There are so many religions on earth because we are all at different levels of spiritual development,
and that each religion teaches some truth.
(Betty J. Eadie, The Awakening Heart, Poket star books, 1996, XII)
Le élites culturali africane (professori universitari, dirigenti industriali, funzionari, giornalisti, scrittori) fanno volentieri al Cristianesimo il rimprovero di essere una religione "importata". A volte lo stesso rimprovero è fatto anche all'Islam, ma è evidente che il vero bersaglio rimane il Cristianesimo, e soprattutto il Cattolicesimo.
Ai loro occhi il Cristianesimo non sarebbe che un elemento
venuto d'altrove, facente parte dell'insieme dei beni e dei modelli
importati, dunque qualcosa di non autenticamente africano e che
conviene abbandonare. Alcuni teorizzano e propongono nuove sintesi
religiose, come ad esempio Jean Marie Adjaffi col suo bossonismo,
nuovo nome dato alla religione tradizionale anyi.
Se si pone a certi intellettuali la domanda: è possibile
essere autenticamente africani e contemporaneamente cristiani?
La risposta, per molti, è sicura: no!
Le conseguenze sono allora evidenti. Poiché il missionario
è l'agente principale di questo sistema di alienazione
e di estroversione, la logica richiederebbe che rimanga ormai
a casa sua, oppure, se si trova in missione, che faccia le sue
valigie.
Come missionario sono stimolato ad interrogarmi e a pormi
qualche domanda: Sono veramente in Africa per proporre una religione
importata e non desiderata? Sono mandato a distruggere la religione
tradizionale e sostituirvi qualcosa di radicalmente diverso? Sono
inviato per annunciare ai nostri fratelli africani che ciò
che essi hanno creduto, praticato, sperato, tutto ciò che
ha giustificato e fondato la fede dei loro antenati, non è
stato che errore grossolano? Oppure la loro religione tradizionale
è un appello a questa rivelazione che Dio ha fatto agli
uomini inviando suo Figlio?
Per rispondere a questi interrogativi mi propongo di presentare
una sintesi delle religione tradizionale anyi-bona: quali sono
le divinità che conoscono, quali sono i casi in cui il
ricorso ai feticci è ritenuto sufficiente, quando invece
è necessario rivolgersi a Dio stesso.
Vivendo fra i Bona si assiste a un fenomeno curioso. Si è colpiti dal constatare la presenza continua di Nyamian nel linguaggio corrente: il nome di Nyamian è costantemente sulle loro labbra. Si sono viste più sopra alcune espressioni augurali. Il nome di Nyamian è invocato nei detti, è presente nei proverbi, è usato come elemento nella composizione nei nomi.
Ma quanto Nyamian è presente nel linguaggio, tanto
pare assente nel culto. Si ha l'impressione che l'Essere Supremo
Celeste non sia oggetto di un culto particolare, e si è
quasi portati a pensare che Egli sia al di fuori delle preoccupazioni
cultuali della gente.
Questo fatto non è tipico dei Bona. Vincent Guerry
ha notato lo stesso fenomeno presso i Baule. Scrive:
Dopo aver creato il cosmo Nyamian non si occupa più
della sua opera. E' il grande solitario, ritirato nella sua torre,
lontano dal mondo di cui si disinteressa
In quasi tutte le culture arcaiche e nella maggior parte dei
popoli africani, gli Esseri Supremi celesti sembrano destinati
a scomparire dal culto. Mircea Eliade nota che gli Esseri Supremi
si allontanano dagli uomini, si ritirano in cielo diventando dei
otiosi. Si direbbe che questi dei, dopo aver creato il cosmo,
la vita, l'uomo, risentano una certa fatica, come se le loro forze
si fossero esaurite nello sforzo immane della creazione. Si ritirano
in cielo lasciando sulla terra i loro figli, o un demiurgo, per
terminare o perfezionare la loro opera. A poco a poco vengono
sostituite da altre figure divine. Petazzoni, molto a proposito,
fa notare come questa oziosità si risolva in un aspetto
complementare dell'attività creatrice, e non nell'abbandono
della creazione. Scrive:
"Una volta creato il mondo
e ordinato il cosmo, l'opera del Creatore è virtualmente
compiuta. Ogni ulteriore intervento da parte sua non solo sarebbe
superfluo, ma rischierebbe di riuscire dannoso, potendo ogni alterazione
del cosmo dar luogo ad una eventuale caduta nel caos. Una volta
creato il mondo la funzione esistenziale del Creatore si riduce
a prolungarne la durata e mantenerla inalterata e inalterabile
stabilità. L'oziosità dell'Essere Supremo, quasi
una presenza inattiva, è la condizione meglio connaturata
e la più propizia ad assicurare la permanenza delle cose
create e la continuità degli effetti della creazione."
Si è visto che per i Bona l'Essere Supremo non è
il grande assente che si disinteressa delle sue creature, anche
se il suo ruolo sul piano liturgico pare quasi nullo. Dico "pare"
perché di fatto, ad un'osservazione più attenta
le cose non stanno così. La vita è meno semplice
e schematica di quanto si possa immaginare.
In quasi tutti i villaggi si trovano delle stele in muratura
o in legno, chiamate Nyamian. Non sono rappresentazioni dell'Essere
Supremo ma supporti che ricordano la sua presenza e, nello stesso
tempo, luoghi di culto in suo onore.
Le stele possono essere private o pubbliche. Le private si
trovano di solito nelle abitazioni dei capi villaggio, dei sacerdoti,
e di qualche capo famiglia particolarmente influente. Le pubbliche
sono invece situate nella piazza del villaggio.
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Alla sommità della stele si trova un recipiente nel
quale vengono presentate offerte a Nyamian: acqua pluviale e uova.
Nel cortile del capo villaggio di Kwassianiandjone, all'interno
del recipiente si trova una pianta grassa con foglioline galleggianti
sulla superficie dell'acqua. La pianta ha un nome significativo:
Nyamian wu a / me ngo wu:
se Nyamian muore, anch'io morirò. Poiché Nyamian
non muore mai, anche l'arbusto non muore. E' una pianta perenne
che ricorda costantemente agli umani l'eternità di Nyamian.
Qualche volta vicino alla stele si trovano resti di antichi
sacrifici (in genere delle ossa) e pietre "di folgore",
cioè meteoriti.
A Nyamian viene offerto un culto anche se non ha carattere
ordinario e regolare. L'offerta più corrente è il
pollo bianco. Colui che lo offre è allo stesso tempo sacrificatore.
La vittima è sgozzata e il suo sangue fatto colare ai piedi
della stele.
Nei villaggi dove non esiste la stele, il sacrificio viene
eseguito in un angolo della corte. Il sacrificio è offerto
sia in ringraziamento, sia per implorare favori.
Esiste anche un altro sacrificio, più importante, più
solenne, ma più raro. Ho avuto occasione di parteciparvi
una sola volta nell'arco di cinque anni. La vittima in questa
circostanza è l'agnello bianco. Questo sacrificio ha luogo
di sabato, giorno consacrato a Nyamian.
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Il capo villaggio, tenendosi davanti alla stele, offre la
vittima con una preghiera. La vittima offerta è poi deposta
in una bacinella di rame e lasciata ai piedi della stele fino
a sera. Durante la giornata Nyamian viene a ritirare la sua parte.
Nelle necessità correnti della vita quotidiana il Bona
si rivolge di solito agli intermediari chiamati, abitualmente,
"feticci", in bona amoan.
Secondo il linguaggio corrente, per feticcio si intende il
supporto materiale di una entità immateriale, di una forza
invisibile, cioè del sacro.
Questi supporti del sacro possono essere divisi in due grandi
categorie: i supporti artificiali e i supporti naturali.
Supporti artificiali: statuette lignee o di creta, zucche
avvolte in drappi bianchi o in reticelle, bacinelle di rame con
sostanze particolari all'interno e sangue raggrumato in superficie.
Supporti naturali: alberi, corsi d'acqua, pietre, colline,
montagne, ecc.
L'idea di fondo è sempre la medesima, anche se i supporti
materiali cambiano. Nell'elemento materiale è presente
una forza, un'energia: il sacro. Il fedele rende un culto (preghiere,
implorazioni, domande di aiuto, di benedizione) alla forza presente
in esso che sacralizza l'elemento materiale. Come sottolinea Mircea
Eliade:
"La pietra sacra, l'albero
sacro, non sono adorati in quanto tali, lo sono invece proprio
per il fatto che sono ierofanie, perché mostrano qualcosa
che non è più né pietra, né albero,
ma il sacro."
Questi oggetti acquistano valore in quanto partecipano di
una realtà che li trascende. In mezzo a tanti alberi, ruscelli,
pietre, quell'albero, quella pietra, quel ruscello, sono scelti,
e per conseguenza diventano sacri, perché costituiscono
una ierofania.
L'oggetto appare come un ricettacolo di una forza esterna
che lo differenzia dal suo ambiente e gli conferisce senso e valore.
Questa forza può risiedere nella sostanza dell'oggetto
o nella sua forma. Una roccia si rivela sacra perché la
sua stessa esistenza è una ierofania: incompressibile,
invulnerabile, essa è ciò che l'uomo non è.
Essa resiste al tempo, la sua realtà si riveste di perennità.
Altri oggetti possono diventare intangibili e inviolabili
(sacri) perché consacrati, in passato, da un evento fondatore,
ad esempio un sacrificio, un giuramento, un avvenimento particolare.
Esempio: la pietra koro
di Ouatté, o il fiume Tano
nel quale venne sacrificato, secondo la leggenda, il figlio della
regina dei Baoulé durante l'esodo.
Che cos'è questa forza presente nei supporti? Da dove
proviene? Alcuni affermano che non sarebbe altro che una particella,
una scintilla dell'Essere Supremo, una sua manifestazione, una
sua incarnazione.
I detentori ordinari di questi ricettacoli sono i komian, termine che si è tradotto con sacerdote-guaritore-indovino. Ilkomian ha molte funzioni affini allo iatromante greco. Essi tengono i feticci nelle loro abitazioni o in tempietti appositi. Certi feticci o amuleti protettivi possono essere posseduti anche da privati: sovrani, anziani, o altri.
Sotto il seggio del defunto sovrano degli Assuadié,
Kwadio Nguettia di Koun Banoua, se ne poteva vedere tutta una
serie. Così pure sotto il seggio dorato del capo villaggio
di Ghendé. Quando egli partecipa ad una pubblica riunione,
o ad una festa (ad esempio la festa degli ignami) si fa portare
il seggio da un paggio che lo trasporta tenendolo sulla testa.
Sono allora visibili questi amuleti infissi sotto la pelle di
capra che copre il piano del seggio.
Altri amuleti si trovano, con una certa frequenza, all'entrata
delle abitazioni appesi sopra la porta principale. Questi amuleti
domestici non vanno confusi con le statuette degli antenati, né
col seggio atavico, l'oggetto più sacro del gruppo, supporto
della presenza tutelare degli avi.
Per quanto riguarda questi feticci assistiamo al fenomeno
contrario di quanto si osserva a proposito di Nyamian: loro assenza
dal linguaggio e presenza massiccia nel culto. In tutti i proverbi
e detti raccolti i feticci non sono quasi mai menzionati, né
i termini generici come per es. amoan
(qualsiasi supporto materiale di una forza invisibile); boroninghe
(gli esseri della foresta), abonzam,
(geni giganti della foresta) angbe,
(geni nani), né I termini specifici, cioè nomi propri
di feticci particolari, ad esempio: Birima,
un feticcio del villaggio di Ouatté; Lopongo,
feticcio del villaggio di Tienkwakro. Oppure Tano,
il fiume sacro degli Akan, Brandré, la collina sovrastante
il villaggio di Koun Abronso, Brefrè
nzue, un ruscello sacro che fa da confine fra il villaggio
di Koun Abronso e la foresta.
Nelle necessità quotidiane della vita, ordinarie e
straordinarie (sterilità, malattie, siccità, epidemie,
carestia...) il Bona si rivolge a queste divinità minori
situate nel suo ambito familiare offrendo sacrifici alla Terra,
a Brandré, a tale o tal altro feticcio, agli antenati,
ma quasi mai a Nyamian.
Come mai I Bona il quale afferma che Nyamian non dorme mai,
che è dietro la nostra schiena, che è nostro padre,
cerca di fatto protezione e soccorso presso queste divinità
campagnole? Per quale ragione si rivolge alle forze vicine, alle
entità numinose che abitano nei pressi del villaggio, piuttosto
che a Nyamian?
La stessa domanda se l'è posta Cyprien Alberbide, a
proposito dei Baoulé. Nella sua raccolta di proverbi si
chiede:
"Come mai i Baulé
i quali affermano che Nyamian è al nostro fianco, che veglia
su di noi, che è signore di tutto, ricorrono con tanta
frequenza ai feticci"?
Altro fatto curioso. I Baulé vivono immersi in un pantheon
di feticci potenti e temuti. Se essi manifestano troppo a lungo
la loro inefficacia vengono abbandonati e sostituiti con altri
più potenti. Ora come mai questi feticci onnipresenti e
supposti onnipotenti non sono mai citati nei proverbi? E conclude:
"Sarebbero forse un apporto recente che non ha ancora avuto
modo di occupare nel linguaggio il posto che occupa nella vita?."
La risposta a questi interrogativi non è facile. Si
può però tentare di dare qualche spiegazione sul
fatto che il Bona si rivolga a queste forze intermediarie, piuttosto
che alla divinità Suprema Nyamian.
C'è innanzitutto da notare, come lo sottolinea Paul Emile Kouassi, che non si tratta di una dimenticanza, né di una negligenza dell'Essere Supremo da parte degli umani. Nyamian é talmente perfetto che non ha bisogno di nulla. I sacrifici degli uomini sono per lui inutili. Nyamian si situa al di là dei ringraziamenti degli uomini. L'uomo non potrà mai "pagare" Nyamian per ricompensarlo di quanto ha ricevuto. Ma ci sono anche altre ragioni.
Il protocollo delle corti bona non consente ad un suddito
di rivolgersi direttamente al sovrano. Colui che desidera rivolgere
la parola al suo Signore, passa obbligatoriamente attraverso un
intermediario: il portavoce. Si è visto nella prima parte
di questo volume che il portavoce è un personaggio molto
importante, influente e potente. E' sempre a fianco del suo sovrano,
lo segue come la sua ombra. E' lui che riceve e trasmette la parola
al sovrano. Egli è la "bocca" del Re. Il portavoce,
chiamato anche porta-parola, genealogista, porta-scettro, interprete,
è presente in tutte le corti, piccole o grandi che siano.
Questa regola è strettamente osservata da tutti.
Il rapporto del fedele con l'Essere Supremo non si ispirerebbe
a questo schema? Nyamian è lontano, invisibile. Il fedele
si rivolge ad un intermediario vicino, visibile che gli trasmette
la sua parola: ecco i feticci, i supporti di potenze misteriose
che abitano non lontano dalle dimore degli uomini.
C'è poi un altro elemento che potremmo chiamare "competenza territoriale" delle divinità. Nyamian è un Dio universale, si occupa di tutto e di tutti. Ha creato il mondo e gli uomini e si occupa di loro. La sua azione è tesa soprattutto alla conservazione e al funzionamento del macrocosmo, il mondo, con tutto ciò che contiene. Il Bona vive in un microcosmo: la sua terra, la sua gente, le sue istituzioni, la sua cultura. In questo contesto si comprende come i Bona attribuiscano la responsabilità diretta delle vicissitudini quotidiane, a queste divinità secondarie che conoscono i loro bisogni, perché vivono con loro. Il macrocosmo ha la sua grande divinità, il microcosmo bona ha la sua.
Un altro elemento di risposta può essere individuato
nella "dinamica del sacrificio". Il sacrificio richiede
un certo contatto materiale, diretto o supposto, un contatto immediato
col destinatario. Quest'ultimo deve essere visibile, rappresentato.
Qualche esempio: il seggio degli antenati, le bacinelle dei feticci,
le zucche sacre, le statuette: vengono spalmati col sangue sacrificale,
si depone su di loro il cibo offerto.; la terra, la collina Brandré:
stessa dinamica; i corsi d'acqua: si fanno sacrifici sulle loro
sponde; gli antenati: si ritiene siano sotto terra: ecco le libazioni,
i sacrifici a contatto col suolo.
Nyamian invece non ha altare, non ha tempio, come offrirgli
un culto? E la stele?, si dirà. Le divinità oggetto
di culto effettivo sono quelle che cadono sotto l'influenza diretta
dell'uomo, il che non è il caso di Nyamian.
Un altro elemento da considerare è che il sacrifico
ha essenzialmente il valore di dono e contro-dono, di riconciliazione
con l'essere offeso, di ristabilimento di un'armonia incrinata,
di scongiuro di mali sconosciuti, e non soprattutto una valenza
di lode. Il sacrificio è sovente visto come "pagamento"
di un debito, sia per ricompensare la divinità dei suoi
servizi, sia per chiederle perdono dopo una trasgressione.
Questi sacrifici sono ben lontani dal mettere in causa la
grandezza, la supremazia, la trascendenza di Nyamian. Egli non
ha bisogno né del sangue né delle carni delle vittime
sacrificate, né di cibo. Mentre i sacrifici offerti agli
amoan (feticci), ai womin (antenati), sono per loro cibo e bevanda.
Nyamian non ha bisogno di cibo: è lui che nutre l'uomo
e gli dona da bere, ricorda ancora Paul Emile Kouassi.
Il fedele ha bisogno di sentire vicino il mondo soprannaturale,
concretizzato, reso presente in un supporto materiale: olla, bacinella,
albero, ruscello, statuetta, ecc. Davanti ai molteplici pericoli
che minacciano la salute, la fortuna, la vita, il Bona si difende
ricorrendo agli esseri soprannaturali più vicini, al mondo
delle forze invisibili: se li concilia, li placa con dei sacrifici,
vuole sentirli vicini per essere protetto, difeso. Ma come sottolinea
Holas non bisogna dimenticare che è sempre l'Essere Supremo
l'ultimo, anche se discreto, destinatario di ogni preghiera, di
ogni offerta indirizzata per via gerarchica all'antenato familiare
o ad una delle divinità minori.
Un altro aspetto da considerare è la differenza qualitativa tra l'Essere Supremo e le divinità secondarie. L'Essere Supremo è buono, dunque non ha bisogno di essere onorato con culto regolare. Egli non può fare che il bene. Mentre gli Spiriti, le forze invisibili, sono ambigue, pericolose. Possono operare il bene come il male. Bisogna quindi conciliarsele rendendo loro un culto più importante e più assiduo di quello che si rende a Nyamian.
Un ultimo aspetto da tenere presente è che Nyamian
è il Dio del macrocosmo, un Dio che deve occuparsi dell'universo
intero, dunque un Dio lontano, mentre queste divinità sono
particolari ad un popolo, sono le divinità del microcosmo
bona, che conoscono il loro universo, sono divinità vicine.
Per questo si suppone che, conoscendoli meglio, siano più
attente ai bisogni dei loro soggetti. Nyamian deve occuparsi del
mondo intero, mentre loro unicamente di un universo familiare,
ristretto, l'universo bona.