Il museo africano di Lione è stato riaperto domenica 28 gennaio 2001. Era rimasto chiuso otto mesi
per importanti lavori di restauro delle sale d'esposizione e per una ristrutturazione completa, con un
nuovo concetto, delle collezioni d'arte tradizionale.
Su 750 mq, il museo africano offre ai suoi visitatori 2126 pezzi (138 vetrine) in esposizione
permanente. Creato dalla Società delle Missioni Africane (SMA), presenta pezzi raccolti da
missionari che operano in Africa Occidentale.
L'idea di questo museo è antecedente alla costruzione della casa di Corso Gambetta a Lione.
Consultando i nostri archivi, abbiamo trovato una lettera di Padre Planque che ebbe la
responsabilità delle Missioni Africane per mezzo secolo. Dopo che i primi due missionari, da lui
inviati, sbarcarono nel Dahomey sulla spiaggia di Ouidah, scrisse loro di mandare, al più presto
possibile, tutti gli oggetti d'uso comune che riuscivano a trovare e che erano al di fuori delle nostre usanze. Siamo nel 1862: il museo africano è già in progetto.
Molto presto, attirerà numerosi visitatori e conoscerà momenti di gloria, ottenendo una medaglia
d'oro all'Esposizione universale di Lione nel 1894 e un'altra medaglia d'oro all'esposizione
coloniale del 1900. All'inizio del secolo, conoscerà, al contrario, momenti difficili a causa delle
leggi di separazione della Chiesa e dello Stato. Sarà anche chiuso e i pezzi più importanti saranno
dispersi per essere messi al sicuro.
Rinascerà nel 1920 in un contesto molto diverso. E' l'epoca in cui la Francia conosce una grande
effervescenza culturale: gli artisti moderni scoprono l'Arte Nera, la musica afro americana
attraversa l'Atlantico, le esposizioni si moltiplicano e sono pubblicati numerosi studi sull'Africa e la
sua cultura.
Due uomini, alle Missioni Africane, sono particolarmente attenti a questa evoluzione.
In primo luogo, Padre Jean-Marie Chabert. Quando intraprende la costruzione della nuova sede
prevede, nel suo progetto, che una parte sia riservata al museo.
Scriverà alcuni anni dopo: "Le
collezioni esposte sono destinate a far conoscere le nostre missioni e i popoli presso i quali
lavoriamo. Saranno certamente di grande utilità per coloro che si occupano di scienze
missiologiche.
L'interesse scientifico di questo museo non può sfuggire, e può dare alla nostra
Società (la SMA) la notorietà scientifica di cui ha bisogno in Europa".
La seconda persona che ha molto lavorato per il Museo, è Padre Francis Aupias. Missionario in
Dahomey nella regione di Porto-Novo, manifesterà un grande interesse per la cultura tradizionale
del Sud-Dahomey. I suoi studi saranno rapidamente autorevoli. Saprà circondarsi di collaboratori
locali con i quali pubblicherà la rivista "La Reconnaissance Africaine" la cui redazione sarà
totalmente assicurata da giovani del Dahomey. Nel 1926, Padre Aupias tornerà in Francia con una
trentina di casse di oggetti del Dahomey e organizzerà un'esposizione itinerante che avrà un
grande successo. Un certo numero di oggetti da lui portati sono oggi in esposizione o lo saranno un
giorno.
Scoprire il mondo africano |
A quell'epoca, il museo si proponeva di far scoprire un mondo africano che era sconosciuto e del
quale si avevano sovente dei giudizi negativi. "il nostro programma" scrive Padre Aupias "è di far
conoscere le religioni tradizionali, le usanze del paese, tutto ciò che riguarda la storia locale, di
provare che gli indigeni hanno grandi sentimenti e ideali elevati". Il museo è stato creato per
favorire un movimento di simpatia per l'uomo nero.
Nel 1979 sono stati totalmente rinnovati i due primi piani del museo ispirandosi alla museografia
del museo nazionale delle arti e tradizioni popolari. Prenderà allora veramente il nome di museo
africano. Rimaneva da rinnovare il terzo piano. E' stato fatto.
Qual è il nostro progetto oggi, nel momento in cui il Museo rinnovato apre le sue porte? La nostra
ambizione si orienta in quattro direzioni. Vorremmo:
- dare all'Africa una vetrina per meglio farsi conoscere e apprezzare nel mondo multiculturale che
oggi è sempre di più il nostro mondo;
- permettere a coloro che visitano la città di Lione, o vi soggiornano, di scoprire le ricchezze
culturali dell'Africa, specialmente dell'Africa occidentale;
- offrire ai ricercatori e agli studenti uno strumento di lavoro di qualità per le loro indagini e studi;
- offrire infine ai discendenti degli immigrati uno spazio dove potranno facilmente trovare e
trasmettere qualche cosa delle loro origini.
André Moriceau, sma
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