Gli oggetti akan hanno la caratteristica di trasmettere un messaggio:
secondo il materiale con cui sono confezionati e la loro forma,
trasmettono idee differenti collegate alla storia, alla religione,
all'ideologia. Ciò è particolarmente visibile per
quanto riguarda gli oggetti riservati alla corte dove la complessità
e la gerarchia dei ruoli si servono di una complessa rete di simboli.
Una particolarità degli oggetti collegati al potere è
sovente la loro appartenenza al mondo delle cose quotidiane e
utili, rimanendo però inutilizzabili in queste funzioni:
non ci si siede sul seggio d'oro simbolo della nazione, non ci
si batte con le sciabole da cerimonia.
Un'altra caratteristica importante degli oggetti simbolici è
la loro relazione con il mondo della parola: ogni simbolo figurativo
è associato ad uno o più proverbi il cui significato
è sovente molto diverso: ciò implica la necessità
di una interpretazione permanente, che varia secondo le circostanze.
Alcuni esempi.
All'immagine del coccodrillo che tiene in bocca un pesce, sono
associati i seguenti proverbi:
Denkyemniampa a eduru afee a omene boo: "il grande coccodrillo che mangia ogni anno una pietra", e pietra ha qui il significato di palla di cannone e si riferisce alla posizione del capo di una delle armate della Confederazione ashanti;
Optire mene adee a omeme ma owura: "Quando il pesce mangia qualche cosa lo fa per il suo capo", ciò significa che il capo beneficia automaticamente del successo dei suoi sudditi;
Bomokyikiefiri nsuo mu beka se odenkyem awu a yennye no akyinnye: "Se questo pesce viene dal fiume ad annunciarti che il coccodrillo è morto, non è necessario discuterne", ciò significa che le persone che vivono insieme si conoscono reciprocamente. Un 'altra interpretazione di questo proverbio è quella che dà un potere supremo al capo e allo Stato.
Un gran numero di hanno simboli figurativi la cui iconografia
deriva dal mondo della natura (animali e piante), e della cultura
materiale.
Per meglio conoscere il simbolismo akan è necessario conoscere
le sfumature della lingua, l'etimologia dei nomi, l'utilizzo di
eufemismi, di giochi di parole e di tutti gli artifici della lingua
ed avere una sensibilità linguistica che permetta di cogliere
i diversi livelli d'analisi di uno stesso simbolo
E' inoltre conveniente conoscere gli animali e le piante più
famigliari del mondo akan; sono quelli di cui si conoscono meglio
le caratteristiche che sono oggetto delle antiche credenze. Le
piante recentemente introdotte in Africa non vengono usate come
simboli.
Bisogna inoltre sottolineare che numerosi oggetti, soprattutto
tra le insegne del potere, sono in relazione con avvenimenti storici:
possono infatti ricordare un successo o una battaglia. Per esempio
i seggi neri, e quelli che Claude Perrot chiama "Gli oggetti
testimoni".
i simboli figurativi più frequenti sono:
- la lucertola, simbolo di pace
- il cobra, ammirato per la sua abilità a raggiungere i
suoi obiettivi senza essere visto, caratteristica dei capi militari;
- la gallina che tiene sotto le ali i suoi pulcini, figura del
capo che, pur essendo un pò oppressivo, si prende cura
del suo popolo;
- la mano che tiene un uovo rappresenta il potere che non deve
essere né troppo autoritario né troppo debole;
- il porcospino (kotoko). E' raffigurato sovente sugli anelli.
Si tratta de l'Histrix cristata, roditore conosciuto per la sua
aggressività quando viene attaccato. Si credeva che potesse
lanciare le sue spine come frecce e poi sostituirle: è
divenuto cosìun potente simbolo politico e guerriero (non
bisogna dimenticare che gli Stati Akan erano impregnati di ideologie
guerriere). E' considerato come il simbolo della nazione ashanti;
oggi ha dato il suo nome ad una squadra di calcio.
- un uccello che tiene nel becco un barile di polvere e due cannoni
sulle ali; a questa immagine è associato un proverbio akan
molto conosciuto: Adwetakyi anomaa weremfoo te premo so,
"L'uccello Adwetaki si siede sui cannoni" rappresenta
l'uomo coraggioso che fronteggia tutti i suoi nemici.
Questi simboli come molti altri sono raffigurati sugli anelli,
sulle sciabole da cerimonia, sui bastoni dei porta-parola, sui
parasole ecc.
C'è una stretta relazione tra gli appellativi dati ai capi
e gli attributi materiali del loro seggio.
La regione occupata dagli Akan (Ashanti, Abron, Anyi-Ndenye e
Sannvi) è ricca di giacimenti auriferi; si trovano sul
"lineamento aurifero meridionale dell'Africa occidentale",
una fascia che si estende dal Ghana sud occidentale alla Costa
d'Avorio sud orientale su una lunghezza di 800 km e una larghezza
di circa 250 km.
L'oro aveva un ruolo economico considerevole; infatti era utilizzato
sia come moneta sia come merce negli scambi con i commercianti
europei della Costa e con i mercati del Sahel. Con l'oro si acquistavano
prodotti di lusso, armi europee, schiavi ed altre merci provenienti
dal nord.
Gli Stati che erano sotto la dominazione ashanti erano tuttavia
molto controllati nei loro scambi poiché erano costretti
a passare da Kumasi.
Lo sfruttamento di un terreno aurifero, che era un lavoro stagionale,
poteva essere effettuato da tutti gli uomini liberi; i ricchi
e soprattutto i capi potevano intraprendere questa attività
con un più grande spiegamento di risorse umane, come i
prigionieri e le persone stipendiate.
i capi riscuotevano multe in polvere d'oro grazie al loro potere
giudiziario e avevano anche diritto a tutte le pepite trovate
sul loro territorio.
Economicamente l'oro è molto importante ma è tuttavia
indispensabile sottolineare il carattere sacro dell'oro e di tutte
le attività relative alla sua ricerca, il suo sfruttamento,
il suo possesso.
Poiché si ritiene che questo metallo, considerato
vivente, si sposti sotto la terra, la sua ricerca è preceduta
e accompagnata da numerose precauzioni rituali: bisogna prima
di tutto offre dei sacrifici a Asye, la terra, perché
dia il suo consenso e accordi la sua protezione allo scavo del
terreno, che è sovente un'attività
pericolosa.
i minatori si astengono da rapporti sessuali, mentre le donne
mestruate sono allontanate dal luogo per evitare di contaminare
la terra. Alcuni giorni sono consacrati alla terra, come il mercoledì
di ogni settimana, durante i quali è proibita ogni attività
mineraria.
E' anche comprensibile, date le caratteristiche sacre del capo,
che le pepite, pezzi di metallo vivente estremamente pericolosi
non possano essere possedute che da qualcuno la cui forza sia
sufficiente per tollerare e dominare un tale danno.
La stretta relazione esistente tra i domini politici, economici
e religiosi è ben rappresentata da questo appannaggio dei
Re e dei capi di provincia.
Vengono chiamate regalia le insegne del potere regale: sono oggetti
di diversa natura che rappresentano la carica. il possesso delle
regalia è codificato dalla tradizione, cioè la detenzione
del potere supremo è strettamente legato al possesso di
certi oggetti carichi di importanza simbolica. Pur non essendo
tutti ornamenti del corpo, sono tuttavia oggetti che vengono esibiti
durante le grandi cerimonie.
Tra le occasioni in cui il Re si presenta in modo solenne al suo
popolo possiamo citare l'intronizzazione e i funerali del Re,
la festa dell'igname (odwira) e per il regno del Sanvi anche i
viaggi regali. Qui accanto vediamo nana Kwame Yeboua, feu sovrano degli Abron di Bondoukou,
durante la festa degli ignami.
Se il Re rappresenta la nazione con la quale è
in relazione mistica, tutti gli attributi delle sua carica diventano
attributi personali.
I tre poteri riuniti nelle mani del sovrano, economico politico
e religioso, sono rappresentati rispettivamente dal dia o tesoro,
la sciabola e il seggio. Per un nuovo Re l'entrare in possesso
di questi tre oggetti affidatigli dagli anziani, significa che
ha il potere assoluto nei tre domini e che è Re a pieno
titolo.
il dia che è un pacchetto custodito lontano da sguardi
indiscreti, contiene i pesi che servono per pesare l'oro delle
imposte, delle multe e l'oro destinato ad acquisti importanti.
E' mostrato raramente in pubblico, durante la festa dell'igname.
Qui accanto si vede questo pacchetto deposto ai piedi del seggio.
Il seggio è un oggetto diffuso e di uso quotidiano, è
utilizzato per prendere i pasti o per lavarsi, tuttavia ha anche
un valore simbolico politico. Presso gli Akan è anche sinonimo
di carica politica.
Poiché si ritiene che ci sia una stretta affinità
tra una persona e il suo seggio, il seggio del Re riveste un'importanza
particolare: era sempre a fianco del suo possessore durante le
sue apparizioni ufficiali in pubblico, dopo la sua morte viene
annerito con la fuliggine e il tuorlo dell'uovo e diventa un oggetto
di devozione poiché si ritiene che l'identità del
seggio con il suo possessore duri anche dopo la morte. La conservazione
dei seggi dei Re morti permette di ricostituire la lista dei Re
considerati legittimi.
Il seggio d'oro degli Ashanti, che secondo la tradizione è
di origine soprannaturale, è considerato come il seggio
nero d'Osei Tutu, il fondatore della nazione ashanti, e in virtù
di questa relazione, capo/seggio/carica, è oggetto di una
particolare venerazione. E' unico e nella storia, i vari tentativi
di imitazione sono stati duramente puniti; è anche di proprietà
esclusiva de l'asantehene.
Il seggio d'oro degli Ashanti ricorda una volta in piùla
fusione del politico e del religioso in queste società
Le sciabole come i seggi e lo dja sono oggetti che oltre al loro
utilizzo profano hanno un potere che le rende simboli di vita
e di morte. Per quanto riguarda la loro importanza politica e
simbolica le sciabole vengono subito dopo i seggi.
Queste sciabole differiscono le une dalle altre non solo per quanto
riguarda il loro utilizzo, ma anche per le loro dimensioni, la
loro forma e gli ornamenti che vengono applicati.
Sono formate da tre parti: la lama in ferro, sovente traforata
e decorata con motivi simbolici; doppia impugnatura in legno decorata
con lamelle dorate, il fodero in pelle di ghepardo o di capra.
Le sciabole sono utilizzate per prestare giuramento di fedeltà
a un capo o perché questi presti giuramento durante
la sua intronizzazione. Un tipo particolare di sciabola è
impiegato nei rituali di purificazione dell'anima del capo.
Le sciabole hanno nomi diversi secondo la loro forma e il loro
utilizzo: le akrafena, imbiancate con il caolino sono usate
nei rituali di purificazione del Re: le asomfofena, sono
impiegate come contrassegni che distinguono gli inviati di questo
o quel capo.
Un elemento frequente sulle sciabole da cerimonia è l'abosodee,
figurina in oro (che rappresenta un animale, una piante, un oggetto)
attaccata al fodero. Questa figurina può ricordare sia
una delle qualità del capo, sia un avvenimento storico,
sia un proverbio.
Un'indagine effettuata in dieci dei quattordici stati ashanti
riconosciuti ha reso noto che la maggior parte dei messaggi recati
dalle sciabole si riferivano alla virtù militare, all'unità
del matrilignaggio regale, alla responsabilità del capo
verso il suo popolo e ai problemi connessi alla gestione del potere.
Quando un capo appare in pubblico in pompa magna è accompagnato
anche dalle sue sciabole legate al suo rango e alla posizione
della sua carica nella piramide di cui il sovrano è il
vertice.
Queste sciabole possono essere classificate in due gruppi: le
akrafena, portate alla destra del Re, rappresentano il suo Kra
ossia la sua forza vitale, le bosomfena, portate alla sua sinistra
rappresentano il suo sunsum ovvero la sua personalità.
L'asantehene e i capi delle provincie importanti avevano diritto
a numerose sciabole, che, portate sulla spalla sinistra dai lori
servitori inviavano parecchi messaggi al pubblico: erano oggetti
testimoni della storia della nazione, poiché ogni
asantehene aveva l'abitudine di farne fare due.
Ogni sciabola principale de l'asantehene è anche attribuita
a un sovrano particolare. La loro data però non è
certa, perché ci possono anche essere copie di esemplari
perduti o danneggiati.
I porta-parola (kyeame) sono indispensabili nell'entourage del
sovrano. Sottomesso a numerose regole di protocollo, durante gli
incontri ufficiali e informali. il sovrano si esprime sempre attraverso
il suo portavoce.
I porta-parola venivano anche impiegati nelle missioni diplomatiche
e nelle ambasciate.
Gli emblemi caratteristici dei porta parola sono dei bastoni sormontati
da oggetti in legno decorati con lamelle dorate.
Questo tipo di bastone è molto recente; infatti quelli
che conosciamo oggi sono il frutto di una traslazione semantica
e di una lenta trasformazione formale dei bastoni in legno con
l'estremità d'argento, che gli Europei utilizzavano già
nel XVii secolo sulla Costa, come segno di riconoscimento per
i loro inviati. Successivamente, alcuni di questi bastoni furono
offerti ai Re della costa, che li utilizzavano come distintivi
di potere.
I bastoni, arrivati sulla Costa con gli Europei, assunsero significati
diversi man mano che erano impiegati nelle relazioni tra Europei
e autorità locali sovente difficili a causa delle non conoscenza
della lingua.
Tuttavia, la forma dei bastoni resta per molto tempo inalterata,
assumendo significati diversi secondo il contesto e il momento
storico; infatti i bastoni con altre insegne come le bandiere,
erano offerti ai capi indigeni per ragioni sovente politiche (segno
d'influenza o di alleanza inglese o olandese ecc.). Così
il bastone diventa sinonimo di negoziazione e emblema dei porta-parola.
I bastoni dei porta-parola con la sommità decorata è
il frutto di uno sviluppo tardivo: infatti i bastoni, come li
conosciamo ora sormontati da una figura in legno decorata con
lamelle dorate apparvero verso il 1890 sulla Costa e più
tardi nell'hinterland. Presso gli Ashanti bisogna attendere il
1924, data del ritorno de l'asantehene dal suo esilio, per avere
il permesso di utilizzarli.
i soggetti rappresentati sui bastoni sono:
- gli uccelli sankofa, con la testa girata all'indietro,
che esortano a fare tesoro dell'esperienza del passato;
- l'elefante in trappola, è associato al proverbio: "Nessuno
può mettere in trappola l'elefante": ciò significa
che il Re è sapiente e potente.
- L'uomo che prende il cibo da una ciotola mentre un altro lo
guarda, associato al proverbio che dice: "Mangia l'uomo che
ha qualcosa e non chi ha fame". il potere è rappresentato
dalla ciotola che può usare solo chi la possiede;
- una gallina con un gallo. A questa immagine è associato
il proverbio della gallina che sa quando si fa giorno ma lascia
che sia il gallo ad annunciarlo. E' evidente ancora una volta
l'allusione alla potenza del capo che è l'unico che può
proclamare qualche cosa che i suoi sudditi a volte sanno già.
i soggetti che abbiamo citato non esauriscono certo il numero
e la varietà delle immagini raffigurate sulle sommità
dei bastoni, tuttavia, malgrado la molteplicità delle forme,
l'interpretazione più frequente è la spiegazione
dell'influenza del potere.
L'arte della corte si esprime ancora attraverso parecchi altri
oggetti come gli scacciamosche, formati da un manico in legno
decorato con lamelle dorate e una coda di cavallo o di elefante;
sono portati dai membri della famiglia o del seguito reale.
i parasole sono più significativi; accompagnano sempre
il capo e servono sia a proteggerlo dal sole che a creare attorno
a lui uno spazio simbolico.
Date le loro dimensioni e i loro colori sgargianti, rendono subito
evidente l'apparizione del Re. inoltre, l'effetto spettacolare
e drammatico di questa apparizione è rafforzato dal suono
dei tamburi e l'oscillazione e la rotazione del parasole.
Anche le loro sommità sono in legno decorato con lamelle
dorate e inviano sovente messaggi simbolici che si trovano anche
su altri oggetti: saggezza e potere del capo. La figura di prekese,
frutto dall'odore molto forte è utilizzato frequentemente,
rappresenta il potere del capo che è sempre presente.
Gli Akan, tranne qualche leggera differenza, hanno tutti la stessa
concezione plurale della personalità, che è animata
da due principi. Presso gli Ashanti si tratta del Kra (ekala per
gli Anyi) che è considerata la forza vitale spirituale
dell'essere mentre il sunsun rappresenta le caratteristiche spirituali
individuali. il Kra è oggetto di culto e presso gli uomini
ricchi e i Re può essere trasferito in uno o più
schiavi, che sono così investiti di una grande importanza
rituale, poiché sono considerati come l'incarnazione dell'anima
del loro maestro. i Kra del Re indossano gli stessi abiti, mangiano
lo stesso cibo, l'accompagnano nei suoi spostamenti, e sono inoltre
i loro scudi contro attacchi malefici. Hanno inoltre un ruolo
essenziale nelle cerimonie di purificazione dell'anima del Re.
il segno esterno del loro statuto è presso gli Ashanti
e gli Abron una targhetta circolare d'oro appesa al collo, presso
gli Anyi Sannvi un collier distintivo (talie).
Oggi l'arte della corte ha subito molti cambiamenti, dovuti sia
all'impoverimento dei capi tradizionali che alla loro perdita
d'autorità. infatti presso gli Ashanti alcuni seggi che
erano esclusivi de l'asantehene sono ormai posseduti da altri
capi, e l'arte della corte ashanti è ora esportata in altri
Stati africani.
Oltre i simboli citati il Re e i capi hanno anche gioielli d'oro
e di perle rare, manti tessuti espressamente per loro, amuleti
considerati particolarmente potenti.
Di solito il sovrano calza sandali ornati d'oro, indossa un manto
Kente, porta anelli zoomorfi e fitomorfi, una corona, braccialetti
alla braccia e alle caviglie, due colliers con pendenti triangolari,
e un copricapo con decorazioni d'oro.
Gli ornamenti (manti, gioielli, amuleti) del capo, esemplari più
ricchi ed elaborati di quelli degli uomini comuni, sono realizzati
esclusivamente per lui e non possono essere riprodotti: ciò
per impedire ogni tentativo di rivalità ed anche per prevenire
gli attacchi malefici che potrebbero essergli indirizzati da oggetti
di dubbia provenienza.
Possono essere raggruppati in due diverse categorie: ornamenti
di esibizione e ornamenti protettori; questa divisione non è
tuttavia netta, e può capitare che un oggetto serva ad
entrambe le cose.
i manti Kente sono indispensabili nella parure dei Re e dei capi
akan. Sono formati da strisce tessute con motivi tradizionali
unite in modo da formare parecchi disegni diversi.
i manti tessuti per i Re e i capi non possono essere imitati.
Tuttavia, in Ghana Nkrumah avendo incoraggiato l'uso del Kente
come costume nazionale, è ora diffuso tra tutti quelli
che hanno i mezzi finanziari per poterlo acquistare.
Da studi fatti, gli anelli e i braccialetti sembra non abbiano
potere magico o protettivo, ma semplicemente una funzione di esibizione:
i braccialetti appannaggio esclusivo dei Re e delle regine madri,
sono rari presso le persone comuni, anche se realizzati in metalli
poveri.
Le regine madri hanno diritto ad un braccialetto speciale chiamato
babadua, perché la sua forma ricorda un arbusto che
per la sua rapida crescita è simbolo di fecondità
femminile.
Gli anelli invece, sono molto diffusi presso la gente comune,
e si crede possano avere potere protettivo, mentre gli anelli
d'oro, appartengono ai detentori di potere ma sembra non abbiano
mai avuto ruolo di amuleto.
Come altri oggetti dell'orificeria akan, rappresentano animali,
piante, oggetti, simboli frequenti ai quali sono associati parecchi
proverbi. in genere si tratta di sottolineare il coraggio, la
saggezza, la forza del capo.
Da un punto di vista simbolico i sandali hanno una grande importanza.
Non hanno solo le caratteristiche di ornamento regale (ricchezza
dei materiali e forme elaborate) ma isolano anche il Re dal suolo;
infatti il contatto del suo piede nudo con la terra potrebbe essere
molto dannoso poiché è impregnato di forza soprannaturale
e potente.
La salvaguardia di questa forza non è affidata solo ai
rituali di purificazione della sua anima e al culto del suo seggio,
ma anche ai suoi numerosi amuleti.
Molti oggetti sono contemporaneamente amuleti e decorativi. Ci
sono anche amuleti nascosti, che non possono essere visti da nessuno.
Alle braccia dei Re e dei capi di provincia si vedono sovente
nelle foto ufficiali degli ornamenti formati da targhette rettangolari
o circolari decorate con lamelle dorate, infilati in un cordone
di seta.
Presso gli Ashanti, Abron, Anyi, la diffusione e la fabbricazione
di questi ornamenti era affidata ai Kramoko, maghi mussulmani
venuti dalle savane settentrionali; l'aver adottato questi ornamenti,
anche se erano considerati molto potenti non fecero alcuna conversione
all'islam. inoltre bisogna tener presente che il loro statuto
religioso e politico impediva ogni conversione.
i Kramoko erano anche incaricati di confezionare gli amuleti cuciti
al costume che il Re mette quando viaggia o va in guerra, occasione
in cui è particolarmente necessario proteggerlo.
Un ultimo elemento della parure dei Re e dei capi, molto interessante
per le sue implicazioni politiche, economiche, religiose e magiche
sono le pepite che si trovano sovente al collo dei Re e dei capi
di provincia .
La parure del capo è una mescolanza di ornamenti protettori
e di esibizione: il potere magico e l'esaltazione della sua potenza
e del suo splendore sono assicurati dalla forza magica degli uni
e dalla ricchezza degli altri. Così l'isolamento e il carattere
eccezionale del capo, cima della piramide sociale non sono solo
sottolineati dai divieti e dall'etichetta ai quali è sottomesso,
ma sono anche materializzati dalla singolarità della sua
parure e dei suoi emblemi, con i quali come per le regalia, nessuno
può competere impunemente.
Guendalina Sertorio
(1) Foto delle pepite, courtesy: Michael Conner
Si veda il sito:
Oro Akan