Concludiamo con una breve rassegna di ciò che è positivo nel vodun e di
ciò che è negativo.
1- il simbolismo molto ricco; ogni osservatore imparziale è
impressionato da questo senso acuto che il Nero ha del significato delle cose del
creato nel loro rapporto con le forze vive invisibili. Dovremmo riflettere noi cattolici,
facendo un confronto con la povertà dei nostri segni sacramentali...
2- una formazione completa; da capo a piedi il nuovo iniziato è trasformato.
Senza arrivare all’uso della "transe", alla scarificazione o ai tatuaggi
ed altri riti più discutibili...non si potrebbe, in Africa Nera, fare un uso
più largo di segni, di sacramentali; senza scimmiottare il vodun, ma trovando
ispirazione in questa mentalità simbolica ?
3- il senso della festa. Due sono gli aspetti del vodun: i riti segreti, riservati
agli iniziati, e le grandi cerimonie pubbliche spettacolari, che stanno a metà
strada fra il teatro popolare e le opere di tipo italiano. C’è tutto: orchestra
(tam tam), coro, solisti, danzatori, costumi... il tutto in uno spazio vasto e verdeggiante,
sul cui sfondo si alzano i muri di piccoli tempi ornati con pitture di vari colori.
Non appena i tam tam si scatenano, tutta la folla è rapita per delle ore in un
clima di delirio.
4- lo spirito comunitario ed il senso del bene pubblico, che sta alla base di tutta
l’organizzazione.
1- il vodun è fondato sulla paura, e non indietreggia davanti a
niente, pur di farsi obbedire, nemmeno all’uso dei veleni.
2- il vodun non tien conto di certi diritti umani, soprattutto della libertà
individuale, poichè trascina nel suo vounkpamè chi gli pare.
La natura di un oggetto è definita dal suo fine. Il fine principale
del vodun non è la lode e l’adorazione di Dio e la salvezza dell’anima. La ragion
d’essere del vodun è puramente materiale: ben mangiare e bere, la salute, aver
figli, la ricchezza, buoni raccolti, convivenza pacifica, ordine nella comunità...
Certo, il vodun ha l’apparenza e le forme di una religione, cioè ha delle
preghiere, dei sacrifici, delle offerte, delle relazioni segrete o rituali con il mondo
invisibile, col sacro in genere... Ma in tutto ciò non c’è mai riferimento
a Dio; Dio non ha un benché minimo posto o attenzione in questo culto. E’ vero
che i vodunnon moderni, più o meno coscientemente influenzati dal
cristianesimo o dall’islam, hanno detto al Papa che essi adorano Dio, per mezzo
del vodun... e se ne sono tornati a casa felici d’aver ricevuto dal Santo Padre
un riconoscimento ed uno statuto ufficiale.
Ma se c’è un po’ di vero in questo, lo è semplicemente per il
fatto che certi vodunnon cercano di mettere Dio al proprio servizio nella cose
quotidiane e magari di utilizzarlo nell’interesse dei loro clienti, siano essi
degli individui, siano essi delle delle comunità
Il Nero si sente diviso fra il culto che gli è imposto dal suo
ambiente tradizionale, e l’attrazione di una religione rivelata. " Quando sceglie,
egli non abbandona; non mette una nuova abitudine al posto della precedente: egli aggiunge,
sovrappone... Là dove qualcuno potrebbe vedere due situazioni contraddittorie, tra
le quali è doveroso scegliere, il Nero pensa che due certezze valgono più di
una, e che invece di eliminarsi a vicenda, esse si possono sommare".
Questo è il punto di vista equilibrato di mgr Marcel Agboton, vescovo di Kandi,
nel Nord-Bénin.
Non c’è- almeno fra i nostri cattolici - nessuna traccia di mescolanza di culti
e di riti: c’è solo la tendenza di sovrapporre. La paura, il bisogno di
sentirsi protetti, spingono il cristiano, di notte a consultare il bokonon (indovino),
a fare delle offerte ad un vodun; di giorno, a pregare Dio e lidarlo con tutto il cuore,
magari facendo parte del coro parrocchiale. Il danno più grande prodotto dal vodun,
è una mentalità di superstizione, il bisogno di una religione
"efficace", la ricerca di poteri magici, capaci di difenderci o di
ottenerci salute o denaro. Tutto questo, a lungo andare, fa nascere numerose
sette tipicamente africane.
E’ possibile, ma difficile: esige molta pazienza e simpatia reciproca.
E’ un dialogo difficile per il clero locale, che nella quasi totalità è
cresciuto fuori dalle tradizioni pagane e raramente riesce a vincere la paura atavica
del vodun. Il fatto poi di manifestare della simpatia e dell’amicizia verso i seguaci
del vodun rischia di apparire come un accordo di fondo.
Allora, sia per il missionario, sia per il sacerdote africano, un approccio del vodun
nella sua realtà profonda, non è facile. D’altra parte, sono due gli
aspetti del vodun:
a- l’aspetto pubblico, folkloristico, nel quale tutto sembra chiaro, alla
luce del sole...; è l’aspetto culturale, ma evidentemente non è
"...ciò che sta in fondo alla calebasse..."
b- l’aspetto occulto, esoterico, dove tutto è rigorosamente segreto.
E’ vero che ci sono offerte, sacrifici pubblici, che gli interessati vi assistono; ma
i riti iniziatici sono praticati in gran segreto, nella totale nudità di coloro
che vi partecipano ( l’uomo davanti al vodun deve essere nudo, nel suo stato naturale).
Alcuni rimproverano ai seguaci del vodun questo esoterismo intransigente e chiedono
ai vodun non di svelare i loro segreti, nell’interesse di tutti! Ma questo
sarebbe come domandare a questi "potenti" di segare il ramo sul quale
stanno seduti, poiché il segreto è il fondamento del loro potere.
Ma, detto tra di noi, ciò che sta "in fondo alla calebasse"
è proprio così misterioso e così potente, come essi
vogliono farci credere ?
Oggi il vodun è minacciato da due deviazioni, cioè
la tentazione di usarlo per il turismo esotico e per promuovere i valori culturali
africani, il che degrada il vodun a puro folklore ed a pura manifestazione profana.
Un vodun de-sacralizzato e banalizzato.
Non è raro ormai vedere, sulle terrazze dei grandi albrghi, un gruppo
teatrale che imita la danza del fuoco di "baba shango", o le acrobazie
dei sakpassi.
Più grave ancora, per scopi puramente lucrativi, i vodunnon esercitano
consultazioni notturne, fanno sacrifici, non a servizio di una comunità
famigliare o di villaggio... ma per un funzionario, un commerciante o un ministro,
che hanno paura della "chimica africana" (veleni) di chi sta loro intorno,
o temono che un oppositore faccia loro una fattura...
Qui siamo in piena magia, nel modo più volgare, in atti di stregoneria:
Unico scopo è quello di approfittare della credulità di una clientela
avida di protezione o in cerca di soluzione per dei problemi...
Questo ridurre il vodun ad un livello individualista è una falsificazione
evidente ed una corruzione fondamentale, dalle gravi conseguenze.
La società tradizionale sta "scoppiando" sotto la pressione di
una civiltà moderna individualista. Questo scontro sarà mortale anche
per il vodun autentico, che abbiamo cercato di descrivere ?
Forse sì, poiché, ormai si deve cercare il vero vodun, sempre
più lontano, nei villaggi più isolati della boscaglia africana.