Due grandi missionari

Joseph Monney (1893/1947)

Un altro missionario SMA s’impegnò nello studio della tradizione religiosa del Dahomey: Joseph Monney. Svizzero d’origine, sacerdote e professore al Seminario Maggiore Saint Gall di Ouidah: lui si avvicina al Vodun dal punto di vista filosofico e teologico.
Dopo aver passato molti week ends con gli HUEDA delle rive del lago Ahémè, scrisse un libretto dal titolo "La vita profonda degli Huéda: contributo per una miglior conoscenza dell’anima Nera."
Al termine di pazienti e metodiche ricerche sul posto, in particolare a Ghézin, Monney ebbe il grande merito di far emergere dal groviglio di pratiche e di riti Vodun una saggezza ed una filosofia... precedendo di molti anni il P. Tempels e la sua "Filosofia Bantù".
Ecco dunque un breve riassunto della filosofia che emerge e che si celebra nel culto vodun degli Huéda. " La parola chiave del pensiero Huéda è VITA. Il Vodun è culto della vita; non vita individuale, ma comunitaria. Infatti l’individuo isolato non ha senso in sé; la vita di ogni Huéda dipende interamente - al nascere, nello sviluppo, nel compiersi - dagli Antenati, dai Vodun e dalla comunità famigliare o clanica.
La vita è una e indivisibile. Gli esseri invisibili e quelli visibili partecipano alla stessa vita; tutti gli esseri visibili e invisibili, ed i defunti, sono ugualmente vivi e presenti, di una presenza reale.
Il visibile è segno e sostegno simbolico dell’invisibile: Ogni oggetto materiale è simbolo di una realtà invisibile; ma certo oggetti lo sono più di altri. Il Vodun rappresenta e mantiene la relazione fra visibile e invisibile.
La vita è innanzitutto l’immediato, il quotidiano; è una lotta di oggi, di questo momento. Lo Huéda vive nel presente... vuole "mangiare" la vita ( du djè ) in unione con le forze vive (atchè) e con gli Antenati, con la comunità famigliare e tribale. La sua prima preoccupazione è quella di proteggere la vita, sempre fragile e minacciata. Ogni Huéda ha l’ambizione di vivere a lungo, di raggiungere il suo destino di diventare un antenato venerato che parteciperà al di là della morte alla vita del clan, con la dignità di Vodun famigliare.
In questa filosofia Huéda, l’uomo (gbeto, il vivente) è il centro del mondo, anzi del cosmo, il centro di un insieme di cerchi concentrici ( famiglia, villaggio, clan, tribù, etnia...)
E’ una concezione dinamica della vita, che è potenza, un insieme di forze, che possono anche essere ostili all’uomo.
Questa comunità è continuamente in guardia contro tutto ciò che potrebbe minacciare, ferire o indebolire la vita. Per questo, in ogni comunità ci devono essere delle persone forti, iniziate ai segreti della vita e dotate di poteri capaci di difendere e rendere sicura la vita della famiglia e del villaggio: questa è la ragion d’essere e la funzione del Vodun.
Certi rappresentanti della comunità sanno "riconoscere" le forze vive sparse nell’invisibile, e sanno pregarle, captarle con delle offerte.... in una parola sanno utilizzarle per il bene di ciascuno e soprattutto per il bene della comunità.
P.Monney mostra così che il Vodun viene sollecitato lungo tutta la vita dello Huéda, dalla concezione alla morte, e al di là.
Prima della sua nascita si celebrano due culti per il bambino: quello della fecondità e quello degli Antenati.

Prima della nascita

Culto della fecondità

Essere donna sterile o maschio impotente è una grande disgrazia.
Numerosi preparativi, più o meno rituali, favoriscono la nascita. Si consulta il "fa" che prescriverà un sacrificio ad un Vodun, e la madre avrà ormai l’obbligo di portare su di sè degli amuleti.
Altre prescrizioni riguardano i rapporti coniugali, l’igiene della donna (che deve usare l’acqua del Vodun) ed altre abluzioni con certe piante....

Culto degli Antenati

Gli Antenati sono la sorgente della vita; guai alla famiglia che fosse negligente o ritardasse troppo le cerimonie funebri. Sono offerte delle libazioni agli "assin" (oggetti simbolici, di solito in ferro, posti su piccoli altari e rappresentanti gli Antenati).
Gli Antenati saranno necessariamente consultati riguardo ad una prossima nascita.

Dopo la nascita

Il battesimo del bambino

Di solito 8 giorni dopo la nascita si celebra solennemente il rito della "nascita" del bambino. Si tratta di una specie di battesimo che vuole sancire la sua venuta nel mondo dei vivi. Per la prima volta lo si fa uscire dal luogo dov’è nato, lo si presenta al sole, pronunciando parole di benedizione. Poi, davanti a tutta la famiglia, lo si mette seduto su di una stuoia.... e se riesce a tenersi seduto per un breve tempo, senza cadere, se ne deduce che nella vita egli sarà capace di stare in piedi. Questa cerimonia varia, a seconda delle regioni.

L’avvenire del neonato

Si consulta poi l’indovino riguardo all’avvenire del neonato. Si conoscerà così il destino del bambino, il suo posto nella vita, nel clan, nel villaggio... Il "fa", consultato, dirà di chi, questo bambino, è l’incarnazione, l’erede, il successore. Solo allora, dopo che il Vodun della divinazione, il "fa", avrà rivelato il suo destino, gli sarà dato un nome che riassuma, più o meno chiaramente, quali saranno le sue qualità e le sue attribuzioni per la vita nella quale egli è appena entrato. Solo dopo questi riti di entrata nel mondo dei vivi ed aver ricevuto il suo nome, il neonato esiste veramente. Ma la sua esistenza dipende dalla grande vita della famiglia, del clan, della tribù... Questa dipendenza è manifestata esternamente in diversi modi; soprattutto con tatuaggi o cicatrici tribali, fatti nei primi anni dell’infanzia, in particolare sul viso. Il "fa" poi rivelerà certi tabù, cose proibita che il bambino dovrà rispettare tutta la sua vita.

Le tappe della vita

La vita del dahomeano è organizzata in diverse tappe e si articola attorno agli elementi della sua cultura: caccia, pesca, lavoro dei campi, matrimonio, feste, relazioni con la famiglia, che è quella vasta, complicata in più dalla poligamia.
Ognuna di queste tappe o attività o situazioni ha le sue leggi, le sue tradizioni, le sue proibizioni: L’autorità del Vodun è sempre presente per richiamare l’osservanza delle tradizioni ancestrali. Senza questa disciplina la vita del gruppo sarebbe continuamente in pericolo.
Si capisce allora come il Vodun, base del culto della vita, sia una saggezza che ha radici profonde nell’anima dei Neri e nella storia di queste società.

La vita: comunione con gli antenati

Il culto del Vodun è dunque il terreno vitale che tiene l’individuo in stretta dipendenza dal suo gruppo famigliare e sociale. Tuttavia ogni vita umana finisce prima o dopo, con la morte.
Qui subentra il culto degli Antenati. La coscienza famigliare e tribale che si nutre di vita, trova nel culto degli Antenati, invisibili ma presenti, la ragione profonda della sua perennità. La morte è in qualche modo esorcizzata; anzi diventa mediatrice tra l’individuo e la comunità, perchè egli vede negli Antenati ciò che vi è di più sicuro e rassicurante.
Il culto degli Antenati non si limita alle grandi cerimonie; si ha cura di onorare anche le tombe.
La loro presenza è simbolizzata dagli "assin", picchetti metallici di circa un metro, piantati in gruppo su di un piccolo altare di terra.
Le offerte e i piccoli sacrifici fatti agli "assin" somigliano alle libazioni e ad altri gesti rituali fatti ai Vodun stessi; ma pur trattandosi dello stesso culto della vita, queste offerte tuttavia non sono per gli stessi spiriti.
Questo studio fatto dal Monney ci ha già detto molto sul Vodun e sul suo ruolo nella società Huéda.

Paul Falcon - (1917/1980)

Le informazioni egli le ha avute da lunghe conversazioni con i suoi studenti del seminario maggiore e con tanta gente dei villaggi che egli evangelizzava.
Il suo studio titola " Religione del Vodun e Superstizione nel Sud-Dahomey".
Falcon situa i Vodun per rapporto a Dio e poi fa l’inventario dei vari Vodun.
Nota che questo pantheon è allo stesso tempo mitologia e cosmologia; tutto è dominato dalla coppia "legba-ifa", con alla base il culto degli Antenati.
Egli non dimentica le società segrete (come zangbéto, oro, égun, guèlédé...) considerate di utilità pubblica. Cerca di definire il Vodun, partendo dalla nozione di Potenza (atchè), ne osserva le caratteristiche: transe, possessione, iniziazione, sacrifici.... Si domanda in che misura si possa parlare di magia, di satanismo e di stregoneria... Cerca di capire quali residui del Vodun rimangono in coloro che diventano cristiani. Molti fra loro portano degli amuleti, dei grigris. Si va allora verso un certo sincretismo ? Quale tipo di superstizione esiste in Dahomey ? quali ne sono i rimedi?
In breve, Falcon afferma che i cristiani del Dahomey rimangono profondamente influenzati dal Vodun e mantengono una mentalità superstiziosa.
Ciò non può meravigliare, data l’importanza del Vodun nella vita quotidiana in Dahomey; poichè come abbiamo già sottolineato, dalla nascita alla morte, ed a tutti i livelli (individuale, sociale, famigliare, tribale...) il Vodun è presente ed attivo ovunque.