La seduta narrativa

La veglia può essere aperta da una serie di storie raccontate da bambini, in attesa che arrivino gli adulti. Così, ad esempio, a Pambariba il 12 novembre 1981 e a Ngaroua il 22 gennaio 1982.
Qualche volta alcuni giovani prendono la parola accanto agli adulti. Può capitare che degli adulti invitino tale o tal altro giovane conosciuto per le sue "competenze" a tutti note. Ho visto questo a Pambariba, a Tanokoffikro, ad Anokikro.
Un altro modo di aprire la veglia è di iniziare con una serie di canzoni. I narratori, gli uni dopo gli altri, e ciascuno là dove è seduto, lanciano uno o più canti per "scaldare le storie" come amava ripetere Kwaku François.
I canti servono anche ad annunciare le storie che saranno narrate durante la seduta. Dopo il canto si sentono frasi come queste: "Narrerò il racconto della canzone che ho cantato". Ogni canzone, di solito, fa parte di una storia.

Il pubblico

Il pubblico è sempre molto numeroso e eterogeneo: vecchi, adulti, uomini, donne, giovani, ragazzi che frequentano le scuole o no, bambini di ogni età. I bambini sono sempre presenti, anche quando il contenuto dei testi non li interessa direttamente. La grande famiglia del villaggio si diverte insieme trattando tutto ciò che forma il tessuto della vita quotidiana.
Il narratore può essere uomo o donna. Di solito non possiede doti artistiche eccezionali. Si distingue dagli altri unicamente per la sua capacità a manovrare la parola.

I narratori

Poco alla volta in mezzo all'assemblea si forma "il cerchio dei narratori". Di solito gli uomini e le donne raccontano insieme, nella stessa serata, nella stessa seduta.
A Koun Fao invece la seduta aveva caratteristiche diverse. Gli uomini raccontavano da soli, le donne da sole. Le eccezioni erano rare. Nelle abitazioni maschili i narratori erano unicamente uomini, in quelle femminili, unicamente donne. Il 10 maggio 1982, nella grande corte di Kwabena Suame Edouard, gli uomini hanno invitato, a diverse riprese, le signore presenti ad intervenire, ma nessuna ha accettato. Kwaku François si è invece presentato spontaneamente una sera mentre le donne stavano narrando nella corte della Regina madre Abena Tamea. Si veda il testo "La divoratrice di bambini" in cui il narratore chiede quasi scusa del suo intervento: "Quando avrò terminato mi alzerò e le donne verranno al mio posto a continuare".
I narratori appartengono a diverse religioni: tradizionale, musulmana, cristiana, ma tutti stanno e raccontano insieme. Di solito fra loro non ci sono persone che parlano francese. I testi sono sempre narrati in bona. I narratori conoscevano anche altre lingue, per esempio: diula, kulango, abron, moré, lobi, ma chiedevo loro di raccontare unicamente in bona, non conoscendo le altre. Per i canti invece non era possibile dare indicazioni: erano cantati nella lingua d'origine. Una sola volta Kwaku François si è divertito a narrare in "francese", in un francese avoriano, ma era proprio per divertire in pubblico, il quale si dilettava più per la sua lingua che per la storia narrata.
Contrariamente ai narratori professionisti, di solito mascherati, e più attenti agli aspetti teatrali e spettacolari che non alla parola e al contenuto, i narratori non hanno particolari abbigliamenti e neppure utilizzano il maquillage.
Vestono normalmente, e sono seduti con gli altri in mezzo al pubblico, raccolto in cerchio. A volte il narratore viene al centro, vicino ad un tavoletto dove c'è il magnetofono. Può capitare che il narratore si alzi e si metta a mimare con vigore la sua storia. Di solito lo fa da seduto.
Il testo è sempre parlato, narrato, raccontato, mai cantato. Durante tutte le sedute narrative ho raccolto solo due storie cantate. Le due cantilene (chantefable) sono state cantate dallo stesso narratore, Kwaku François, e raccontano le vicende di due fratelli sorpresi dalla pioggia in foresta.


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