La Festa degli Ignami
Rituali per rigenerare la vita



L'igname è una pianta il cui tubero costituisce l'alimento base di molti popoli. Fra gli Anyi-Bona della Costa d'Avorio, al momento del raccolto, si celebra una festa con straordinarie somiglianze al simbolismo cristiano della vita e della luce della Veglia pasquale.

I preparativi della festa

Uno dei momenti più importanti e vissuti con maggior intensità dalla società Agni-Bona è l'annuale festa degli ignami. L'igname è una pianta a stelo rampicante coltivata in tutta al Costa d'Avorio. Propria dell'America è però molto diffusa in Africa e nelle regioni tropicali. Il suo tubero costituisce la base dell'alimentazione di parecchie popolazioni far le quali gli Agni-Bona. Quest'alimento è talmente importante che, al momento del raccolto, lo si celebra con una gran festa che raggruppa tutto il villaggio attorno agli antenati.

Nel tardo pomeriggio della vigilia il battitore dei tamburi passa per le vie dell'abitato annunciando l'inizio della festa. Nel frattempo gli uomini e i giovani preparano dei grossi tronchetti di circa un metro di lunghezza e dai 20 ai 30 centimetri di diametro da offrire ai capi e agli anziani del villaggio.

Igname, sorgente di vita

Eccoli, infatti, che, all'imbrunire, si riuniscono davanti all'abitazione del capo villaggio, ognuno con il suo tronchetto sulle spalle. I tamburi si mettono a suonare e tutti, in coro, intonano un antico canto in onore dei loro capi. Poi, uno alla volta, entrano nella corte del sovrano: un inchino profondo ai piedi del capo seduto su un tronetto e l'offerta del dono dicendo: "Ecco il tuo ceppo". E' questo il segno della loro "obbedienza annuale", il gesto traduce la loro sottomissione e nello stesso tempo riconosce l'autorità.

I tronchi sono usati per la preparazione del cibo, alcuni, invece, sono accesi nella serata stessa e arderanno tutta la notte. Un tempo si spegnevano tutti fuochi del villaggio e ognuno veniva ad attingere il nuovo fuoco dai ceppi accesi nella corte del capo. Oggi questo non succede più. Esiste solo il gesto rituale di spegnere il vecchio fuoco nelle corte del sovrano e di riaccendere il nuovo coi ceppi offerti.

Si lasciano accesi tutta la notte perché si pensa che i capi defunti ritornino in quest'occasione a scaldarsi. Lo stesso fuoco arderà nei cortili dei capi famiglia. Mentre i viventi sono avvolti nel sonno, quelli che un tempo furono gli abitanti del villaggio ritornano e passeggiano fermandosi nelle loro antiche dimore.

Un rito cristiano

Nei giorni precedenti si sono risolti i litigi ed eliminati i rancori. Dopo questa pulizia...interna, si passa a quell'esterna: abitazioni, utensili da cucina, casseruole, mortai, piloni (grossi pestelli coi quali si tritura l'igname bollito), ecc. E' una festa in cui tutto e tutti devono rinnovarsi: bisogna togliere la sporcizia che nell'anno trascorso si è accumulata in persone e cose. Tutti sono vestiti a festa, non soltanto gli uomini, ma anche gli strumenti della vita quotidiana. I muri sono ripassati con terra rossa, i focolai ridipinti, i mortai e i pestelli lavati e ornati con disegni.

Dopo la cena ci riuniamo in chiesa dove iniziamo il rituale cristiano della festa. La celebrazione liturgica proposta assume i valori e la ricerca di comunione con gli antenati e con Dio presenti nel rituale tradizionale.

La preghiera della vigilia è centrata sul tema del passaggio da una vita sminuita dalla presenza del peccato e del male ad una vita rinnovata in Cristo; per simboleggiare questo passaggio iniziamo nell'oscurità. La gente arrivando appende le lampade a petrolio mettendole al minimo. La chiesa è immersa nelle tenebre. Quando poi si accende il cero pasquale, segno di Cristo che con la sua luce allontana le tenebre, sono accese tutte le altre lampade e si spande nella chiesa una luce calda e diffusa. La liturgia continua sulla falsa riga della notte pasquale.

Nella corte del capo villaggio

Il mattino seguente ci ritroviamo nel cortile del capo villaggio dove sono convenuti i suoi notabili e il suo portavoce. Avevamo chiesto, qualche giorno prima, la sua approvazione per iniziare la festa con una preghiera cristiana, ecco la sua risposta: "Una volta quando vedevamo i bianchi fuggivamo, ora mangiamo insieme".

Il capo è in tenuta di gala: toga tradizionale policroma, tutti gioielli d'apparato, corona intarsiata d'oro, sandaletti, anelli, bracciali, il tutto d'oro o dorato. Dopo aver salutato il capo e i suoi notabili, il portavoce chiede la nouvelle, cioè la ragione della nostra visita. Il catechista allora parla e spiega il significato della nostra preghiera: è la comunità cristiana che si raduna attorno alla suprema autorità del villaggio per mettere il suo potere sotto la protezione di colui da cui proviene ogni autorità e implorare la bontà di Dio sul capo e su tutto il villaggio. La preghiera, un forma litanica, è scandita dal ritmo dei tamburi.

In chiesa

Questa preghiera "regale" termina in chiesa con la liturgia eucaristica. Processionalmente partiamo tutti insieme dal cortile del sovrano. Davanti al capo, il suo porta scettro, il suo portavoce, i notabili. Dietro i tamburini con la corale, noi padri e tutta al folla.

In chiesa abbiamo preparato un tronetto speciale, e una serie di sedie per il capo e i suoi notabili. Davanti all'altare i nuovi tuberi con i vari legumi locali usati per i condimenti. All'offertorio, danzando, le ragazze del villaggio porteranno le offerte e i nuovi frutti. La corale accompagna la danza con un canto ritmato dai tamburi. Segue la benedizione dei tuberi di igname e l'offerta dei bambini nati durante l'anno. Termina qui in chiesa la parte propriamente cristiana della celebrazione. E' nella liturgia eucaristica che è realizzata la piena comunione con Dio e, in Lui, con tutti gli antenati e con l'universo intero.

Le cerimonie tradizionali

Le cerimonie tradizionali iniziano verso le dieci del mattino davanti all'abitazione del capo. Una fanciulla porta sul capo il seggio degli antenati avvolto in un drappo. Un ricco parasole di velluto e una lettiga riccamente ornata e addobbata attendono il sovrano. Egli si avvicina e vi si adagia. Otto giovani sollevano al lettiga sulle proprie spalle. Inizia il corteo. Si è preparato uno spazio, non lontano da una sorgente, in cui la prima moglie del sovrano gli laverà le mani, braccia, piedi, gambe, volto accentrando nella sua purificazione quella di tutto il villaggio. "partecipata" poi alla folla, da un'anziana matrona, con l'aspersione.

Sacrificio e offerta

Il ritorno È trionfale. Quello che si sta celebrando è uno dei momenti più solenni della vita del gruppo, è un inno corale alla perenne vitalità della comunità fondata sull'unione con gli antenati che continuano ad assicurare protezione ai loro successori.

Rientrati nel cortile del capo, ci si prepara alla parte centrale della cerimonia: offerta della bevanda, del cibo, delle vittime. Al centro del cortile il seggio degli antenati, l'oggetto più sacro. E' un seggio molto antico che l'antenato fondatore ha portato dal Ghana durante l'esodo dai padri.

Come prima offerta è presentata la bevanda: il capo la versa lentamente invocando il nome dei suoi predecessori. E' la volta, quindi, del cibo, del nuovo tubero. L'igname è stato bollito la sera prima, poi ridotto in farinata. Il capo ne depone manciate sul seggio in offerta simbolica. L'igname per il rito è di due qualità: bianco e giallastro, cioè con o senza olio di palma. Ogni antenato può fare la propria scelta.

Segue il sacrificio dell'agnello. Tenendosi chino sul seggio e con una mano su di esso, il capo lo presenta agli antenati reali facendo contemporaneamente una grande preghiera di intercessione per tutto il villaggio. Chiede benedizioni sui raccolti, prosperità… nel lavoro, fecondità per le donne, riuscita negli studi per i figli, salute fisica per tutti, pace fra tutte le componenti della popolazione. A preghiera terminata sacrifica l'animale facendo colare parte del sangue sul seggio e il resto in un bacile: ogni cosa sarà rigenerata nel sangue della vittima.

Il momento più solenne

E' il momento centrale e più sacro di tutta la cerimonia. E' qui che tutto converge, in questa comunione rinnovata fra tutti i membri della comunità. Infatti, le invocazioni, accompagnate dalle libagioni agli antenati e alle divinità familiari cui sono offerte le primizie dei nuovi frutti e il sangue delle vittime, hanno come scopo il renderli presenti, cioè di concentrare la loro forza benefica nella persona del sovrano e attraverso questa in tutto il popolo.

I legami di fraternità sono riaffermati e rinsaldati; tutti hanno ora ricevuto un supplemento di vita, le energie necessarie per affrontare il nuovo anno. Anche gli oggetti sacri sono rinvigoriti.

Le danze

La festa continua sul ritmo di una sagra paesana. Dopo le cerimonie pubbliche iniziano quelle private. Verso sera il sovrano invita gli uomini che la sera prima gli avevano donato i ceppi e offre a tutti delle bevande di ringraziamento. Di solito 20 litri di linfa di palma: la bevanda usuale dei Bona.

Nel pomeriggio le bambine e le fanciulle passano di casa in casa danzando il noro. Eseguono questa danza in cerchio, gettandosi nelle braccia di una compagna e pronunciando il nome di un giovane amato, reale o immaginario. La danza simboleggia il fiorire della vita, la gioia di vivere, la prosperità, l'abbondanza dei raccolti. La sera della festa sono tutti nel cortile del capo del villaggio per ringraziarlo di tutte le sue attenzioni.