La veglia narrativa


La veglia narrativa la magia della notte

Abitualmente le favole, le storie, non sono narrate al di fuori delle veglia narrativa che è il luogo naturale della “loro vita”, il loro luogo d'origine, il luogo della loro nascita.
La veglia ha luogo la sera, dopo il pasto, nei cortili delle varie abitazioni, o sulla piazza del villaggio.
Talvolta si possono raccogliere testi durante la giornata per far piacere al richiedente. Mi è capitato un paio di volte a Koun Fao e ad Abidjan, quando la maestra Jacqueline e Adja Tamea, la Regina Madre do Tanokoffikro, moglie di Tano Koffi, mi hanno narrato alcune storie.
Ma di solito non avviene. Quando capita allora i testi sono di un altro tipo, non sono più delle storie, delle favole, cioè ngoa, come vengono chiamati in anyi, ma djorè kpa, cioè “storie vere”, qualcosa di solido: miti sulle origini, miti filosofici (origine del potere, delle istituzioni sociali, concezione del mondo, etc.) Il 18 aprile 1982 il capo villaggio di Koun Abronso, Kwame Yeboua, m'ha raccontato una di queste “storie vere”, una domenica pomeriggio, durante una visita privata.
Qualcuna do queste storie può essre inserita anche all'interno di una veglia ordinaria, ma allora il narratore lo fa notare. Avverte il pubblico che la sua storia non è come le altre, non è un ngoa, ma un djorè kpa.
Ecco, ad esempio, con quanta insistenza Kouakou Kra sottolinea la differenza fra la storia che sta per raccontare, e le altre:
“La storia che racconterò è una storia dei tempi antichi: è questo che vi racconterò. Non sono come le storie che stiamo raccontando. Non è la stessa cosa. Colui che sa scrivere non ha che da prendere il suo quaderno e scrivere. E' una storia degli anziani che vi racconterò. Una storia vera dei temi antichi, che vi racconterò”. La veglia può essere aperta da una serie di storie raccontate da bambini, in attesa che gli adulti arrivino. E' successo questo a Pambariba il 12/11/1981 e a Ngaraoua le 22/1/1982, due villaggi della parrocchia di Koun Abronso, nella sottoprefettura di Koun Fao.
A volte può capitare che dei giovani siano invitati ad intervenire, invitati dagli adulti, magari giovani conosciuti per le loro “competenze”. Ho visto questo a Pambariba, Tanokoffikro e Anokikro, sempre vllaggi della parrocchia che visitavo.
Un altro modo di aprile la veglia è di iniziare con una serie di canzoni. I narratori, gli uni dopo gli altri, e ognuno nel suo angolino, intonano uno o due canti per “scaldare l'atmosfera”, o meglio “per scaldare le storie” come amava ripetere Kouakou François.
Questo è anche un modo per annunciare le storie che si racconteranno durante la seduta. Dopo il canto si possono sentire frasi come: “racconterò la storia della canzone che ho cantato”. Ogni canzone, di solito fa parte di un racconto

Pubblico e Narratori

Il pubblico è sempre numeroso ed eterogeneo: vecchi, adulti, uomini, donne, giovani, educati e non, bambini. I bambini sono sempre presenti, anche quando i contenuti non li riguardano direttamente. La famiglia del villaggio si diverte insieme trattando tutto ciò che costituisce il tessuto della vita quotidiana.
Poco alla volta in mezzo all'assemblea si forma "il cerchio dei narratori"..
Di solito gli uomini e le donne raccontano insieme, nella stessa serata, nella stessa seduta.
Quasi in tutti i villaggi è così: Koun Abronso, Pambariba, Broukro, Ngaraou, Akayao, Kongodia, Tanokoffikro, Akrassikro, ecc ....
A Koun Fao invece la seduta aveva caratteristiche diverse. Gli uomini raccontavano da soli, le donne da sole. Le eccezioni erano rare. Nelle abitazioni maschili i narratori erano unicamente uomini, in quelle femminili, unicamente donne. Il 10 maggio 1982, nella grande corte di Kwabena Suame Edouard, gli uomini hanno invitato, a diverse riprese, le signore presenti ad intervenire, ma nessuna ha accettato. Kwaku François si è invece presentato spontaneamente una sera mentre le donne stavano narrando nella corte della Regina madre Abena Tamea. Si veda il testo "La divoratrice di bambini" in cui il narratore chiede quasi scusa del suo intervento: "Quando avrò terminato mi alzerò e le donne verranno al mio posto a continuare".
In questo villaggio c'erano quattro cortili in cui andavo regolarmente per le veglie: Kwame Ahingora, Koabenan Kra, Koabenan Suame. Per le donne: la corte della Regina Madre Abena Ndoka.
I narratori appartengono a diverse religioni: tradizionale, musulmana, cristiana (cattolici e Protestanti), ma tutti stanno e raccontano insieme. Di solito fra loro non ci sono persone che parlano francese. I testi sono sempre narrati in bona. I narratori conoscevano anche altre lingue, per esempio: diula, kulango, abron, moré, lobi, ma chiedevo loro di raccontare unicamente in bona, non conoscendo le altre. Per i canti invece non era possibile dare indicazioni: erano cantati nella lingua d'origine. Una sola volta Kwaku François si è divertito a narrare in "francese", in un francese avoriano, ma era proprio per divertire in pubblico, il quale si dilettava più per la sua lingua che per la storia narrata.
Contrariamente ai narratori professionisti, di solito mascherati, e più attenti agli aspetti teatrali e spettacolari che non alla parola e al contenuto, i narratori non hanno particolari abbigliamenti e neppure utilizzano il maquillage.
Vestono normalmente, e sono seduti con gli altri in mezzo al pubblico, raccolto in cerchio. A volte il narratore viene al centro, vicino ad un tavoletto dove c'è il magnetofono. Può capitare che il narratore si alzi e si metta a mimare con vigore la sua storia, magari anche con qualche passo di danza. Di solito lo fa da seduto, obbligando il suo corpo ad assumere ed esprimere gli atteggiamenti raccontati dalla storia.
Il testo è sempre parlato, narrato, raccontato, mai cantato. Durante tutte le sedute narrative ho raccolto solo due storie cantate. Le due cantilene (chantefable) sono state cantate dallo stesso narratore, Kwaku François, in tempi diversi, e narrano le vicende di due fratelli sorpresi dalla pioggia in foresta. Uno aveva costruito un riparo per proteggersi dalla pioggia, ma era poi stato ucciso da una vipera sulla via del ritorno
Il narratore è sempre accompagnato da un "amico" che risponde alla sua parola, che accoglie la parola pronunciata.
La storia non viene mai raccontata in un solo getto. Il fabulatore narra la sua storia in brevi sequenze. in segmenti narrativi, "accolti" dal suo interlocutore che glieli rimanda sotto forma di eco.
La storia è quindi composta da un insieme di brevi sequenze narrative, e dalla risposta dell'interlocutore.
Data l'importanza di questo personaggio, vedremo la funzione di questo personaggio essenziale, in seguito.

Dialogo continuo fra narratori e pubblico.

Il narratore è in continuo dialogo con il suo pubblico, sia attraverso il suo interlocutore, sia dal pubblico con brevi interiezioni,interpellazioni, brevi commenti, sia con canzoni.
I racconti che non includono canzoni cantate dal narratore e raccolte dalla folla sono molto rari.
Oltre a queste canzoni interne, che sono parte integrante della storia, ci sono canzoni esterne, che sono estranee alla storia del narratore. Questo può essere interrotto in qualsiasi momento da qualcuno del pubblico che annuncia la sua entrata sulla scena, ad esempio, dicendo: il giorno in cui questi eventi accadevano io non ero forse lì? L'interlocutore, o il narratore, gli chiederà: è wo brè ka sè?: Eri lì come? Vale a dire: se tu eri lì cosa hai visto? Risponde a questa domanda con una canzone, ripetuta dalla folla una o più volte.
Queste canzoni possono anche essere cantate tra due racconti, mentre i narratori si succedono. Hanno lo scopo di annunciare storie future o di scuotere il pubblico quando l'attenzione cala.
Queste canzoni esterne sono lasciate alla libera iniziativa dei partecipanti. Ognuno può cantare la canzone che vuole e in lingue diverse dalla lingua usata dal narratore. Ma con un'eccezione. Non possono prendere il posto del narratore. Nessuno ha il diritto di interrompere il narratore per cantare una canzone "interna" al racconto, una canzone che il narratore canterà durante la sua storia. Il 9 maggio 1982, Thomas Appésika di Koun Fao interruppe Koabena Kra André, che stava raccontando le disavventure di Regno che veniva percosso da Kakabangoa ogni volta che andava nei campi.
Ad un certo punto della storia, Koro, la moglie di Spider, ingannata da suo marito, lo inganna a sua volta fornendogli la prova di aver ucciso il suo persecutore; Proprio in quel momento Thomas chiede la parola e inizia a cantare una canzone. Immediatamente è stato fermato e fischiato dalla folla.
Era la canzone che il cantastorie avrebbe cantato lui stesso fra pochi momenti: ha ringraziato sua moglie Koro e ha cantato la sua gioia per essere stato liberato da colui che lo percuoteva ogni giorno.
Il narratore è in continuo dialogo con il suo pubblico, sia attraverso il suo interlocutore, sia tramite arresti diretti o, soprattutto, con canzoni. I racconti che non includono canzoni cantate dal narratore e raccolte dalla folla sono molto rari.