La funzione dell'Epicentro o agente ritmico


L'interlocutore

Il narratore, mentre racconta, non si rivolge mmai a tutto il pubblico. Parla sempre e solo ad un "amico" che risponde alla sua parola, cioè la accoglie e gliela ritrasmette. La storia non è mai raccontata tutto di seguito, senza interruzioni, ma per piccole frasi, brevi sequenze, rivolte all'interlocutore, il quale le rimanda al narratore sotto forma di eco, o di brevi locuzioni. Il testo è così composto di segmenti o di sequenze narrative.
Questo amico può presentarsi lui stesso all'inizio della seduta dicendo, per esempio: "Sono io che risponderò", oppure può rivolgersi ad un narratore chiedendogli: "Kwaku, chiamami"! Ma di solito è ogni narratore che interpella il suo interlocutore prima di iniziare a parlare. Kvabena Kra André dirà a Yao Fieni: "Yao, sono pronto", e così inizia il racconto. Kuaku François dirà all'amico Victor: "Bene! Kwaku Anane Victor, sarai tu che risponderai alla mia storia, alla storia che io Ayui Kwaku François racconterò".

L'epicentro

Questo personaggio chiamato epicentro (là dove si dirige la parola) o agente ritmico (conferisce un ritmo al testo emesso) è presente a tutte le sedute. La parola arriva al pubblico passando obbligatoriamente attraverso un interlocutore, che è una struttura essenziale dell'emissione della parola pubblica nella società anyi. La parola pubblica deve necessariamente passare attraverso questo personaggio per arrivare all'uditorio. La parola non può cadere nel vuoto. Qualcuno deve accoglierla e ritrasmetterla. Per questo l'amico accompagna sempre il narratore e lo segue come la sua ombra.
Nella seduta ci sono tre grandi attori: narratore, interlocutore, folla, ma i due principali sono il narratore e l'epicentro: sono loro che manovrano la parola. Tutta l'attenzione della folla è polarizzata attorno a questi due personaggi.
L'epicentro assume anche parecchie funzioni secondarie, oltre a quella fondamentale di accogliere e dare un ritmo alla parola emessa. Si possono sentire frasi come queste: "In quel momento non ero forse là anch'io?". E la risposta sottesa è evidente: si, si eri là anche tu, e sei stato testimone dei fatti che state narrando, li hai visti anche tu, si sono svolti davanti ai tuoi occhi, dunque sono veri.

L'inversione dei ruoli

Durante la veglia i ruoli possono invertirsi: il narratore diventa interlocutore e l'interlocutore narratore.
Altre volte il suo intervento non si riduce unicamente a brevi locuzioni, è più elaborato. Kwaku François aveva quasi sempre con lui l'amico Anane Victor che non solo accoglieva, ma commentava, abbelliva, arricchiva, completava, le sue storie. Quasi racconti narrati a due. Un altro caso di intervento più attivo dell'interlocutore si produce quando il narratore dimentica qualche dettaglio importante, qualche sequenza, o addirittura salta o dimentica parti del testo.

Fra i Limba della Liberia

Ruth Finnegan, parlando dei racconti di limba, scrive che il narratore apre la sua "performance" chiedendo ad un amico di rispondere alla sua parola. È lui che fa da intermediario tra il narratore e il pubblico facendolo partecipare pienamente alla narrazione. Questo personaggio è un elemento centrale nella seduta narrativa fra i Limba.
Lo stesso processo si trova fra i Bona. Il narratore racconta sempre la sua storia a un "amico" che funge da collegamento tra lui e il pubblico.
È a questo interlocutore che la parola è sempre indirizzata. Nel mezzo del pubblico, o talvolta anche accanto al narratore, riceve la parola e la rimanda.
Per questo motivo questo personaggio sarà chiamato "epicentro", il centro dove converge il discorso, dove si dirige la parola.
Finnegan chiama questo personaggio il “rispondente”, il "risponditore", colui che risponde, l'interlocutore. Scrive:
"Il narratore sceglie di volta in volta un particolare amico e lo chiama come interlocutore invitandolo a rispondere alla sua storia.
Una volta designato deve punteggiare la storia con frasi come: sì, mm, davvero, guardami ... nei momenti appropriati
"(1). Questo personaggio sembra avere una maggiore importanza e un significato più profondo frai Bona della Costa d'Avorio che fra i Limba della Liberia.
Analizzeremo la funzione di questo personaggio partendo da una storia che ha un duplice scopo: mostrare come i testi sono narrati all'interno della veglia, e allo stesso tempo scoprire l'origine di questo personaggio nella società Anyi-Bona.
La storia è presentata come viene raccontata, in piccoli segmenti: la parola del narratore e la parola del "suo amico" che riceve la parola. Nelle risposte si mantiene, dove è possibile, le espressioni della lingua bona. Spesso la risposta è un fonema con tono alto, basso, modulato, semplice, doppio.
Queste risposte possono essere tradotte come "sì", ma questo dà solo un senso molto parziale della parola usata.
Per questo motivo manteniamo il testo originale; quando la risposta è una frase completa, è tradotta.
Il testo è presentato quasi senza punteggiatura. Quando il narratore fa una breve pausa lo indicheremo con una barra, quando la pausa sarà più lunga ci saranno due barre.


1) R.FINNEGAN, Oral Literature in Africa, London, 1970, 322.
2) Comoé Krou appelle ce personnage «celui qui gémit sur la parole», car ses réponses ressemblent à des gemissements. B.C.KROU, Sagesse ancienne, Ann. Univ. d'Abidjan, F-V (1973), 42-43.
3) R.FINNEGAN, Limba Stories and Story-Telling, op.cit. 67-69.