In quella fine di secolo 19°, colui che, con pazienza e sensibilità fu artefice
di dialogo con i seguaci del Vodun, fu senza dubbio Francois STEINMETZ. Prima ancora di
succedere a Mgr Dartois nel 1906, come secondo Vicario Apostolico del Dahomey, Steinmetz
era stato un esperto nell’arte difficile del dialogo con le religioni tradizionali,
quand’era responsabile della missione di Ouidah, dal 1898 al 1905.
Leggiamo la sua stessa testimonianza dei primi anni di missione. "
Il S.Sacrificio della Messa della domenica attirava un buon numero di persone
credenti, alle quali si univano dei pagani, e persino dei "preti" delle
divinità locali. Questa era l l’immagine della stessa simpatia che la Chiesa
aveva suscitato nei primi secoli del cristianesimo, presso popolazioni semplici e sincere .
Un "prete" del "fa", divinità degli oracoli, Bokonon Agnilo,
sul quale la nostra religione esercitava un forte interesse, abitava un gruppo di case
(Agnilo Codji) situate a pochi km a sud della città.
La sua presenza regolare alla Messa festiva lo aveva reso famigliare a tutti.
Non faceva sfoggio nè ostentazione; vedendolo, si capiva che era una di quelle
anime votate al culto della loro divinità, ma sempre in attesa della vera religione,
e che benedirebbero il giorno in cui la dottrina del solo ver Dio sarebbe stata loro
rivelata.
Notai subito quell’uomo, e feci sua conoscenza in febbraio 1893....
La diceria popolare ha tessuto intorno a questa mia relazione con Agnilo, prete del Fa,
una leggenda : quest’uomo mi avrebbe "iniziato" all’interpretazione degli oracoli
della sua divinità.
Il fatto è che ...io avrei dovuto credere al Fa.
Da parte sua Agnilo si mostrava più intelligente di tanti suoi compatrioti;
non tardai a capire che aveva un cuore buono ed uno spirito solido. Da parte sua, non
tentò mai di contraddire la leggenda, che ormai era di dominio pubblico a Ouidah,
di una mia ipotetica "iniziazione" alla divinità Fa, perché
ciò aumentava il suo prestigio di "prete" che predice l’avvenire e
che fa conoscere la volontà degli dei ai suoi compatrioti.
Ma Agnilo non tentò nemmeno di sfruttare questa leggenda, per aumentare il numero
dei suoi clienti, e di trarne dei vantaggi.
Veniva sovente a trovarmi, dopo la Messa domenicale. All’inizio, uno dei ragazzi ospiti
alla Missione, faceva da interprete: Più tardi, ciò divenne inutile,
quando cioè la mia conoscenza della lingua Fon divenne più solida.
Un giorno decisi di contraccambiare le sue visite.... (segue il racconto della visita).
Agnilo proviene da Mokpa, nella zona Mahi, al centro del Dahomey. Il suo nome è
un’alterazione di wa ni gnilo (che significa: sii un esempio!), che in lingua Fon di
Abomey si dice wa ni lo.
Agnilo potrebbe, in modo naturale ed intelligente, diventare un ponte, per superare le
difficoltà nate dall’incontro-scontro fra la sua religione e la fede cattolica....
A dire il vero, i vodunnon raramente si mettevano contro la nostra religione in un modo
aperto; ma erano anche campioni di astuzia. Posso però vantarmi d’aver ottenuto
che rispettassero il cattolicesimo.
Nascevano tra di noi delle ostilità soprattutto quando essi volevano forzare,
con la complicità di certi genitori, la coscienza di giovani cristiani, obbligandoli
ad entrare nei "conventi", per essere iniziati al culto delle divinità
locali.
Devo ammettere, per essere giusto, che sovente diventavano remissivi, abbandonando
ogni intransigenza.
La costruzione della chiesa di Ouidah è stata un’occasione provvidenziale per
un miglior contatto con i féticheurs della zona. Fino a quel momento, Agnilo, il
prete del Fa, era il solo che veniva a farci visita. Nel 1903, col suo aiuto avevo
creato dei legami di amicizia con tutti i suoi confratelli della città. La nostra
chiesa sarebbe stata costruita in mattoni cotti e sabbia e cemento.
I nostri cristiani si erano addossati il compito del trasporto di terra e sabbia,
dalle cave fino al luogo del cantiere. Il trasporto sulla testa, a quel tempo, era
il solo possibile...
Una domenica Agnilo venne alla Missione dopo la Messa. Era serio ed aveva un’aria
di mistero. Dopo i saluti tradizionali, mi disse a bruciapelo: I vostri cristiani
trasportano la terra per la nuova chiesa. I pagani ed i loro preti potrebbero anch’
essi trasportare sabbia con i cristiani ?
"Perché no?- risposi. Dio è creatore di tutti Se i preti dei
feticci partecipano ai lavori per la costruzione del tempio destinato al culto di Dio,
significa che i quei preti riconoscono Dio come Padrone: il loro gesto sarà un
omaggio reso alla sua onnipotenza, che loro di fatto riconoscono già".
Il viso di Agnilo si rischiarò. "Grazie, i miei confratelli saranno
felici di sentire che possono unirsi ai cristiani, per costruire la chiesa".
I più sorpresi furono i cristiani quando, il lunedì, quei giovani preti
dei feticci vennero numerosi alla cava, con ceste, bacinelle ed altri recipienti, caricarsi
di terra e di sabbia e dirigersi contenti verso la Missione. Questo primo gruppo
lavorò duro fino a mezzogiorno; un secondo gruppo prese il loro posto al pomeriggio
fino al cader del sole.
Ci fu detto che i più anziani fra i preti dei feticci, stavano sui bordi della
cava, sorvegliando il lavoro, incoraggiando i loro uomini a più diligenza,
scuotendo gli indolenti, ed esigendo che i recipienti fossero pieni fino all’orlo.
I preti avevano fatto un passo verso di noi, per primi; sarebbe stato venir meno
alla carità ed alla giustizia non rispondere a questi gesti di amicizia. Non
ebbi dubbi, quando decisi di andare a casa loro, per ringraziarli, uno per uno.
Quello fu il gesto capace di stabilire fra loro e noi un sentiero d’intesa, che col
tempo si sarebbe allargato. Ciò aiutò molto ad appianare il risentimento
degli inizi, che alcuni di loro conservavano ancora nei confronti della religione cattolica.
I sacerdoti cattolici hanno a loro disposizione, attraverso la carità e la
comprensione, la chiave che può aprire i cuori dei pagani all’azione di Dio...
Ai giovani Missionari appena arrivati dall’Europa, ed agli allievi che, brucianti di
zelo cristiano, credevano di agir bene sfidando i sentimenti dei pagani noi non
abbaiamo mai smesso di consigliare il rispetto delle tradizioni del Paese, non
contrarie ai principi di civiltà cristiana.
Evitiamo ogni atto o parola azzardata che possa ferire i loro sentimenti religiosi:
Mostriamo loro gli errori, ma senza intemperanza di linguaggio. Non dimentichiamo i
consigli di S.Francesco di Sales "Si prendono più mosche con il miele
che con l’aceto".
Saremo più utili alla fede cattolica in questo paese con la dolcezza che
con la brutalità.
Questi consigli non erano inutili , soprattutto a Ouidah, dove il culto principale
era la zoolatria, cioè il culto del "dangbé" ( il pitone ).
Infatti gli scontri più gravi che abbiamo avuto con i preti feticisti di Ouidah
sono nati dalla profanazione del loro "dangbé".
Steinmetz dà notizia anche di qualche grano di sabbia negli ingranaggi di
questa simpatia...
Questi ... grani di sabbia sono piccoli scontri di Steinmetz con i seguaci del
famoso "dangbé", pitone sacro di Ouidah; sono anche gli scontri di
Borghero con i preti del "shango"; sono l’avvelenamento dei padri Holley ad
Abeokuta, e Moran a Atakpamé...
Questo fa capire chiaramente che i vounnon erano pronti a tutto, pur di difendere
i loro diritti, le loro prerogative ed il loro culto.
Questo comportamento diventa più chiaro se si comprende il carattere comunitario
del Vodun. Infatti i preti che noi chiamavamo féticheurs si ponevano come difensori
intransigenti dei culti ancestrali, nel nome del bene comune e per la protezione della loro
comunità tribale o nazionale.
E’ vero che ogni potere è tentato di abusi e di eccessi; ma l’intenzione di base
è giusta e nasce dalla necessità di preservare la vita e la solidarietà
del gruppo.
Bouche, da parte sua, scriveva con fine intuito "Non dimentichiamo il nostro passato
di Europei. Ciò che i Neri oggi sono e fanno, lo sono stati e l’hanno fatto i nostri
antenati. Se noi oggi siamo cambiati, lo dobbiamo a 19 secoli di cristianesimo, che hanno
cancellato le tracce delle nostre barbarie e degrado. Col cristianesimo anche i Neri si
affineranno e cresceranno..."