità che assicurano ed esaltano la vita in tempi normali, per ritrovare il Dio Supremo. Queste divinità esaltano e riempiono sì la vita, ma sono solo apparentemente forti, non hanno la capacità di salvare e di assicurare l'esistenza nei momenti più critici. Possono riprodurre la vita, aumentarla, ma solo in situazioni normali. Esse hanno accumulato le potenze più concrete, ma hanno perduto le forze più sottili, più spirituali, che si ritrovano intatte nell'Essere Supremo: solo lui può salvare il cosmo e la società umana in un momento di crisi.

Nyamian interviene e salva

Si sono già visti alcuni interventi di Nyamian che salva l'uomo in momenti particolarmente problematici. Qui si vuole mostrare che Nyamian interviene, non soltanto per "salvare" persone singole, ma anche tutto il gruppo sociale quando questo è in pericolo.
Come si è detto Egli, di solito, interviene tramite un infante. Salva inviando un bambino. La ragione pare sia la seguente. Nelle culture tradizionali africane di tipo orale, le conoscenze si acquisiscono vivendo, non studiando sui libri. Il saggio per eccellenza è l'anziano: avendo vissuto egli possiede gli elementi della sua cultura e può trasmetterli. Egli è una biblioteca sempre disponibile e accessibile a tutti.
Infatti l'anziano, l'avo, il nanà, è costantemente presente nei racconti. Quando si presenta una situazione particolarmente difficile, quando si vivono momenti drammatici, senza via d'uscita, il vecchio si presenta e offre il consiglio appropriato, la chiave per risolvere il problema. Quasi sempre il nanà è una donna. La donna, ad una certa età, possiede tutti gli elementi della sua cultura, e anche quelli della cultura maschile.
Un bimbo che nasce non ha ancora vissuto, dunque non possiede conoscenze acquisite. Tutto quello che dice o fa, gli è stato comunicato da qualcuno, cioè dall'Essere Supremo Nyamian da cui proviene, tramite il mondo degli avi.

Gli inviati di Nyamian

L'infante è l'inviato dell'Essere Supremo che viene a salvare la società quando né l'uomo, né le altre divinità non possono più nulla. Ne è un'illustrazione plastica il racconto che segue.

C'era una volta un Re, un Re come quelli dei tempi antichi che aveva tutti i poteri. Questo Re aveva fatto una cosa che non doveva fare. Aveva preso Pitone e si era messo ad allevarlo. Nessuno poteva rivolgere la parola a questo Re. Se andavi per parlargli ti tagliava la testa.
Aveva dunque preso Pitone per allevarlo. Pitone cominciava ad ingrossare, cominciava a catturare i polli, ma nessuno poteva dire qualcosa. Pitone diventava sempre più grosso. Aveva due anni. Ora erano le pecore e le capre che catturava. Il Re continuava ad allevarlo. Pitone ingrossava sempre di più.
All'età di circa 4 anni cominciò a catturare i bambini. Se andavi nei campi e lasciavi il tuo bambino a casa, al tuo ritorno, Pitone l'aveva divorato. Ecco che i bambini che si trovavano nel villaggio erano stati divorati quasi tutti da Pitone.
Eh! Bisogna andare a trovare il Re per raccontargli ciò che sta capitando, per dire che Pitone ha divorato quasi tutti i ragazzi e le ragazze del villaggio.
Un giorno tutti si riunirono. Dissero: Amici, il Re sta distruggendo il nostro villaggio: bisogna dunque che noi tutti abbandoniamo questo villaggio.
Con loro c'erano anche due cacciatori. Questi due cacciatori abitavano nel villaggio. Quando andavano a caccia uccidevano sempre molta selvaggina.
Nel momento in cui tutti fuggivano dal villaggio, ecco che una donna aveva dato alla luce un bambino. Era proprio il mattino di quel giorno che il bambino era nato.
Esiste una grande zucca chiamata "songbo". Quando andarono via lasciarono il bambino deposto nella giara. Anche sua madre era andata via e l'aveva abbandonato. Il coltello che era servito per tagliare il funicolo ombelicale dell'infante, lo si era deposto accanto alla zucca.
Gli abitanti del villaggio erano fuggiti al mattino. Quando fu mezzogiorno, e mezzogiorno in punto, Pitone uscì e cominciò a passeggiare nel villaggio. Ecco che si mise a cantare:

HO FINITO DI MANGIARE
MA NON HO AVUTO SANGUE DA VERSARE
(tre volte) narratore
MIA MAMMA MI HA MESSO AL MONDO
MI HA ABBANDONATO IN UNA ZUCCA
E SE NE E' ANDATA
(tre volte) folla

Pitone disse:
Non c'è nessuno al villaggio per rispondere al mio canto? Eh! Voglio ben vedere!
Intonò di nuovo la sua canzone. Mentre passeggiava udì un canto che veniva da lontano. Si mise alla ricerca del luogo dove proveniva il canto. Giunto là dove si trovava l'infante, intonò di nuovo la sua canzone:
CANTO
Ora Pitone ha visto la zucca dove era deposto il neonato. Questo bimbo era Dio che l'aveva inviato. Pitone andò a posarsi vicino alla zucca. Il coltello che era servito per tagliare il funicolo ombelicale era il neonato che lo teneva nella sua mano. Nell'istante preciso in cui Pitone stava per afferrare il bambino, costui prese il coltello e lo infisse nelle fauci di Pitone: ecco: prrrrr... tengherennnnnn... Pitone è morto.
Gli uomini che aveva divorato, le pecore che aveva mangiato, tutti uscirono.
Ora coloro che erano fuggiti in foresta udirono un grande rumore laggiù al villaggio. Erano le pecore che belavano, le galline che starnazzavano. Tutti gridavano: le capre stavano belando, gli uomini vociferando. Eh! Bisogna andare a vedere ciò che capita laggiù nel villaggio!
Nessuno voleva muoversi. I cacciatori dissero: E' proprio necessario che si vada a vedere quello che è successo laggiù.
I cacciatori partirono. Giunti vicino al villaggio ecco gli uomini: tutti coloro che Pitone aveva divorato, erano tutti usciti. Le galline erano tutte uscite. Le capre, erano tutte uscite. Le pecore, erano tutte uscite. Cos'è successo?, domandarono i cacciatori.
Risposero: Eh! Il Neonato ha ucciso Pitone, è per questo che siamo tutti liberi. Bene, andiamo dal Re.
Ecco la ragione per cui oggi il Re non alleva più pitoni. Ecco anche la ragione per cui si trova oggi a fianco del sovrano un buon portavoce. Quando c'è una questione da trattare o un affare da giudicare, se il Re dice: "Questa questione deve essere risolta così, e al contrario il suo portavoce afferma:
"No, bisogna fare così", ecco che il Re ascolta il suo portavoce e lascia cadere l'affare.
Ecco il mio racconto.

VII- LE TENTAZIONI DEGLI ISRAELITI

L'intervento dell'Essere Supremo nei momenti drammatici, o il ricorso all'Essere Supremo in situazioni disperate, non è tipico dei Bona, né dei popoli africani in genere. Quest'atteggiamento lo si ritrova in altri popoli di estrazione culturale diversa, per esempio nel popolo ebreo.

Tentazioni perenni

Quando gli Israeliti sono passati da una economia nomade pastorale, parassitaria di raccolta, ad una economia agricola a sedi fisse, nella loro religione sono entrati in gioco nuove divinità che tentavano di soppiantare Yahvé, il Dio dell'Esodo.
L'agricoltura trasforma in modo radicale non solo l'economia, ma anche la sfera del sacro. Acquista un posto importante la terra, la donna, la sessualità, la fecondità, con le divinità annesse: i Baal e le Astarti. Le grandi guerre sono finite, si vivono tempi di pace e di relativa prosperità economica. Gli Israeliti si allontanano da Yahvé e si avvicinano alle divinità che hanno trovato sul posto, alle divinità dei loro vicini.
Quando poi sopraggiungono le catastrofi storiche, gli Israeliti ritornano sulla retta via. Si rivolgono di nuovo a Yahvé, perché solo lui può salvare:
Essi gridavano al Signore dicendo: abbiamo peccato, perché abbiamo abbandonato il Signore e servito ai Baal e alle Astarti. Liberaci ancora dalle mani dei nostri nemici e ti serviremo (1 Sam. 12,10)
E' lo stesso gesto del Bona che riscopre l'esistenza e l'onnipotenza di Nyamian, davanti all'estrema gravità di un pericolo: tutte le altre forze non possono fare nulla. Solo Nyamian può salvare, e di fatto interviene e salva.

Tempi ordinari e straordinari

Però in tempi normali il Bona si rivolge costantemente alle divinità più vicine. E' in loro che cerca protezione, rifugio, conforto.
Riassumendo l'analisi fin qui svolta si può concludere che il Bona crede ad un Essere Supremo che si situa al di sopra di tutti i sovrani terrestri, di tutti gli spiriti della foresta, antenati, feticci, amuleti. Di fatto però, nella sua vita di ogni giorno, nel suo cammino verso questa Divinità Suprema, nel suo desiderio di raggiungerla, si ferma per strada, rimane agli esseri spirituali più vicini, alle entità numinose che popolano il suo universo. Il ricorso agli intermediari, resi presenti in un supporto materiale, è semplicemente la manifestazione di una tendenza fondamentale dell'uomo, del suo desiderio di vivere con la divinità, in comunione con essa per beneficiare della sua protezione davanti a tutte le aggressioni della vita.

VIII-L'ANNUNCIO

Io missionario come mi situo davanti a questo mondo religioso tradizionale? Il mio annuncio del Vangelo viene a colmare un'attesa oppure resta qualcosa di importato, che non risponde a nessuna esigenza fondamentale dell'uomo verso il quale mi rivolgo? Affinché la notizia sia buona, affinché sia veramente una "buona notizia", essa deve essere percepita come tale dal "ricevente" e non solo dall'"emittente."
Ebbene io sono convinto che la Parola che annuncio è veramente una buona notizia, attesa, trasformante, vitalizzante: per me che la porto e per il Bona che la riceve.

La novità del Vangelo

Tocchiamo qui la novità radicale del messaggio cristiano, l'originalità del cristianesimo, l'essenza stessa della missione.
Nelle religioni tradizionali l'uomo cerca Dio, ma da solo non ce la fa ad arrivare fino a lui, a conoscerlo completamente. Qualcuno riesce a stabilire con Dio un rapporto più profondo degli altri, ma il mistero di Dio rimane nascosto, così come rimane nascosta la porta d'accesso a questo mistero. L'uomo, nella maggioranza dei casi, rimane per strada: ecco i feticci attraverso i quali l'uomo cerca di impossessarsi del sacro.
Nella religione cristiana non è più l'uomo che cerca Dio, ma è Dio che scende alla ricerca dell'uomo. E' il figlio di Dio che diventa figlio dell'uomo affinché il figlio dell'uomo diventi figlio di Dio, come dice S. Ireneo. E' questa la novità rivoluzionaria del Cristianesimo per rapporto alle altre religioni: Dio si è manifestato pienamente in Gesù Cristo.
Dio ha parlato e continua a parlare e a manifestarsi agli uomini in molti modi, ma Dio si manifesta e si rivela pienamente nella persona del figlio suo Gesù Cristo. Gesù è il Verbo, la Parola di Dio che si fa carne per rivelare il Padre (Gv. 1,18).
E' questa la buona novella che annuncio al Bona. Gli dico:
Ciò che i vostri avi hanno sempre desiderato, sperato, ciò a cui hanno teso con tutte le loro forze, senza mai poterlo raggiungere pienamente - cioè il loro desiderio di vivere non solo con dei sostitutivi della divinità, ma con la divinità stessa - ebbene io vengo ad annunziarvi che questo è possibile, che questo desiderio potete pienamente realizzarlo. Ciò che desiderate nel più profondo di voi stessi, quest'aspirazione di tutto il vostro essere verso la divinità, non è un sogno irrealizzabile. Dio stesso è venuto incontro a noi, dandoci il mezzo per raggiungerlo: Gesù Cristo. Riconoscendo nella fede che Gesù Cristo è il figlio di Dio, potete realizzare concretamente il vostro desiderio di vivere in comunione con la divinità. Accettando nella vostra vita Gesù Cristo, voi vivrete non più in comunione con dei feticci "opera di mano d'uomo" (Dt. 4,29), ma col figlio di Dio stesso, cioè con Dio, perché in Gesù abita tutta la pienezza delle divinità (Col. 2,9). Questo Essere Supremo non è lontano: ha un nome, un volto: Gesù! E' talmente vicino, si interessa talmente alla nostra vita, che è diventato uno di noi.

Dall'attesa all'incontro

Accogliendo Gesù Cristo, riconoscendo che Gesù di Nazareth è il Signore (Rom. 10,9), il Bona passa dall'attesa all'incontro. In Gesù Cristo il mistero rimasto nascosto nei secoli è svelato (Col. 1,26). Cristo è la porta d'accesso al Padre (Gv. 14,6). Egli rivela il vero volto del Padre (Mt. 11,27). In lui l'uomo può conoscere pienamente il Padre (Gv. 14,10). Come dice Ireneo: Il Figlio con la sua manifestazione dà la conoscenza del Padre... tutto viene manifestato per mezzo del Verbo (Adv Haer. IV,6.3).
Missione allora sarà: far conoscere il mistero rimasto nascosto nei secoli e da generazioni, realizzando l'avvento della Parola (Col. 1,25), proponendo agli uomini di credere a Cristo. Il riassunto del Vangelo è Dio che si incontra con l'uomo per renderlo Figlio di Dio e farlo vivere della sua stessa vita in piena comunione con lui (Gv. 1,12). Missione non sarà soprattutto piantare la chiesa in tutte le latitudini e longitudini del globo, ma proporre una Parola che è risposta a tutte le situazioni, individuali, collettive, culturali, di tutti i popoli. L'uomo diventa veramente uomo quando incontra Cristo che gli rivela il Padre (Gv. 12,45) e gli permette di vivere la sua vita in pienezza.

"Traduzione" del messaggio

Parlavo di questo un giorno a dei giovani. Alla mia domanda se avessero capito, ecco la risposta di uno di loro.
Quando ritorno al villaggio spiegherò quanto tu hai detto in questo modo. Una volta c'era un villaggio vicino ad una immensa foresta. Gli abitanti del villaggio avevano sentito parlare di un grande Re, buono e generoso, che abitava al di là della foresta. Tutti parlavano molto bene di quel Re. Le sue gesta erano sulla bocca di tutti. Nel cuore della gente nacque il desiderio di andare a trovarlo, di incontrarlo, di mettersi sotto la sua protezione. Ma quel Re abitava lontano, e la foresta era impenetrabile. Inviarono allora alcuni giovani con dei maceti per tentare di aprire una pista nella foresta. I giovani partirono e cominciarono a lavorare. Ma il Re abitava lontano, molto lontano. La foresta era densa, fitta, inestricabile, misteriosa. Davanti alle difficoltà i giovani si persero di coraggio. Proprio non ce la facevano più ad andare avanti. Si stancarono, si fermarono per strada e costruirono dei cascinali. Il Re ebbe sentore di questi giovani che lo cercavano e disse fra sé: "Ma guarda che bravi quei giovani! Volevano venire da me, ma non ce l'hanno fatta. Non hanno saputo trovare la strada giusta e si sono scoraggiati, sono rimasti per strada. Mando io mio figlio a dar loro una mano, ad aprire una strada in mezzo alla foresta". Il figlio del Re partì. Aprì la strada e si incontrò con le persone perse nella foresta. Disse loro: "Se volete venire a trovare quel Re che cercavate, venite con me, vi insegnerò io la strada, se mi seguite non vi perderete più. E' lui stesso che mi manda da voi perché ha saputo che lo cercavate. La strada ora esiste, l'ho aperta io."

L'incontro di Dio con l'uomo

Nella prospettiva cristiana che cosa diventano i feticci? Accogliendo Gesù Cristo il Bona non ha più bisogno dei feticci, degli amuleti, perché Dio, diventando uomo in Cristo, si mette alla portata dell'uomo.
Contrariamente a quanto crede il Bona, Dio non solo si interessa al vita di ciascuno, a tutti i dettagli della vita (Mt. 6,30), ma conosce tutti i bisogni, le richieste, le difficoltà, prima ancora che siano formulate (Mt. 7,8). E in Gesù ogni preghiera è esaudita (Lc. 11,24). Dio interviene non solo nei momenti drammatici, nell'estrema gravità di un pericolo, ma vigila costantemente su ogni uomo, perché è Padre provvedente di tutti (Lc. 12,30). Da quando Dio inviò suo Figlio nato da donna (Gal. 4,4) non c'è nessun altro popolo che ha la divinità così vicina a sé, come il Signore è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo (Dt. 4,7).

Un cammino normale verso l'incontro

Come vanno allora considerati questi feticci, cioè questi oggetti materiali coi quali l'uomo tenta di captare il sacro e di porlo al suo servizio?
La lettera agli Ebrei ci ricorda che Dio ha parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi per rivelarsi definitivamente in Cristo (Eb. 1,1). Dio si è rivelato pienamente in Gesù Cristo, ma si è anche manifestato in altri modi. La sua sapienza è come una nube che copre tutta la terra, ed è presente in ogni nazione del mondo (Ecc. 24,3-5).
Dio si lascia intravedere, ad esempio, nelle opere da lui compiute (Rom. 1,20) anche se non è facile per l'uomo riconoscere il Creatore. A coloro che negavano la risurrezione dei morti Teofilo di Antiochia si appellava ai tekmeria, agli indizi che Dio aveva messo a loro disposizione nei ritmi cosmici: le stagioni, i giorni e le notti: Non c'è forse una rinascita per i semi e per i frutti?.
Per Clemente di Roma il giorno e la notte rivelano la risurrezione: la notte si corica, il giorno si alza; se ne va il giorno, arriva la notte.

Epifanie dell'unica divinità

Possiamo assimilare ai fenomeni naturali le altre epifanie del sacro chiamate feticci: sono altrettanti linguaggi e presenze della divinità. Queste ierofanie elementari dominano l'esperienza degli Anyi-Bona, ma senza esaurirla. Non si potrebbe considerare questi supporti materiali del sacro come epifanie dell'unica divinità? Come incarnazioni parziali dell'unico Verbo di Dio che si è incarnato totalmente, perfettamente, pienamente in Cristo?. Le altre non sarebbero che pre-incarnazioni, prefigurazioni, tentativi umani di Incarnazione, di captare il sacro.
La libertà goduta da Dio gli permette di assumere qualsiasi forma, anche la più aberrante e assurda. Non si dimentichi che Yahvé ha trasmesso dei messaggi essenziali al suo popolo attraverso il profeta "pagano" Balaam e la sua asina, perché è Dio che mette nella bocca le parole che devono essere dette (Num. 23,11).
Tutti questi supporti del sacro potrebbero essere considerati non tappe degenerate del sentimento religioso di una umanità decaduta, ma tentativi di prefigurare il mistero dell'Incarnazione.
Come afferma Mircea Eliade dalla ierofania più elementare, per esempio la manifestazione del sacro in un oggetto qualsiasi, una pietra, un albero, un ruscello, alla ierofania suprema che per il cristiano è l'Incarnazione di Dio in Cristo, non vi sarebbe soluzione di continuità. Sarebbe sempre lo stesso atto misterioso: la manifestazione di una realtà che non appartiene al nostro mondo, in oggetti che fanno parte integrante del nostro mondo.

Simboli in attesa

La rivelazione non distrugge il senso precristiano dei simboli, aggiunge unicamente un nuovo valore. Per il credente il nuovo significato rende obsolete tutte le antiche accezioni. Il simbolo acquisisce un nuovo senso, ed è come trasformato in rivelazione. I "semi del Verbo" non possono che rinviare alla pienezza del Verbo.
Si può affermare, in un certo senso, che tutti questi simboli attendevano la determinazione del loro senso profondo e completo, dai nuovi valori apportati dal Cristianesimo: le modalità "pagane" del sacro non sarebbero che un cammino, una tensione, verso l'unica, vera, definitiva Incarnazione.
In questa luce la vita religiosa dell'umanità diventa allora nient'altro che un'attesa di Cristo in cui l'uomo trova la salvezza, poiché non c'è sulla terra altra persona inviata fra gli uomini, per la cui opera è necessario che siamo salvati. (At. 4,12).
E' una religione importata questa che annuncio oppure un coronamento, un compimento delle attese più vitali vissute nel profondo? Sono inviato per distruggere oppure per portare a termine un'opera che attende di essere completata?