Ragno, Lepre, Iena: personaggi delle favole e loro significato

Il parere di Gabriel Atta Koffi

L'interesse per questi personaggi

Il mio interesse per questo lavoro deriva dalla mia lunga riflessione sul destino singolare di questi animaletti nella saggezza africana. Sono arrivato, su questo punto, a conclusioni significativamente diverse da quelli della signora Djarassouba che dice, in sostanza, che è a causa dell'intelligenza dei due animali che essi occupano un posto così centrale nelle favole.
Ha poi in seguito sfumato questa prima affermazione notando come l'aspetto deforme del ragno gli faccia facilmente assumere ogni tipo di astuzia, di furbizia, di ingnni. Questa osservazione ci pare molto pertinente.
Ma torniamo all'assunto principale. Ragni e Lepri sono animali intelligenti?
L'intelligenza ha qualcosa a che fare con la loro enorme celebrità? La mia risposta è no. Mi pare di poter provare questa verità: il ragno e la lepre sono gli eroi preferiti delle favole perché sono animali perfettamente stupidi, tra i più stupidi del regno animale. Ovviamente, il Ragno fugge a tutta velocità non appena gli avvicini il dito. Lepre scatta a 100 all'ora al minimo allarme.
Ma tutti lo sanno perfettamente; questa non è una prova intelligenza.
Inoltre, i fabulatori non cercavano animali intelligenti perché avrebbero limitato, circoscritto, ridotto, le loro azioni e avventure.
Invece avevano bisogno di trovare animali insignificanti, stupidi, ma noti a tutti. Nella zona forestale c'era quindi il ragno. Lo si trova in tutte le case, su tutte le pareti. Questa creatura era quindi familiare a tutti coloro che ascoltavano le favole.
Nella zona della savana, l'animale onnipresente era la lepre. Lo si vede quasi tutti i giorni nei campi, che corre a tutta velocità.

Raccontare le loro avventure

Il narratore di favole è un creatore di avventure, di storie con, molto spesso, conclusioni morali. Affinché la storia possa essere memorizzata più facilmente, bisogna trovare personaggi conosciuti: in foresta Ragno, in savana Lepre, associata spesso a Iena. Questi noti esseri dovrebbero essere tutti intelligenti? No! Il narratore delle favole si sarebbe sentito limitato nella sua possibilità espressiva di fabulazione, perché avrebbe dovuto tener conto delle abitudini ben note della personalità dei suoi eroi. Con la lepre e il ragno, nessuna limitazione di questo tipo: il ragno trascorre interi mesi appeso allo stesso muro. E' tutto quello che conosciamo, non ha abitudini particolari, speciali.
Lo stesso vale per la lepre: è un animale timido e segreto che vediamo solo, di tanto in tanto, quando andiano nei campi.
Quali sono le sue abitudini? Nessuno le conosce, nessuno lo ha mai visto vivere. Poiché sono stupidi e riservati, questi animali sono vicini e lontani. Vicini perché li vediamo tutti i giorni, lontani perché non sappiamo nulla delle loro abitudini, per il semplice fatto che magari non ne hanno.
Da quanto precede, possiamo fare nostro il principio di André Maurois che dice: per essere ammirati, siate distanti, lontani.
All'uomo solitario, orgoglioso, distante, lontano si presta ogni tipo di pensiero, azione, comportamento, si favoleggia sul suo conto, per es. il generale De Gaulle. Poiché non lo si conosce gli si attribuisce ogni tipo di comportamento inventando e immaginando quello che potrebbe fare.

Il fabulista non ama la scimmia

I narratori facevano di tutto per evitare gli animali troppo conosciuti come intelligenti. Il cane appare molto raramente nelle storie. Compagno dell'uomo, manifesta una una certa intelligenza. Ha abitudini precise, conosciute. Non è quindi uno strumento idealmente malleabile: si dovrebbe tenere conto del comportamento specifico, che riduce la possibilità di fabulazione.
La scimmia "oggetto di vergogna e derisione per l'uomo" appare ancora più raramente. Nella mia zona di foresta i favolisti lo inseriscono solo in storie drammatiche.
Questo potrebbe essere dovuto al caso. Tuttavia, il fabulista non ama molto la scimmia. Essa ricorda troppo l'uomo e poi ha modi ben noti: non si può mitizzare a proprio piacimento sul suo conto, non ha la stupidità e insignificanza del ragno o lepre.
Nelle popolazioni della savana, o in quelle che abitano le zone che uniscono il foresta e savana, la iena appare molto spesso nelle favole. Quasi quanto il ragno o la lepre. Perché la iena è anche una bestia segreta, sconosciuta, e poi è un animale della notte.
Ma si vede molto spesso nei villaggi la sera, dove viene portar via una pecoraq o una capra. Nei campi, lo si può vedere accovacciato su una carogna che scatta via non appena sente l'odore dell'uomo. E poi la iena fisicamente è simile cane, senza presentare come questo, l'inconveniente di avere abitudini e atteggiamenti noti. Ma, per il fabulista, non dobbiamo insistere su questa somiglianza, per ovvi motivi.
Quindi, dato che il cane è noto per essere intelligente, la iena diventerà il prototipo della sciocchezza, della stupidità, dell'avidità.
È costantemente ingannata, presa in giro, ridicolizzata da ragno o lepre. Eppure, in realtà, la iena è molto più intelligente di queste due.
Lo strano destino del ragno e della lepre nelle favole è dunque legato a due elementi: desiderio del favolista di avere eroi insignificanti, ma noti a tutti; insignificante per poter raccontare tutto ciò che si vuole sul loro conto senza rischi di contraddizione; conosciuti da tutti in modo che la favola possa interessare.

Gabriel Atta Koffi
Abidjan, 1971