Origine delle favole

Sapete perché si raccontano favole in tutto il mondo? Lo sapete? Voglio spiegarvene la ragione. E' Ragno che le ha introdotte nel mondo Ragno era diventato adulto e aveva preso moglie. Sua moglie si chiamava Koro.
Ragno aveva un campo. Non era forse la moglie Koro che toglieva l'erba dal campo? Si, era proprio lei che aveva pulito il campo! Ogni volta che Koro se ne andava al campo, tutto quello che capitava laggiù, al suo ritorno, lo raccontava al marito. Questi rispondeva:
- Ho capito. Non ritornare più laggiù nel campo. D'ora innanzi voglio andarvi io che sono maschio.
Il giorno era cominciato. Ragno prese il suo coltellaccio e se ne andò nel suo campo. Lavorò tutta la mattina. Verso mezzogiorno volse lo sguardo in alto: ecco che improvvisamente cadde dal cielo una pelle di animale: chimo! Seguì una coda: eh! Poi ecco un seggio: oh cielo! Qualche tempo dopo ecco un uomo. Anche lui: vummmmm... eccolo arrivato.
- Ragno, buon lavoro!
- Eh, signore, benvenuto! Che notizie porti?
L'uomo rispose:
- Vengo ad augurarti buon lavoro!
- Anche io sono qui nel campo, sei arrivato e mi hai trovato, ecco un pezzo di igname abbrustolito, rispose l'uomo.
- Prendi allora un po' d'acqua.
- Non bevo acqua!
- Ma che vuoi allora?
- Cosa voglio? Battere gli uomini!
Prese allora Ragno e lo percosse, lo percosse...
Ogni volta che Ragno andava nel campo l'uomo lo batteva.
Un giorno, al suo ritorno, Ragno disse alla moglie:
- Eh, moglie mia, ho capito ora la questione di cui mi parlavi. Tu menti. Quell'uomo non picchia gli uomini.
La moglie domandò:
- Ma come mai il tuo volto è gonfio?
- Quando sono arrivato nel campo, rispose il marito, sono voluto entrare in foresta per tagliarmi un bastone e le vespe mi hanno punto.
In quel tempo Ragno aveva messo al mondo un figlio. Si chiamava Sekuma. Lo fece partire per l'Europa perché imparasse l'arte della lotta. Un giorno Koro chiamò il marito e gli disse:
- Vedi, quello che ti bastona ogni volta che vai nei campi è un maschio come te. Se tu non sei in grado di batterlo andrò io ad ucciderlo al tuo posto.
Il giorno seguente, al levar del sole, Koro prese i suoi arnesi e andò nel campo. Arrivata là si mise a lavorare. Quel tipo si presentò di nuovo e domandò:
- Dov'è tuo marito?
La donna rispose:
- Mio marito non è qui.
- Dunque non è venuto, ma tu o lui fa lo stesso.
Agguantò Koro e la percosse ben bene, tanto da farle gonfiare l'addome.
Koro andò a tagliare una liana, ne estrasse il succo, e tinse di rosso il suo coltello che diventò rosso sangue. Al suo ritorno disse:
- Marito mio, guarda. Quell'uomo che veniva sempre a batterti oggi l'ho ucciso. Osserva il coltello.
Ragno non stava più in sé dalla gioia. Andò a prendere il suo tamburo e si mise a tambureggiare, a danzare, e a cantare:
Koro è una donna che vince un uomo
ha vinto un uomo ha vinto un uomo
Koro grazie grazie grazie
Ragno non smetteva di andare avanti e indietro danzando e cantando. Danzò a lungo, molto a lungo. Poi depose il tamburo. Mangiarono e si coricarono.
Il mattino presto Ragno andò nel campo. Si mise a lavorare di buona lena. Lavorava come se fosse spinto da necessità. Ad un tratto alzando la testa verso l'alto vide che la pelle di animale stava discendendo dal cielo. Disse allora tra sé:
- Ma come! Mia moglie m'ha ucciso! Eccolo l'individuo!
- Signore, che notizie mi porti?
- La conosci la mia notizia...
Agguantò Ragno e lo percosse, lo percosse, lo percosse...
Al suo ritorno Ragno disse alla moglie:
- Koro, perché hai agito così nei miei confronti?
Rispose:
- Perché avrei dovuto fare altrimenti? Tu sei un uomo e quel tizio ti ha bastonato per molto tempo. Hai persino smesso di andare al campo. Io sono donna, vi sono andata, mi ha bastonata, non dovrei ingannarti perché colpisca anche te?
Si coricarono. Verso l'alba sentirono bussare alla porta.
- Avanti - risposero.
Ragno si alzò, aprì la porta e... vide suo figlio. Si mise a saltellare di gioia. Poi lo baciò e l'abbracciò.
Si scambiarono le notizie. Il figlio disse:
- Papà, quando mi hai messo al mondo m'hai detto di andare ad imparare l'arte della lotta. Sono partito e l'ho praticata per lungo tempo. Ora l'ho imparata bene e sono ritornato.
Ragno rispose:
- Ah! stanotte non ci coricheremo! Dopo la tua partenza, da quando mi hai lasciato c'è stato qualcuno che viene a battermi ogni volta che vado nel campo. Domani ci incontreremo con lui. Stanotte non dormiremo a lungo!
Al primo canto del gallo il figlio venne dal padre e gli disse:
- Papà, andiamo!
Partirono. Arrivati nel campo il figlio disse al padre:
- Papà, dov'è?
- Tu lavora, vedrai!
Stavano lavorando quando improvvisamente la pelle comparve nel cielo; si posò a terra. Scese il seggio e vi si posò sopra, e venne la coda. Poi l'uomo che si trovava seduto, immobile, disse:
- Signore, buon lavoro!
- Benvenuto a te, quali notizie porti?
- Le conosci le mie notizie.
Allora Sekuma, il figlio di Ragno, disse:
- Come le conosce! Vediamo!
Poi s'azzuffarono... Caro mio! Con un sol colpo il figlio del cielo fu steso a terra: gbum! Egli disse:
- Il mio piede è scivolato nel bagno delle mie mogli.
Si alzò e si azzuffarono di nuovo. Questa volta è Sekuma, il figlio di Ragno, che è steso a terra. Disse:
- Il mio piede è scivolato nel bagno delle mie mogli.
Si alzarono e furono di nuovo alle mani. Sekuma sollevò il figlio del cielo e lo lanciò a terra: gbum! Questi disse di nuovo:
- Il mio piede è scivolato nel bagno delle mie mogli.
Si sollevarono di nuovo e fré fré fré (rumore della lotta). Il figlio di Ragno sollevò il figlio del cielo e lo gettò a terra: gbum!
In quel momento la polvere era salita fino al cielo e stava per far morire tutti gli uomini che vi abitavano.
Dio inviò allora i suoi uccelli.
Chi fu il primo ad essere inviato?
Sparviero partì per primo. Fece appena alcuni metri e morì, ucciso dalla polvere.
Si inviò allora Avvoltoio. Avvoltoio, prima di partire, prese molta acqua e la tenne in bocca. A mano a mano che volava sputava un po' di acqua per diradare la polvere. Arrivato a terra vide il figlio del cielo e Sekuma che stavano battendosi. Il figlio del cielo si chiamava Kakabangoa. Erano sempre intenti a lottare. Avvoltoio ritornò subito, sputando sempre acqua sulla polvere. Arrivò: Dio disse:
- Vai a prendere quei due e portali da me.
Avvoltoio tornò sulla terra. Poi improvvisamente ecco una catena che discese dal cielo: fiiiii... fino a terra. I due lottatori si aggrapparono e salirono fino al cielo.
Dio disse loro:
- Ecco quanto mi è stato riferito di voi. Come si chiama tuo padre? - chiese a Sekuma.
Il giovane rispose:
- Mio padre si chiama Ragno.
- E tu come ti chiami?
- Mi chiamo Sekuma.
- Mio figlio si chiama Kakabangoa. Andate a cercare Ragno immediatamente. Poi la si fece risalire in fretta: hop, fu in cielo!
Dio convocò allora tutti i suoi notabili. Essi si riunirono. Poi Sekuma, figlio di Ragno, e Kakabangoa, figlio di Dio, si azzuffarono e si misero a lottare.
Quando tutti si furono riuniti e si fu d'accordo di lasciarli battere, dopo qualche pugno, il tempo di dire: eh!... Kakabangoa fu steso: plum! Disse:
- Il mio piede è scivolato nel bagno delle mie mogli.
Ripresero il combattimento. E' Sekuma questa volta che è steso a terra. Disse:
- Il mio piede è scivolato nel bagno delle mie mogli.
Gli spettatori dissero:
- Voi due, mettetevi bene a posto.
Ricominciarono la lotta. Sekuma fece uno sgambetto a Kakabangoa. Si tesero tutti e due e rimasero così per parecchio tempo. Poi caddero a terra. Ragno era seduto lì accanto e diceva:
-Sekuma, colpiscilo sulla bocca.
Sekuma finse di lasciarsi cadere a terra dolcemente. Allora Kakabangoa pensò di lasciargli libero il piede, ma subito l'altro lo tese, e pluf! Kakabangoa si ritrovò a terra.
Sekuma era lì in piedi. Il figlio di Dio restò a terra a lungo.
Alla fine si alzò e disse:
- Rimane ancora una prova.
Si azzuffarono di nuovo. Sekuma afferrò la testa di Kakabangoa sotto il braccio. Allora Kakabangoa sollevò Sekuma in aria.
Ma Sekuma teneva sempre il braccio attorno al collo dell'altro. Nel momento in cui questi lo fece ridiscendere Sekuma spinse Kakabangoa e plum! Kakabangoa si ritrovò disteso davanti a suo padre. Si cercò di sollevarlo, ma era tutto flaccido. Voleva tirarsi su da solo, ma non ce la faceva più. Dio disse allora a Ragno:
- Come! Ragno, veramente tuo figlio è più forte del mio! Dunque te ne supplico, dammi tuo figlio.
Ragno rispose:
- Signore Dio, mio figlio non posso dartelo.
Dio disse allora:
- Ti darò metà del mio villaggio con tutta la gente che vi abita, purché tu mi dia tuo figlio.
Ragno rispose:
- Hum! Signore Dio, guarda la piccola zucca che si trova laggiù... se posso avere quella zucca ti consegnerò mio figlio.
Un bambino, coperto di piaghe, si trovava vicino a Ragno.
Disse:
- Signori notabili, Ragno dice che se ottiene la piccola zucca che è laggiù, allora prenderà suo figlio e lo darà al Signore Dio.
Al bambino fu immediatamente tagliata la testa .
Ragno ripeté:
- Signore Dio, se ottengo la piccola zucca che è laggiù allora ti darò mio figlio.
A questo punto tutti capirono. Dissero:
- Quel bambino l'abbiamo ucciso per niente.
Il Signore Dio disse allora:
- Bene, vieni a scegliere, tra tutte le zucche, quella che desideri.
La più piccola delle zucche era piena di favole. Ragno scelse questa. Gliela strapparono di mano e la si mescolò con le altre. Ma Ragno scelse di nuovo la stessa. Gliela strapparono di nuovo. Ragno sceglieva sempre la stessa zucca. Allora tutti chiesero:
- E' proprio questa che desideri?
- Si - rispose.
- Prendila - dissero allora.
La zucca fu consegnata a Ragno. Egli consegnò Sekuma, suo figlio, a Dio.
Gli dissero:
- Ora puoi andartene. Mentre scendi lungo la catena, troverai sulla strada un albero da frutta e delle scimmie che stanno mangiando. Non fermarti sotto l'albero. Una volta arrivato a terra batterai il tamburo, così capiremo che sei disceso e potremo far risalire la catena. Se invece ti fermerai sotto l'albero e un frutto, staccandosi, cadrà sopra il tamburo, noi crederemo che sei arrivato, arrotoleremo la catena e tu cadrai.
Ragno rispose:
- Bene, ho capito.
Ragno si mise a scendere. Arrivato al luogo dove le scimmie mangiavano i frutti disse:
- Voglio mangiare anch'io i frutti che mangiano le scimmie.
Le scimmie raccolgono i frutti più maturi e li lanciano a Ragno che li prende e li mangia.
Ora c'è anche un mascalzone sulla cima dell'albero. Colse un frutto acerbo e grosso. Mirò il centro del tamburo e vi lanciò il frutto.
Il tamburo risuonò parecchie volte: kongon!
In cielo dissero:
- Ragno è arrivato.
Fecero risalire la catena.
- Non sono arrivato, non sono arrivato, non sono arrivato! - gridò Ragno, e si schiantò violentemente a terra.
La zucca si ruppe. Le favole si sparsero per il mondo intero.
Ecco come le favole sono arrivate nel mondo:
Ecco il senso del racconto.

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