Quando un capo scompare

Sono le 21,30. Il catechista Albert entra e dice: "Padre, vieni, il famian sta molto male". Si tratta del capo superiore degli Assuadié. I Bona sono divisi in quattro gruppi maggiori: Assuadié, Abradé, Amanvuna, Dengaso. A capo di ogni gruppo un sovrano, il detentore del potere politico, che è nel medesimo tempo l'anello di congiunzione tra i viventi e gli avi regali defunti. Il sovrano, chiamato famian, è il successore dell'antenato fondatore.

Le ultime ore

Il sovrano ammalato risiede a Koun Banoua, a tre km da Koun Abronso, dove abito. Era ammalato da parecchio tempo. Qualche tempo prima aveva chiesto il battesimo. Si stava spegnendo a poco a poco, consunto dall'età.

Albert continua: "Vieni a dargli il sacramento degli infermi". Il tempo per prendere il necessario e in cinque minuti siamo a Koun Banoua. Entro nella cameretta dell'ammalato. Sul letto giace uno scheletro ricoperto di pelle. Tasto il polso. Lo sento normale, anche se debole. Ha una forte febbre, ma il respiro è regolare. Gli pongo la mano sulla fronte. Ha la forza di muoversi, di guardarmi. Mi riconosce, abbozza un sorriso. Riceve il sacramento degli infermi. Preghiamo con i presenti.

Esco e mi fermo un po' di tempo con i notabili riuniti nella corte adiacente la cameretta. Sono tutti nervosi. Mi chiedono la ragione delle visita. Rispondo: "Non c'è nulla di male, è solo una visita per augurarvi la buona sera". E' la formula d'uso. Mi rispondono allo stesso modo: "La sera è calata, anche noi siamo qui, non c'è nulla di male, sei arrivato e ci hai trovato qui". Parliamo del più e del meno. Prima di chiedere congedo dico: "E' grave, ma la morte non è imminente. Ritornerò domattina presto".

La scomparsa nella notte

L'indomani, poco dopo l'alba, scendo come promesso. Trovo la porta della corte sbarrata. Busso. Albert mi apre e mi da subito la notizia: il sovrano è mancato all'alba. Entro, saluto i notabili. Mi chiedono la notizia. Rispondo: "Il giorno si è levato, non porto cattive notizie, vengo per augurarvi il buon giorno, è per questo che sono venuto". Mi rispondono: "Il giorno si è levato, anche noi siamo qui, anche qui nessuna cattiva notizia, sei arrivato e ci hai trovati qui riuniti". "Grazie per tutto quello che fate qui", concludo io. E' la formula consacrata quando la notizia è buona.

Albert mi chiede di accompagnarlo a comperare la formalina. Scendiamo a Agnibilekro, a 45 km dove si trova la farmacia più vicina. Strada facendo mi dà i particolari degli ultimi momenti del defunto. Verso mezzanotte si sono accorti che non c'era più nulla da fare. Poco alla volta tutti coloro che erano attorno all'ammalato se ne sono andati. Prima le mogli, poi i vari notabili. Il famian deve morire da solo, come un grande. Nessuno deve assisterlo negli ultimi momenti della sua vita.

Giunta la morte, Albert lava la salma, facendola appoggiare sul cadavere di un cane. Un tempo al posto del cane c'era il corpo di una schiavo. Arriviamo ad Agnibilekro. Il farmacista ci chiede a che serve la formalina. Glielo spieghiamo. "Ce ne vogliono due litri, ci dice. Li prendiamo e partiamo. Sono ormai le 10.30. Andiamo a cercare l'infermiere. Scende con noi. Cerca di iniettare la formalina con una semplice siringa, a ben presto si accorge di non poter fare due litri di iniezioni con una piccola siringa. D'altronde i tessuti si stanno irrigidendo. Opta allora per il sistema della trasfusione. Infila un ago nella cassa toracica. Il liquido entra piano piano.

La "malattia"

Nessuno sa ancora che il famian è "gravemente ammalato". Per annunciare la sua malattia si usa questa perifrasi: il sovrano ha male ai denti. Poco alla volta la notizia si diffonde. La gente comincia ad affluire nella corte regale. Tutti vengono ad accertarsi della gravità della malattia e ad augurare una pronta guarigione.

La prima delegazione ufficiale ad arrivare è quella del "figlio" di Dodassué, un villaggio ad una decina di km di distanza. Senza la sua presenza non si può fare nulla. E' il "figlio" che deve venire ad accertarsi della gravità della malattia del padre, e mettere in opera tutti i mezzi per curarlo. Sono ancora io che vado a cercarlo. Arriva, saluta gli anziani riuniti. Gli chiedono la notizia. Risponde: "Ero ai campi, sono venuti a cercarmi, dicendomi che è successo qualcosa di grave. Mi hanno invitato a venire qui, ed eccomi arrivato". Gli rispondono: "L'altro giorno il famian si è ammalato, la sua malattia è veramente seria, è per questo che ti abbiamo mandato a chiamare, perché tu venga ad accertarti della gravità della malattia e fare tutto quello che puoi per curarlo".

Il "figlio" di Dodassué non è nient'altro che il capo del villaggio. Il suo seggio degli antenati si trova, per rapporto al seggio del sovrano defunto, in legame di figlio. Il seggio principale del gruppo è circondato da seggi minori che hanno con lui gli stessi legami di parentela che intercorrono fra i membri di una medesima famiglia.

Vengono avvertiti anche gli altri capi della zona. Poco alla volta tutti arrivano. Vengono a trovare l'ammalato e a offrire un po' di denaro per acquistare medicine. Nessuno può vederlo. Viene loro invariabilmente risposto: "Stiamo curandolo". La cura è affidata a due aburua, discendenti di antichi schiavi. Sono loro che sorvegliano la cameretta dove si cura l'ammalato e che controllano il decorso della malattia. Un tempo il periodo ufficiale della malattia durava tre mesi. Si attendeva che tutto il liquame cadaverico fuoriuscisse, poi lo si inumava e si annunciava la morte.

Rituali in foresta

Dal giorno della proclamazione pubblica della malattia gli aburua hanno sbarrato la porta della corte. Per entrare bisogna chiedere il loro permesso sollecitandolo con doni, in natura o in denaro. I due portano le insegne del re defunto, il suo scettro, i suoi manti, i suoi anelli, la sua corona. Assicurano l'interim, fino alla proclamazione del nuovo sovrano. Sono dei re fittizi. Hanno il compito di mettere in risalto la funzione del vero re. Quando la presenza del vero re è benefica e vitale, tanto la loro è malefica e distruttrice.

A fianco del villaggio si è scavata una tomba rivestita di cemento. E' qui che verrà tumulata provvisoriamente la salma in attesa di trasportarla definitivamente nel cimitero regale di Pala Goura. E' laggiù, al limite tra foresta e savana, in un torrente, che vengono sepolti definitivamente i sovrani Bona. Pala Goura è il luogo della prima installazione del gruppo dopo l'esodo dal Ghana. I sovrani sono sepolti in foresta per evitare la profanazione delle tombe. Un tempo gli Ashanti, un popolo del Ghana spesso in guerra coi Bona, venivano a tagliare la testa ai sovrani defunti per ornare i loro tamburi.

L'inumazione avviene a notte inoltrata. Chiedo il permesso di partecipare. Me lo accordano. Di fatto avviene poco prima di mezzanotte. Si fa in forma privata. Sono presenti sono i notabili e i familiari del defunto. Sulla tomba si sacrifica un cane. E' l'animale più vicino all'uomo. Tiene il posto di uno schiavo. I tempi cambiano.

L'arrivo delle delegazioni

Il sovrano è inumato, ma.... non è ancora morto. Si consulta un indovino, che danza, danza a lungo. "La malattia si fa sempre più grave, ma se mi portate un bufalo vivo, potrò guarirlo", sentenzia alla fine.

Arriva la delegazione del "fratello" di Kotoganda. E' lui che deve annunciare la morte. Viene a rendersi conto che la malattia è talmente grave che non c'è più nulla da fare.

Nella serata la gente continua ad arrivare più numerosa. Si sussurra che l'annuncio sarà per le 23. Ad un certo momento un battitore di daule - specie di campanella appiattita che si ripercuote con una bacchetta di ferro - passa per le strade del villaggio invitando tutti a ritirarsi. Al tempo degli avi chi fosse stato trovato sulla strada veniva all'istante sacrificato, foss'anche un forestieto.

Sono vicino a tre anziani di Koun Abronso, Louis Kwame, Pascal Kwame, Bernard Kossonou. Ci ritiriamo a Kwakoukrakro, un villaggio poco distante da Koun Banoua. Sono quasi le 23. Fra poco dovrebbe esplodere il colpo di fucile che annuncia la morte. E' mezzanotte meno venti. Sono stanco, me ne voglio andare. Louis Kwame mi dice: "Vieni con me, scendiamo, è ora". Gli altri due anziani si ritirano.

L'urlo nella notte

Arriviamo a Koun Banoua. Louis Kwame mi dice: "Non avere paura, vieni con me". Mi accompagna dietro un ridotto di frasche. Seduti dietro alla porta i due aburua. Non lontano Albert. Louis Kwame chiama i due aburua in disparte, sbottona i pantaloni, cava dagli slip 1.000 franchi, li dà agli aburua, sussurrando loro qualcosa. Poco dopo questi vengono a ringraziarmi. Li aveva dati a nome mio, forse per far perdonare la mia presenza.
Il pił giovane si mette a piangere. Dice: "Non piango per paura, ma perchè era mia padre, era lui che faceva tutto per me".
Ad un certo momento si sente un ululato lontano. "E' ora", dice Albert. La delegazione sta arrivando. All'entrata del villaggio sgozzano una pecora, al posto dell'uomo di un tempo. Entrano marciando nel sangue. Un altro urlo. La delegazione sta attraversando le strade del villaggio, cerca qualcuno, cerca Kwadio Nguettia, il sovrano che non trovano. Poi il terzo ululato e un grido prolungato: Kwadio... il nome viene ripetuto diverse volte. Una voce risponde: "Quale Kwadio?" Si risponde: "Kwadio Nguettia.... oooo". "Non si trova... è morto..." Allora in coro urlano: "Ah! la morte di Kwadio Nguettia, la morte di Kwadio Nguettia..." La delegazione lancia grida nella notte. Poi un colpo di fucile. E' il segnale, sono le 0,30. Tutti escono dalle loro case. Assieme si entra nell'abitazione del defunto: ora è veramente morto. E' un coro di pianti e di urla disperate.

L'annuncio del "Grande Fratello"

Il grande tamburo regale, il kenian kpili, accompagnato dall'orchestra dei tamburi, si mette a risuonare nella notte: annuncia a tutti la tragica scomparsa. Poi la notizia ufficiale da parte del fratello del defunto: "Mi hanno convocato perché mio fratello era gravemente ammalato. Sono accorso. L'ho trovato veramente grave. Lo abbiamo curato con tutti i mezzi, tutti i capi sono venuti a visitarlo, ma la malattia era troppo forte, non ha resistito e si è spezzato". Il grande tamburo risuona ancora accompagnato dal pianto di tutti i presenti.

Segue la distribuzione di bottiglie di gin e di rhum. E' la famiglia del defunto che consola i vari delegati. Ho anch'io diritto alla mia parte. Passo discretamente la bottiglia a Louis Kwame. Senza di lui forse non sarei presente. Rimango fino alle due meno un quarto, poi ritorno a casa.

Il giorno seguente, verso le 9, sono di nuovo sul posto. Mi chiedono la notizia. Dico: "Avevo sentito che il famian era molto ammalato, vengo a vedere come sta, è per questo che sono venuto a trovarvi". Il capo dei notabili risponde: "Come tu hai detto il famian era molto ammalato, tu stesso venivi spesso a chiedere sue notizie. L'abbiamo curato a lungo ma non c'è stato nulla da fare, si è infranto". Presento allora le condoglianze a tutti gli anziani: amo jako ne wa o. Vado dalle mogli del defunto. Presento anche a loro le prime condoglianze ufficiali. Durante tutto questo periodo erano rimaste chiuse in una camera.

Le delegazioni delle lamentatrici cominciano ad arrivare. Si riuniscono poco lontano dalla corte, poi entrano con le mani dietro la nuca, mettendosi a piangere e a gemere ad lata voce. Ogni delegazione piange cinque o dieci minuti. Le vedove rispondono ai pianti con altrettanti lamenti. E' un coro di gemiti. Gli anziani rimarranno ancora alcuni giorni al villaggio per decidere la data dei funerali e regolare le questioni inerenti la successione.



TU REGNERAI SU DI NOI
Intronizzazione del nuovo sovrano

L'intronizzazione di un nuovo sovrano avviene al termine dei funerali del suo predecessore, durante i quali le varie delegazioni si ritrovano per discutere la procedura da seguire per attribuire il seggio all'erede e per scegliere la nuova regina. Bisogna scegliere il candidato fra i vari possibili... anche se tutti lo conoscono da tempo. Bisogna controllare se egli possiede le qualità morali necessarie, se è figlio legittimo e se è corporalmente integro. Se gli mancasse anche un solo dito della mano o del piede, o avesse qualche ferita, o fosse circonciso, non potrebbe ereditare il seggio.

Si interrogano per questo le vecchie matrone della famiglia dell'erede, le sole al corrente della "piccola storia". Solo loro, ad esempio, potranno dire se l'erede è legittimo o meno.

Kwame Afari è cristiano, ma questo non gli preclude la possibilità di essere eletto. Sarebbe invece automaticamente escluso se fosse musulmano, a causa della circoncisione. Egli sarà il primo cristiano, nella storia del popolo Anyi Bona della Costa d'Avorio, a regnare effettivamente. Kouadio Nguettia, il sovrano defunto, gli aveva aperto la strada domandando il battesimo un anno prima di morire.

L'apertura della bocca

Durante la notte gli anziani convocano il futuro re e la futura regina, avvertendoli che hanno qualcosa da comunicare loro. E' l'investitura privata. Alla coppia reale viene richiesto di "aprire la bocca ai notabili" affinché possano comunicare la notizia. Si chiedono 8 grandi bottiglie di gin e 10.000 franchi per la regina e 8 bottiglie di gin per il re. Si discute a lungo. Alla fine ci si accorda per 2 sole bottiglie per entrambi.

Comunicata le notizia, si fissano le "tariffe" per il seggio: 20.000 franchi per la regina e 100.000 e due casse di gin per il re. Altre discussioni molto più laboriose delle prime. L'accordo viene raggiunto in 10.000 per la regina e 60.000 più 2 casse di gin per il re.

I due si ritirano e passano la notte nel raccoglimento. Durante questa notte che precede la cerimonia, il neo-eletto deve astenersi da ogni relazione sessuale. I suoi predecessori vengono a trovarlo dandogli dei consigli per il buon governo del regno.

Al mattino verso le 10 inizia la cerimonia pubblica di investitura. Tutto il gruppo è presente nella persona dei suoi capi e dei delegati dei vari villaggi. Oltre ai tre sovrani dei gruppi maggiori, sono presenti tutti i capi minori ad essi legati, con i loro portavoce, i loro notabili, e una rappresentanza di ogni villaggio. La cerimonia inizia con la lettura della lista dinastica recitata dal portavoce del re defunto. Il nome di ogni sovrano è accompagnato da una libazione in onore del seggio. il neo-eletto assiste seduto al centro della folla accanto alla regina madre e alla sua consorte. I suoi piedi poggiano sulla scimitarra che serviva un tempo per le esecuzioni capitali.

La rinascita

Intanto si è preparata l'acqua lustrale in un bacile di rame, con aggiunta di erbe "forti" per aumentare il potere. Il sovrano, la moglie, la regina madre vengono spogliati e lavati con quest'acqua e i loro corpi spalmati con argilla bianca e ricoperti di tuniche bianche : è segno di purificazione e di rigenerazione. Il capo è ormai un uomo nuovo; si è operata una vera rinascita.

Si procede quindi alla "tradizione" del seggio degli antenati. La vera investitura pubblica avviene ponendo il sovrano sul seggio davanti a tutto il gruppo riunito. Il seggio appartiene al popolo, non è proprietà del sovrano o di chicchessia. E il popolo, nella persona dei suoi capi, lo rimette a chi compete secondo le leggi ereditarie dinastiche. Dice un poverbio bona scolpito su uno degli scettri del sovrano defunto: "Non è colui che ha fame che mangia, ma colui che ne ha il potere". La scultura raffigura una persona con la mano nel piatto e un'altra che sta a guardare. In altre parole: non è colui che desidera accedere al seggio che può diventare re, ma colui al quale spetta secondo la tradizione.

L'investitura

Sorretto da alcuni intimi della famiglia, Kwame Afari viene fatto simbolicamente sedere per tre volte sul seggio dell'antenato. Il corpo non deve toccare il supporto materiale, pena l'immediata sterilità. Se non fosse ben sorretto, o se qualcuno lo lasciasse cadere, per lui sarebbe la fine. Ecco perché la operazione è riservata a persone fidate.

Segue il giuramento. Il sovrano si alza e, a torso nudo, scalzo, in mano la scimitarra che prima aveva sotto i piedi, pronuncia queste parole: "Io Kwame Afari, oggi sono stato investito di questo potere ricevendo il seggio del mio antenato Akrassi. Giuro che non fuggirò davanti alle mie responsabilità. Se succedesse qualcosa e, chiamatomi, non dovessi rispondere, mi si tagli la testa". Traccia quindi un segno nell'aria e in terra con la scimitarra. "Se il sottoprefetto o il segretario del partito o il capo della gendarmeria dovessero convocarmi ed io non rispondessi, salvo casi di malattia, che mi si tagli la testa". Traccia un secondo segno con la scimitarra. "Se succedesse una guerra nei miei villaggi, o se qualcuno attaccasse il mio popolo, se dovessi per viltà fuggire, giuro sul nome dei miei predecessori che pagherò con la testa". Traccia un terzo segno.

Tutti i capi presenti o i loro portavoce giurano poi fedeltà e assistenza al nuovo eletto. Il cerimoniale è identico per tutti. Stando in piedi accanto al sovrano con la scimitarra nella mano destra dicono: "Se il sovrano dovesse convocarmi ed io non rispondessi alla sua chiamata, ma per paura fuggissi, giuro su questo seggio che pagherò con la testa". Quest'ultima frase à sottolineata tracciando con la scimitarra lo stesso gesto del loro sovrano.
La cerimonia si conclude col trionfo del neo-eletto. Il sovrano è portato nella lettiga reale da otto giovani per le vie del borgo. Ai suoi lati la moglie e la regina madre a cavalcioni sulle spalle di due uomini. Dietro l'orchestra dei tamburi e la folla che segue osannante.

La trasmissione del tesoro

Il giorno seguente ostensione e trasmissione del tesoro. La famiglia del defunto lo trasporta nella corte dove i sovrani e i vari capi sono riuniti al gran completo. La gloria e il prestigio di un sovrano consistono nell'accrescere il tesoro ereditato. Gli anziani presenti conoscono il suo contenuto. Alcuni hanno assistito a diversi passaggi e ogni volta hanno constatato le varie aggiunte. Ora sono tutti vigili. Si osservano attentamente due cose: innanzitutto che non manchi nulla, poi in che misura è stato aumentato. Kwadio Nguettia ha aggiunto due corone, tre paia di sandaletti, uno scettro, alcuni anelli e diverse toghe. Non lontano dall'abitazione c'è un'auto. Gli eredi chiedono se fa parte anche quella del tesoro reale. La famiglia risponde di no.

Accanto al nuovo sovrano c'è un giovane che ha cura di fare l'inventario di tutti i capi del tesoro e di annotarli in un quaderno. La parte più importante e più preziosa sono, nell'ordine: il bia bire, il seggio atavico con i suoi annessi (ceppi per schiavi, scacciamosche dell'antenato fondatore, ecc.) il dya, l'insieme dei pesi per pesare l'oro, con i sacchetti di polvere d'oro; il kenian kpili, il grande tamburo con gli altri tamburi minori; la scimitarra usata un tempo per le esecuzioni capitali; poi tutte le regalie: manti, corone, sandaletti, scettri, anelli, olifanti, parasoli, seggi, ecc.

Una volta verificato tutto e annotato, il tesoro viene consegnato pubblicamente al neo-eletto e trasportato nella sua nuova dimora. Ma prima di poter muovere il seggio, il re deve ancora offrire un bue, "altrimenti il seggio non lascia questa piazza", affermano decisi i notabili del defunto. E' questa una prassi antica. Si cerca di trattare. Si discute a lungo, a lungo. Gli eredi promettono che lo faranno dopo, che hanno già speso troppo, che i tempi sono difficili. Gli anziani sono inflessibili. Di fatto il bue era già pronto e attendeva poco lontano.

Il seggio viene rimesso nella sua custodia e collocato sul capo di una giovinetta. Al suo seguito i familiari del defunto trasportano piangendo il resto del tesoro nella sua nuova dimora. Nel tardo pomeriggio i capi presenti si riuniscono per dividersi la somma ricevuta dal neo-eletto in cambio del seggio. La somma della colletta servirà invece per coprire le spese dei funerali: 549.000 franchi, circa 2 milioni di lire.

Il giorno seguente il sovrano passa nelle abitazioni dei capi e degli anziani per ringraziarli di tutto, offrendo a ciascuno due bottiglie di gin.

Silvano Galli
Koun Abronso, Marzo 1977.

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